Strada Terni-Rieti: milioni di problemi

Dodici anni di lavori, di interruzioni e di storie ancora mai chiarite. Soldi se ne sono spesi a palate, ma l’arteria è un colabrodo

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di Francesca Torricelli

Undici chilometri, 213 milioni di investimenti in quasi dodici anni e un mare di problemi. Si tratta di quello che Anas descrive come il «collegamento fra lo svincolo di Terni Est sulla strada statale 675 ‘Umbro-Laziale’ e il confine regionale umbro verso Rieti» e che «rappresenta l’ultima tratta della direttrice Civitavecchia-Orte-Terni-Rieti che costituisce una trasversale fondamentale nell’Italia centrale inserita tra gli itinerari strategici e di preminente interesse nazionale dalla Legge obiettivo numero 443 del 2001». Ma che, in buona sostanza – e dalle parti di Terni lo sanno pure i sassi – significa altro. Molto altro.

Gallerie e viadotti In quegli undici chilometri, infatti, ci sono tre gallerie naturali: ‘Valnerina’ (lunga 3 chilometri e 800 metri), ‘Tescino’ (un chilometro e mezzo) e ‘Libero Liberati’ (900 metri); oltre a una galleria artificiale di lunghezza pari a circa 110 metri e ad una galleria di servizio di lunghezza pari a circa 400 metri. C’è poi il grande ponte ad arco in acciaio di lunghezza complessiva di circa 300 metri che attraversa l’intera Valnerina nei pressi della Cascata delle Marmore e ci sono quattro viadotti: ‘Velino’ (lungo 510 metri), ‘San Carlo’ (126 metri), ‘Tescino’ (90 metri) e ‘Prisciano’ (126 metri) e un ponte metallico di 40 metri. Quattro gli svincoli: ‘Terni Est’, ‘Valnerina’, ‘Piediluco’ e ‘Piè di Moggio’.

Galleria ‘Valnerina’ Vogliamo fare un piccolo ripasso di quello che è successo e sta succedendo? Iniziamo dalla galleria ‘Valnerina’, chiusa dal 9 febbraio scorso dopo che, lo aveva scritto l’Anas, era stato riscontrato «lo scostamento di un campo di venti metri del controsoffitto della soletta preposta al sostegno della via di fuga e del canale dei fumi». L’Anas aveva anche spiegato che «le anomalie riscontrate sono da attribuirsi ad un difetto di esecuzione, pertanto il costo dei lavori occorrenti per il ripristino dell’opera sarà addebitato in danno dell’appaltatore». Quella galleria, al momento, è ancora chiusa al traffico. Con la conseguenza della deviazione del traffico su Marmore e il conseguente congestionamento di una strada già malmessa di suo.

Viadotto San Carlo Poi c’è il viadotto ‘San Carlo’: la storia racconta – oltre che di una catena di incidenti, anche mortali – di una serie di guai, oltre a «lavori di manutenzione straordinaria (costati 480 mila euro; ndr)» che avevano portato, tra l’altro, alla chiusura e alla «sostituzione di tutti i giunti di dilatazione», nel giugno del 2016 e ad una nuova chiusura il 20 dicembre del 2017, con la strada che si era letteralmente ‘aperta’ in più punti, che si era protratta – tra rimpalli di responsabilità tra l’Anas e la ditta costruttrice, la Tecnis – fino alla primavera scorsa.

‘Tescino’ Altra galleria – la ‘Tescino’ – e altre grane: Alessandro Ridolfi, un tecnico 44enne toscano, aveva denunciato che nel marzo del 2009 sarebbe stato contaminato durante i lavori di costruzione della galleria, che sta proprio sotto la discarica della ThyssenKrupp Ast di vocabolo Valle, dalla pioggia velenosa (la tesi era di acqua mista a metalli pesanti – cromo esavalente, mercurio, piombo, rame e cadmio) – che gli era caduta addosso. Con il risultato, aveva denunciato, di aver riportato piaghe in varie parti del corpo, un glaucoma, allergie e un’invalidità del 20%. L’Anas aveva provveduto ad installare una serie di grondaie, sulla volta della galleria, per raccogliere e convogliare tutti i liquidi che provengono dalla discarica sovrastante, in appositi serbatoi di raccolta. Da notare che a marzo del 2008, proprio all’imbocco della sud della galleria ‘Tescino’ era stata scoperta una vasca contenente circa 1.400 metri cubi di acqua mista a cromo esavalente. La cosa, a luglio del 2009, aveva portato al sequestro dello scarico sul Tescino su disposizione del compianto gip Maurizio Santoloci.

Prescrizioni Da notare anche che, quando in Umbria – nella primavera del 2016 – sbarcò la Commissione parlamentare d’inchiesta su rifiuti e possibili reati ad essi connessi, il magistrato Elisabetta Massini dichiarò che «quando c’è stato il primo episodio di fuoriuscita di percolato con cromo esavalente, le indagini hanno consentito di accertare che l’approvazione del tracciato attuale della Terni-Rieti e l’avvio dei lavori non erano stati comunicati al ministero dell’Ambiente, circostanza che io ritengo gravissima, trattandosi di un Sin (Sito di interesse nazionale; ndr)» e che «il Ministero ne è venuto a conoscenza per caso quando si è verificato il crollo di una parte della discarica della ThyssenKrupp». Il ministero dell’Ambiente, aveva rivelato il sostituto procuratore, «ha sottoposto all’attenzione delle autorità che se ne occupavano l’opportunità di sospendere i lavori e di rimeditare sul tracciato. Questa raccomandazione del ministero non è stata minimamente tenuta in considerazione e i lavori sono proseguiti». E il processo per la contaminazione di Ridolfi ha fatto registrare solo una serie di prescrizioni.

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