Terni, Cecconi: «Il sindaco allontana gli investimenti»

Il coordinatore comunale FdI e la vicenda delle ordinanze per la qualità dell’aria: «Si confondono lucciole con lanterne»

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di Marco Celestino Cecconi
coordinatore comunale Fratelli d’Italia

Il sindaco di Terni ci ha fatto sapere di aver firmato le ordinanze sulle limitazioni al traffico ed al riscaldamento (stufe e camini) con «estremo disappunto». Non conosciamo lo stato d’animo con il quale centinaia di altri sindaci italiani, in centinaia di altri Comuni dello Stivale, dal Veneto alla Toscana (solo per citare alcune delle regioni interessate da analoghe misure restrittive), hanno firmato e stanno firmando identici provvedimenti.

Quello di cui siamo certi è che nessuno di loro – nessun altro sindaco in retti sensi – si è sognato o si sogna di gettare la croce addosso alle realtà produttive che innervano il tessuto socio-economico dei rispettivi territori, tutti a forte vocazione industriale. Nella stessa occasione, invece, il sindaco di Terni ci ha fatto anche sapere, per l’appunto, che lui e i suoi assessori considerano il polo siderurgico della città, alias le nostre acciaierie, come il vero responsabile dell’inquinamento della Conca: un dato, a suo dire, negato da «decenni di menzogne ed omertà» (testuale), colpa omissiva tutta a carico di quell’Arpa e di quell’Asl a cui di fatto Bandecchi, in questo modo, dà dei bugiardi e falsi in atto pubblico.

Si tratterebbe di menzogne ed omertà – secondo lui – che hanno di fatto ‘graziato’ le acciaierie: a carico delle quali, non verrebbero quindi imposti limiti e prescrizioni, libere perciò di compromettere a piacimento la qualità dell’aria con le proprie emissioni incontrollate, mentre ai cittadini (da qui, il «disappunto» di cui sopra) sarebbero imposti ingiustificati sacrifici. Una ‘perla’ con la quale usciamo dalle sfumature degli stati d’animo. Ed entriamo senza speranza nel novero delle panzane.

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Le limitazioni al traffico veicolare ed all’accensione di stufe e camini (gli ‘ingiustificati sacrifici’ imposti ai cittadini, a Terni come altrove) si incardinano, per quanto ci riguarda, in un Piano regionale che dà attuazione ad un accordo di programma Regione Umbria-Ministero dell’Ambiente, in analogia con identiche misure adottate su scala nazionale per ottemperare ad obblighi imposti dall’Europa. È normale che in questo Piano ed in quell’Accordo non vi siano previsioni relative all’Ast: per la semplice ragione che limiti e prescrizioni vengono imposti alle acciaierie in tutt’altra sede, ovvero con quelle autorizzazioni ambientali, alle quali è subordinata l’attività produttiva della fabbrica ternana (come di qualunque altra fabbrica…).

Strumenti diversi, dunque. Ed è grave – gravissimo – che Bandecchi ed i suoi confondano ancora una volta le lucciole con le lanterne, dimostrando anche in questo caso di non sapere nulla di quelle procedure che invece sono l’abc di qualunque azione amministrativa e di governo degne di questo nome. Ancora più grave – più grave dell’ignoranza in senso tecnico – è il retro pensiero che si nasconde (ma neanche tanto) dietro a questa ennesima sortita: un furore persecutorio nei confronti della principale azienda dell’Umbria, tra le più importanti d’Italia e d’Europa, davvero degno di miglior causa e di cui ormai sono pieni i canali social di Bandecchi & C.

I cittadini ternani (noi tutti) ai quali si chiede di non prendere l’auto o il furgone, o di non accendere la stufa a pellet, in determinati giorni del mese e fasce orarie, sono gli stessi che vivono, in tanti, di acciaierie: vivono, cioè, degli stipendi erogati dalla fabbrica e dalle aziende collegate, vivono delle merci vendute nei negozi grazie a quegli stipendi, delle consumazioni nei pubblici esercizi, locali, palestre ecc ecc resi possibili grazie a quegli stipendi e così via. Quando il tessuto socio-economico di un territorio (a Terni come in Toscana o in Lombardia), in altre parole, è innervato da insediamenti produttivi che ne qualificano la vocazione industriale, vanno cercate semmai le compatibilità: tra le istanze dello sviluppo e quelle della salute e della tutela ambientale, senza giocare pericolosamente allo sfascio come fa Bandecchi cavalcando chissà che.

La ricerca di queste compatibilità è esattamente al centro di quell’Accordo per l’area ternana di prossima firma che – tra fondi pubblici ed investimenti privati della famiglia Arvedi – scaricherà sul nostro territorio oltre un miliardo di euro, anche per finanziare (per dire…) il processo di decarbonizzazione delle acciaierie. La ricerca di queste compatibilità passa anche attraverso la restituzione all’Ast dei terreni di sua proprietà, utilizzati a suo tempo in comodato dal Comune per la discarica di Pentima (ormai peraltro chiusa da tempo), per il risanamento dei quali l’azienda è pronta a spendere 10 milioni di euro di tasca propria: una richiesta più che legittima a cui però, finora – cosa gravissima – Bandecchi non si è nemmeno degnato di rispondere, tranne che per prendere a male parole Arvedi a mezzo Instagram.

La ricerca delle compatibilità è tutt’altra cosa rispetto al teatro di chi si presenta come sindaco con la valigia in mano alla ricerca di investimenti (peraltro a tutt’oggi mai pervenuti) e poi si comporta – unicum in tutta Italia – da sindaco che, invece, gli investimenti li allontana. No, noi – che, a differenza di Bandecchi, a Terni ci viviamo 365 giorni all’anno – non siamo certamente meno attenti alla salute, nostra e dei nostri concittadini, di quanto non si atteggino ad esserlo Bandecchi ed i suoi.

Noi, semmai – il centrodestra ternano, il centrodestra alla guida della Regione e del Paese – cerchiamo soluzioni. E troviamo fondi per finanziare queste soluzioni. Qui, invece, c’è da aspettarsi solo che, un giorno o l’altro, qualcuno imbratti di vernice qualche quadro o palazzo della città o magari i cancelli di viale Brin: così, tanto per protestare a vanvera contro l’inquinamento, come certi giovinastri senza costrutto e tanto vandalismo nel sangue, senza preoccuparsi dei soldi e dei solventi che poi serviranno per togliere quella vernice. Qui si gioca con un capolavoro industriale come le nostre acciaierie: e noi non gli permetteremo di imbrattare un bel niente.

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