Terni, bimbo abusato e maltrattato: 18 anni di carcere

8 anni di reclusione per la madre, 10 al compagno di lei. Arrestati nel 2016 dalla squadra Mobile quando il piccolo aveva 7 anni

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Dieci e otto anni di reclusione. Queste le pesanti pene inflitte martedì dal tribunale di Terni in composizione collegiale, che ha accolto i punti di vista di accusa e parte civile, nei confronti di una coppia di cittadini di origine romena – 34 anni lui e 29 lei – arrestati nel novembre del 2016 dagli agenti della squadra Mobile di Terni, al termine di un’indagine che, ribattezzata ‘Angelo’ e coordinata dalla procura ternana (in campo il procuratore capo Alberto Liguori e il sostituto Elisabetta Massini), aveva fatto emergere un quadro pesantissimo di abusi e maltrattamenti nei confronti del figlio della donna, che all’epoca dei fatti aveva appena 7 anni.

100 mila euro di provvisionale

I due sono stati condannati anche a pagare una provvisionale di 100 mila euro – oltra al danno da stabilire in sede civile – nei confronti del bambino, parte civile attraverso il proprio curatore speciale, l’avvocato Francesca Carcascio. Fra le pene accessorie stabilite dal collegio presieduto da Rosanna Ianniello e composto dai giudici Biancamaria Bertan e Dorita Fratini, la perdita della responsabilità genitoriale – per la donna – e numerose interdizioni.

Vicenda raccapricciante

I due erano accusati di corruzione di minorenne, violenza sessuale aggravata e maltrattamenti. Il primo reato faceva riferimento agli atti sessuali che entrambi – la 29enne peraltro si prostituiva in casa e aveva parecchi clienti – non avrebbero evitato, anzi, di compiere di fronte al piccolo. Il secondo, contestato soltanto al 29enne, è legato alle violenze a cui avrebbe costretto il bambino, umiliato e – secondo gli inquirenti – pesantemente danneggiato sul piano sociale e psicologico. Infine i maltrattamenti, che riguardano entrambi gli imputati, per averlo «picchiato con schiaffi e colpito anche con corde e cavi elettrici», per averlo «fatto sostare nudo, in piedi o in ginocchio, per tempi prolungati» ma anche per averlo «buttato fuori dalla porta di casa nudo, facendolo assistere anche a liti tra i due soggetti (la madre e il compagno, ndR) brandendo coltelli» e «non facendolo andare a scuola e non consentendogli di frequentare altri bambini». Ora per i due la prospettiva è quella dell’appello. Di contro la procura punta alla conferma dell’impianto accusatorio, e relative condanne, in tutti i successivi gradi di giudizio.

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