Rosewood: «L’Umbria ‘spacca’. Lasciateci cantare». A Macerata per Musicultura

Giordano Conti racconta la situazione culturale di Terni: «Se non si investe sulla cultura musicale qua non si può emergere»

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di Gabriele Ripandelli

Sta coccolando la chitarra prima di andare a dormire alla vigilia di un giorno importante. Il suo primo vero amore, uno di quelli che non ti scegli ma ti segna per sempre. È lei ad averle indicato il nome nella nuova vita, quella da artista, quasi come fosse il cappello magico e Rosewood la casa di un Hogwarts versione ternana. «In italiano è il palissandro, il materiale con cui era fatta la tastiera della mia prima chitarra. Quando ho letto le componenti, mi è subito piaciuta». Giordano Conti, classe 1996, lo raggiungiamo telefonicamente mentre in auto sta andando a Macerata dove sabato 25 febbraio si è esibito al teatro Lauro Rossi. Ha superato la grandissima scrematura delle selezioni alle quali si erano presentati in oltre 1.110 cantanti e ha provato con l’esibizione live a essere scelto tra i 16 finalisti di Musicultura, 34esima edizione del Festival della canzone popolare e d’autore. Con sé ha gli amici di sempre, Francesco Costanza alle tastiere e Filippo Angiolini alla batteria, mentre Matteo Desantis che solitamente li accompagna al basso e synth, questa volta ha fatto il tifo da casa. Non è facile perché saranno in 56, tra cui anche l’orvietana Moà e il perugino Braganti, a salire su quel palco in questi dieci giorni ma Conti è molto carico e crede nelle potenzialità dei suoi Mood e Sigarette. L’esibizione sembra essere piaciuta ai critici in studio colpiti dalla sua energia, dal suo sorriso e anche dal suo essere introspettivo come emerso dalle risposte alle domande dopo le due canzoni: «Portare avanti un progetto indipendente oggi è difficile soprattutto a livello economico. Sembra brutto dirlo ma è così e quando si è fatta sentire la vocina, ho trovato un lavoro per autofinanziarmi».

La musica

Può sembrare particolare che un chitarrista prenda parte e vada avanti, ottenendo anche riscontri positivi, in un concorso rivolto ai cantautori? Sì, soprattutto se si considera il suo percorso: «Facevo parte di una band. Quando si è sciolta, per tempo ho rifiutato di sperimentare con scrittura e voce. È un rapporto di odi et amo». C’è voluto del tempo per questa transizione. Il suo primo album, dalla durata di un Ep (Impersonale, uscito sulle piattaforme nel 2020) è composto da otto tracce solo strumentali. Negli ultimi due anni prende il microfono in mano. Escono cinque brani (Sigarette, Sabbia, Mood, Noia, Festa) dove la voce la usa, ci gioca e pare pure divertirsi. Ha studiato musica al conservatorio a Parma e lo si sente nelle tante contaminazioni musicali che permettono di incasellare le sue canzoni nel pop punk per la cantabilità e i suoni elettronici. I suoi vibes ricordano quelli degli Psicologi e i Bnkr44 prendendo due esempi a livello nazionale. «Se dovessi scegliere però un’artista con il quale prendere un the sarebbe John Lennon. I Beatles sono stati rivoluzionari e sono ancora molto moderni».

Terni

«Ci sono tanti progetti variegati e interessanti a Terni». Rosewood ci racconta dall’interno la situazione musicale nella provincia umbra: «Dalla band al cantautore passando per il deejay. In tanti stanno facendo qualcosa di interessante. Si respira però troppo l’aria di provincia e qua non si può emergere. Già a Perugia c’è uno scenario diverso con la mentalità come quella de L’Umbria che spacca che dà spazio alla musica locale». Il problema si estende anche a livello culturale: «Ci sono tanti abusi oggi tra i ragazzi. O prima ero troppo piccolo o le cose sono cambiate. Credo che lo si faccia perché il problema vero è che non gli vengano date alternative per divertirsi. Qua non si investe sulla cultura musicale e ci sono situazioni da risolvere come quella del teatro Verdi. Terni è sempre casa, sarò sempre legato alla città ma credo presto di dovermene andare».


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