Terni, Giorgio Armillei sotto il ‘fuoco amico’

Quattro consiglieri comunali del Pd lo attaccano per il divieto di esporre la bandiera arcobaleno sulla parete della Bibioteca comunale

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di M.T.

Quando si dice il caso. Perché di questo si tratta, senza ombra di dubbio: un caso. Nel senso di coincidenza. Insomma, il fatto che l’assessore comunale ternano Giorgio Armillei sia finito sotto il ‘fuoco amico’ per una questione che sembrava essere stata chiarita, sicuramente non ha nulla a che vedere con i rumors relativi al possibile (se ne parla da mesi) rimpasto di giunta ed al fatto che anche il suo nome sia finito tra quelli che il sindaco avrebbe messo nella lista dei sostituibili.

La storia Il 17 maggio – ‘Giornata mondiale contro l’omofobia e la transfobia’– in piazza della Repubblica si è svolto un flash mob – ‘Luci contro l’omofobia’ – organizzato dall’associazione ‘Esedomani’, che poi aveva lamentato di «non aver potuto esporre la bandiera arcobaleno sul palazzo della biblioteca comunale, perché l’assessore alla cultura Giorgio Armillei ci ha negato la possibilità di farlo, senza spiegarci i motivi».

La replica umbriaOn li aveva chiesti, i motivi, al diretto interessato, che aveva spiegato: «Tempo fa abbiamo deciso di esporre sulla facciata solo quello che rientra nelle politiche di immagine della struttura, ovvero iniziative organizzate dalla Bct o per le quali è partner. Questo non ha nulla a che vedere con il contenuto della manifestazione di martedì sera».

L’attacco Ma la cosa non è finita lì, visto che quattro consiglieri comunali del Pd – Valeria Masiello, Sandro Piccinini, Sandro Piermatti e Andrea Zingarelli – hanno deciso che le giustificazioni di Armillei non bastano: «Da quello che risulta – dicono – l’esposizione della bandiera era stata inizialmente autorizzata. Questo, si noti, in considerazione anche della persa opportunità da parte del Comune di dare massimo spazio, visibilità e rilevanza ad una bella iniziativa e tangibile sostegno a una battaglia di civiltà».

Le domande I quattro vogliono insomma sapere dal sindaco «quale sia stato l’effettivo iter procedurale che ha portato al diniego dell’autorizzazione, il perché, e se siano state rispettate le modalità corrette in relazione anche al concesso patrocinio» e chiedono pure chiarimenti «circa eventuali responsabilità incorse». Un caso, insomma. Ma forse non una coincidenza.

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