Terni, acquedotto in spazi cascata: Sii ancora ko al Consiglio di Stato

Si chiude la vicenda legata alla realizzazione dell’opera: la società aveva chiesto la revocazione della sentenza per il pagamento da quasi mezzo milione al Comune

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di S.F.

Il Consiglio di Stato aveva già sentenziato a sfavore nel 2020 ma il Servizio idrico integrato non ha mollato. D’altronde la cifra in ballo non è così esigua e allora il Sii ci ha riprovato chiedendo la revocazione del provvedimento della quinta sezione giurisdizionale: niente da fare, inammissibile. Per loro ulteriore pagamento di 5 mila euro al Comune per le spese di lite. Il tema è l’annosa vicenda dell’occupazione temporanea degli spazi pubblici all’interno dell’area turistica della cascata delle Marmore per la realizzazione del sistema acquedottistico Scheggino-Pentima. In ballo c’erano 480.600 euro, cifra già pagata da quanto risulta.

LA SENTENZA DEL 2020: MEZZO MILIONE DA PAGARE

Il rendering (febbraio 2018)

Il tentativo sul diritto di esenzione

Il Consiglio di Stato nel 2020 ha respinto il ricorso in appello della Sii – al centro dell’attenzione c’è in particolar modo il provvedimento prescrittivo e modale per l’occupazione degli spazi pubblici nell’area della cascata – per la riforma della sentenza del Tar Umbria del dicembre 2019: il Tribunale amministrativo regionale lo aveva ritenuto tardivo, quindi lo sviluppo in secondo grado. La società, dopo il ko al CdS, ha chiesto la revocazione perché nessuno «si sarebbe pronunciato sull’accertamento del suo diritto di esenzione al pagamento del canone o tariffa di occupazione sulla base dell’articolo 24, comma 6 della convenzione di gestione del servizio idrico integrato sottoscritto con l’Autorità d’ambito di bacino – Ato Umbria 2 (oggi Auri)».

LA SENTENZA DEL TAR PER L’OCCUPAZIONE

L’abbaglio dei sensi

Nella sentenza il Consiglio di Stato ha riepilogato le ragioni per le quali è possibile chiedere la revocazione della sentenza, quindi il giudizio che non dà scampo alla Sii: «Il dedotto ‘abbaglio dei sensi’ non risulta invero configurabile, ai fini della rescissione della pronuncia, avuto riguardo al primo motivo di ricorso, atteso che nella sentenza è stata esattamente considerata la domanda di accertamento del diritto soggettivo invocato da parte ricorrente». Inammissibile anche un altro motivo di ricorso perché «non è ravvisabile alcun ‘abbaglio dei sensi’, venendo in rilievo una questione espressamente presa in considerazione nella sentenza ma ritenuta irrilevante». Gli avvocati coinvolti sono Giovanni Ranalli e Paolo Gennari.

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