Giovani in Umbria, povertà in aumento

VI° rapporto: colpiti in particolar modo i più piccoli. Coinvolte oltre 50 mila famiglie: «Necessarie politiche redistributive, sia con erogazioni monetarie che con servizi pubblici»

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«Dilaga la povertà dei giovani e dei bambini. La povertà educativa è il risultato e l’innesco di privazioni che travolgono le famiglie e minano il potenziale di sviluppo innovativo di una comunità sociale ed economica». Così il presidente della Regione Umbria, Fabio Paparelli, commenta il VI° rapporto realizzato dall’Agenzia Umbria ricerche in collaborazione con l’Osservatorio sulle povertà nel territorio.

I dati

Nel 2018 la quota di famiglie in povertà relativa è pari al 14,3%, in crescita rispetto al 12,6% del 2017: in termini assoluti il fenomeno interessa oltre 50 mila famiglie. La conseguenza – è stato spiegato – è la crescita della vulnerabilità sociale, «mentre la povertà ssoluta è più diffusa tra i giovani e i giovanissimi che tra gli anziani». Undici famiglie su cento con capofamiglia occupato sono assolutamente povere e nel corso degli anni il reddito medio dei giovani, prima più elevato rispetto agli anziani, è andato progressivamente assottigliandosi fino ad essere, a causa della bassa qualità e della precarietà del lavoro, inferiore del 20%. «L’elevata ereditarietà della condizione sociale tra generazioni rischia inoltre di condannare i bambini in povertà a una vita di vulnerabilità e disagio. La povertà educativa rappresenta una pesante ipoteca per il futuro in quanto acuisce gli squilibri demografici, limita la coesione sociale e le potenzialità di sviluppo, impoverisce il tessuto culturale».

L’incidenza

Nel 2017 il 6,1% delle famiglie umbre è in grave deprivazione e l’8,6% ha una bassa intensità lavorativa, valori in calo rispetto al picco registrato nel 2015. «La povertà aumenta – la relazione – al crescere della dimensione familiare, soprattutto in presenza di figli. È più elevata nel caso di giovani, stranieri o con un’occupazione precaria. Le famiglie che in Umbria vivono in una condizione di povertà sono per lo più giovani, con figli e talvolta con un lavoro; una quota significativa di esse è composta da stranieri e costituisce, probabilmente, la porzione di quelle che versano in una condizione di maggiore disagio. Per quanto riguarda i bisogni sono tanti coloro che si rivolgono ai servizi pubblici e la varietà di condizioni – giovani e vecchi, italiani e stranieri, istruiti e non, con o senza lavoro – rende la povertà vicina e impellente. Non è più una realtà lontana e isolata – viene evidenziato nel rapporto –  ma può colpire chi prima si sentiva intoccabile. Molti sono gli italiani in grave difficoltà che si rivolgono ai servizi sociali ed ai presidi pubblici costituiti in Umbria da oltre 70 uffici di cittadinanza e punti di contatto. Il 70% di coloro che si rivolgono ai servizi sociali per necessità stringenti sono italiani, prevalentemente tra i 45 e 65 anni, poco scolarizzati, disoccupati e prevalentemente donne. Gli stranieri in gravi difficoltà intercettati dai servizi sociali sono per la maggior parte madri, tra i 31 e i 45 anni, senza lavoro e con basso livello di istruzione. L’utilizzo del Sistema informativo sociale regionale (Siso) da parte di tutti i Comuni rimane un fattore essenziale per una programmazione strategica della lotta alla povertà».

Come fare?

Soluzioni? Per contrastare la povertà – prosegue il rapporto – «sono necessarie politiche redistributive, sia con erogazioni monetarie che con servizi pubblici, e l’impegno vigoroso di tutti i livelli di governo e di tutte le componenti delle comunità locali. I piani regionali contro la povertà possono essere un importante strumento di democrazia e giustizia. Occorre una sensibilità elevata della cittadinanza alle criticità del welfare sociale, per un approccio innovativo, realmente sussidiario. Relativamente alla spesa dei Comuni umbri per il sociale è orientata alla area famiglia e minori (50% del totale), disabili (19%) e anziani (12%); si spende per interventi/servizi (41%) e strutture (38%) piuttosto che per trasferimenti in denaro (22%). Nel 2016, la spesa dei comuni per il sociale supera i 75 mln di euro, con una media di 85 euro a residente. Tra le fonti di finanziamento della spesa per il welfare locale cresce l’apporto delle risorse proprie (14%) e si contrae quello derivante dai fondi nazionali (-50%)».

Gli interventi

Paparelli ha puntualizzato sul fatto che «il radicale cambiamento del profilo della povertà, articolato oggi in tantissime forme di povertà materiale e immateriale, ha profondamente cambiato in pochissimi anni la comunità umbra. In questo ambito gli interventi realizzati con la programmazione comunitaria 2014 – 2020, pensati con lungimiranza e strategicamente progettati su quella che purtroppo è la tendenza del nostro paese e non solo dell’Umbria, offrono un importante supporto economico e di spinta all’innovazione dei servizi educativi. Contrastare le privazioni che sottendono alle povertà educative obbliga inoltre ad intervenire nei luoghi dall’abitare per garantire, attraverso interventi di rigenerazione urbana, il godimento della vita relazionale e aggregativa». Citata la scuola di innovazione sociale che «coinvolgendo in attività di collaborazione operatori pubblici e del privato sociale ed i cittadini ha tra gli obiettivi la co progettazione dei servizi a partire dagli uffici della cittadinanza che si caratterizzano come prima interfaccia della condizione di povertà e punto di osservazione del cambiamento sociale».

Il coinvolgimento

Paparelli ha inoltre ricordato gli interventi realizzati «in questi anni con misure di accompagnamento al lavoro, di promozione dell’alternanza scuola lavoro di re inserimento al lavoro e di inclusione lavorativa ed ha ribadito l’importanza di politiche espansive per le famiglie e non meramente assistenziali». Rispetto alla multidimensionalità delle povertà, ha poi sottolineato il «coinvolgimento di tutti i soggetti impegnati a contrastare la povertà, dal volontariato al terzo settore, all’associazionismo laico e cattolico, trasformando l’attuale rete ‘naturale’ in un sistema di collaborazione pubblico privato e di co progettazione dei servizi per rispondere velocemente ai bisogni». Tra le criticità quelle dei «Comuni nella fase di avvio della gestione informatizzata del Siso. Avere a disposizione informazioni sugli accessi ai servizi di base e lo scambio di informazioni fra i servizi rappresenta un fattore essenziale della programmazione amministrativa. Da qui l’impegno della Regione a sostenere le amministrazioni per ultimare il processo di transizione». Infine il piano regionale per il contrasto alle povertà adottato nel 2018 e che può contare su 55 milioni di risorse: «Richiederà un importante impegno amministrativo dei Comuni e le zone sociali per l’attuazione delle azioni previste. Occorre essere efficienti, fare squadra – ha concluso, implementando la collaborazione con il terzo settore».

 

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