di S.F.
Può una vicenda giudiziaria chiudersi a quasi undici anni dal deposito del ricorso originario? In Italia sì e la vicenda legata ad un concorso pubblico del Comune di Terni ne è un esempio lampante. Sì, perché con una sentenza di martedì del Consiglio di Stato si è messa la parola fine sul bando emanato il 26 luglio 2010 per l’assunzione a tempo indeterminato di un istruttore turistico di categoria C a palazzo Spada e terminato il 27 dicembre dello stesso anno con la firma dell’allora dirigente alle risorse umane e all’organizzazione per la graduatoria di merito. Gli uffici dovranno tornare su quella storia visto l’esito. Nel mirino anche un atto comunale del 26 gennaio 2011: arrivò il ‘no’ alla richiesta di assunzione del ricorrente in quanto appartenente ad una categoria riservataria.

Cosa è successo: il ricorso al Tar 2011
La vicenda giudiziaria inizia il 16 marzo 2011 con il ricorso depositato da Umberto Segarelli per difendere V.M., uno dei sei candidati all’assunzione (giunto 5° in graduatoria). Si tratta di un orfano di un sottufficiale della polizia di Stato deceduto nel 1977 e già all’epoca riconosciuto come ‘vittima del dovere’: in sostanza inoltrò la domanda di partecipazione facendo presente di appartenere a questa categoria (legge 407 del 1998). Quale fu il problema? La violazione della legge nella parte in cui «l’amministrazione comunale non avrebbe tenuto conto che il ricorrente, quale appartenente alla specifica categoria riservataria delle ‘vittime del dovere’, avrebbe dovuto beneficiare di precedenza assoluta rispetto ad altri partecipanti e, in questo modo, risultare vincitore del concorso in questione». Il Tar Umbria il 27 marzo 2014 rigettò l’istanza perché «l’appartenenza ad una delle categorie beneficiarie può valere come titolo di precedenza e di preferenza, sì, ma soltanto a parità di punteggio. Fattispecie questa pacificamente non avveratasi nel caso di cui si controverte». Inoltre nel provvedimento fu specificato che la riserva di posti non opera mai quando ne sia messo a concorso uno solo perché in questo prevale l’interesse pubblico alla scelta dei candidati più capaci e meritevoli: «E ciò in quanto, diversamente opinando, il concorso resterebbe snaturato e l’interesse pubblico sotteso alla scelta sostanzialmente vanificato». Finita qui? Tutt’altro.

Si passa al Consiglio di Stato: cambia la storia
Nel mirino c’è sempre l’annullamento del provvedimento dirigenziale firmato da Vincenza Farinelli per la graduatoria di merito e il diniego all’istanza di assunzione del ricorrente. Sentenza del Tar impugnata e ripartenza con udienza dello scorso 23 novembre alla II sezione giurisdizionale del Consiglio di Stato: il punto essenziale – ricordano i giudici amministrativi – è stabilire come, e a quali condizioni, «operi l’obbligo di collocamento, ovvero, ancor più in dettaglio, in che misura il suo mancato rispetto si riverberi sull’atto di approvazione della graduatoria, inficiandone in parte qua la legittimità. Il Collegio ritiene di poter affermare che in linea generale quella richiesta dall’appellante è una specificazione non essenziale a fini di validità della graduatoria, in quanto attiene non alla correttezza della stesura, ma al suo utilizzo per la copertura del posto messo a concorso o (anche) degli altri disponibili in dotazione organica. Il CdS riepiloga le varie normative in ballo citando sentenze passate e novità emerse nel tempo, giungendo ad una conclusione: «Il termine ‘riservatari’ può essere utilizzato nella duplice accezione di titolari di priorità all’assunzione, ‘scavalcando’ coloro che hanno riportato un risultato migliore, laddove esso si riferisca ad una graduatoria; ovvero di titolari di un diritto a occupare, in percentuale predeterminata dal legislatore, una porzione dei posti previsti dalla dotazione organica, complessivamente intesa, e non certo avuto riguardo ad ogni singolo livello o profilo professionale. Solo nel secondo caso l’amministrazione ha la possibilità di regolarizzare la propria posizione rispetto agli obblighi di quota impostile, in aggiunta all’assunzione del vincitore secondo l’ordine di graduatoria». Dunque appare chiaro «che sotto il profilo soggettivo, l’appellante si trovava nella situazione di ‘riservatario’ nella seconda accezione evidenziata, astrattamente legittimante il collocamento obbligatorio».
L’errore del Comune: disabilità e diniego
Il Consiglio di Stato mette nero su bianco che un abbaglio di palazzo Spada ci fu in quella circostanza: «Il Comune di Terni ha errato laddove non ha riconosciuto il diritto dell’appellante ad essere considerato destinatario di una quota di riserva, declinandone il diritto all’assunzione non in quanto già riconosciuto ad altri rientranti nella stessa categoria, ovvero in quelle assimilate, con modalità diverse dalla procedura concorsuale, bensì, semplicemente, per avere ormai concluso la selezione contestata. Il che di per sé non può certo costituire valida ragione di diniego». In definitiva «laddove l’amministrazione non abbia già ottemperato ai propri obblighi assunzionali, la partecipazione ad un concorso pubblico di soggetto ‘riservatario’ ex lege che palesi da subito la propria posizione soggettiva, non può essere pretermessa in sede di formazione della graduatoria. Quanto detto non implica affatto l’alterazione dell’ordine di priorità di merito, né implica necessariamente quello della immissione in servizio: semplicemente impone di tenerne conto nel termine di validità della graduatoria, salvo il limite di quota imposto dalla legge sia già stato rispettato; il Comune poteva solo eccepire l’indisponibilità finanziaria per l’anno di riferimento, differendo l’assunzione, ma non omettendola totalmente ovvero negandone immotivatamente i presupposti. Tale ultima precisazione consente altresì di sgomberare definitivamente il campo dai tentativi della difesa civica di avallare l’avvenuto previo rispetto delle quote attingendo al numero dei dipendenti disabili già in servizio».
Cosa succede ora: rivalutazione
In definitiva il Consiglio di Stato conclude affermando che «discende la legittimità della graduatoria approvata in quanto cristallizza l’ordine dei risultati della valutazione concorsuale. Per contro, va annullata, per difetto di motivazione, la nota di diniego in quanto non chiarisce l’avvenuta o programmata ottemperanza al collocamento obbligatorio, applicabile anche agli orfani di vittima del dovere; quanto detto non fa venire meno la possibilità del Comune di Terni di rieditare il provvedimento di diniego dell’assunzione, laddove la quota di assunzioni obbligatorie delle categorie di cui all’art. 18, comma 2, della l. n. 68 del 1999, in misura dell’1% della base computabile del personale in servizio, fosse già stata soddisfatta prima della procedura concorsuale di cui è causa». C’è l’obbligo da parte del Comune di rivalutare (ora per allora) il diritto al collocamento obbligatorio dell’appellante, negato con l’atto del gennaio 2011. Legittimità della graduatoria confermata, così come l’assunzione di oltre un decennio fa. A firmare la sentenza il presidente Gianpiero Paolo Cirillo.