Ast, appalto rottami: Gap dà l’ultimatum

Terni, le condizioni per il passaggio del ‘parco rottami’ di ThyssenKrupp Ast dalla Harsco Ilserv alla società di Bergamo non piacciono ai lavoratori. E l’azienda ‘avverte’

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Traballa, l’accordo siglato tra ThyssenKrupp Ast e Gap per l’appalto relativo alla gestione del ‘parco rottami’. Le prime tre assemblee dei lavoratori – per la sera di mercoledì è in programma la quarta – hanno infatti fatto registrare un sostanziale rifiuto delle condizioni previste nell’intesa, che prevede il trasferimento di lavori e lavoratori da Harsco-Ilserv alla società bergamasca che la multinazionale ha scelto come nuovo partner.

L’appalto La lunga trattativa, iniziata a gennaio, deve portare alla definizione dei termini in base ai quali – con decorrenza 1 ottobre 2016 – la Gap di Bergamo andrà a svolgere al posto di Harsco Ilserv.

L’intesa Nell’accordo che era stato raggiunto in Confindustria era stato concordato che Gap avrebbe acquisito, mediante nuova assunzione, cinquanta degli addetti attualmente impiegati dalla Ilserv al parco rottami. più altri dieci  «individuati sulla base dei fabbisogni professionali in relazione all’assegnazione di ulteriori appalti presso l’acciaieria Ast di Terni».

I ‘livelli’ Nell’intesa, però, si diceva che l’inquadramento minimo dei lavoratori sarebbe stato «a partire dalla terza categoria contrattuale» e questo aveva subito provocato reazioni sfavorevoli da parte di chi, passando da un’azienda all’altra, avrebbe fatto un discreto passo indietro, sotto il profilo professionale e retributivo. Anche se ThyssenKrupp Ast e Gap avevano convenuto che sarebbero stati riconosciuti loro «se inquadrati in una categoria inferiore di un livello a quella documentata, posseduta alla data di sottoscrizione 30 euro lordi mensili, per 13 mensilità, a titolo di superminimo individuale assorbibile; se inquadrati in una categoria inferiore di due o più livelli a quella documentata, posseduta alla data di sottoscrizione del presente accordo, 70 euro lordi mensili, per 13 mensilità, a titolo di superminimo individuale assorbibile. Per lavoro nella giornata di domenica 10 euro lordi onnicomprensivi».

I rischi Negli ambienti sindacali non si fa mistero della delusione: «L’eventuale bocciatura dell’accordo – viene fatto notare – avrebbe delle ripercussioni pesanti. Intanto perché Gap potrebbe gestire in completa autonomia l’appalto, facendo ricorso ad un numero di addetti a sua discrezione, con personale preso anche all’esterno e senza nessuna possibilità di mediazione su retribuzioni e inquadramenti. Ma poi si aprirebbe un problema serio con i lavoratori Harsco Ilserv che non dovessero rientrare nei ‘nuovi’ piani di Gap e che potrebbero finire definitivamente nelle liste di mobilità».

Il precedente Tanto che, sempre da fonti sindacali, emerge la speranza che «dopo una prima fase, caratterizzata da reazioni istintive, prevalga la ragione e, come già accaduto alla Faurecia (dove un accordo, circa un anno fa, è stato prima bocciato e poi invece accettato; ndr) , i lavoratori si rendano conto che la mediazione svolta ha portato al miglior risultato possibile».

Gap dà l’ultimatum Nel pomeriggio si è fatta sentire l’azienda – per la giornata di giovedì è programmato un incontro in Confindustria per la ratifica deefinitiva del passaghgio di appalto – con una nota che suona come un avvertimento ai lavoratori: «Apprendiamo con forte preoccupazione che le assemblee dei lavoratori della Ilserv hanno respinto l’ipotesi di accordo sottoscritto da tutte le organizzazioni sindacali. Un accordo che prevedeva la
salvaguardia dell’occupazione e il riassorbimento di 60 dipendenti. La disponibilità dell’azienda, gli sforzi tesi a garantire una transizione che riducesse al minimo le difficoltà e le incertezze sul futuro, sembrano non essere serviti a chiudere questa delicata fase di passaggio. L’azienda contava di potere usufruire delle professionalità e delle competenze dei lavoratori Ilserv e oggi si vede costretta, a malincuore, a dover percorre altre strade. Ci auguriamo che si possa ancora arrivare a rivedere queste posizioni di incomprensibile chiusura, che finirebbero per penalizzare tutte le professionalità che fino ad oggi hanno operato all’interno dell’acciaieria di Terni».

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