Terni: «Ha un tumore». Gli tolgono la prostata e poi scopre che stava bene. Vince la causa e l’ospedale fa appello

La vicenda di un 62enne portata alla ribalta da Il Messaggero. L’avvocato: «Dal ‘Santa Maria’ nessuno lo aveva informato dell’errore»

Condividi questo articolo su

Da quasi otto anni vive senza la prostata per un banale errore materiale – lo scambio di un vetrino di una biopsia – con tutto ciò che ne consegue in termini di funzionalità e salute. Lui di anni ne ha 62, si chiama Marcello – la sua storia l’ha raccontata Nicoletta Gigli sul quotidiano Il Messaggero – ed è di Terni. pensava di avere un tumore, dopo l’esito di quelle analisi datate febbraio 2015. Invece stava bene ma lo aveva scoperto solo a novembre dello stesso anno, dopo che ad agosto gli era stata asportata la prostata. A dirglielo, però, non era stato l’ospedale, bensì la ‘controparte’: colui che il tumore lo aveva davvero ma che, a causa dello scambio dei campioni, era convinto di stare bene. Quest’ultimo era stato informato dall’azienda ospedaliera ‘Santa Maria’ (almeno quello), mentre Marcello no. Risiede soprattutto qui, più che nell’errore materiale commesso, l’amarezza del 62enne.

L’ospedale ammette ma fa appello

Di recente il tribunale civile di Terni gli ha riconosciuto un risarcimento di quasi 400 mila euro – e poco più di 30 mila alla compagna – per quanto accaduto. Soldi che l’ospedale ‘Santa Maria’ – pur avendo ammesso l’errore compiuto da un proprio dipendente – non intende liquidare, considerando che non ha mai formulato offerte risarcitorie e, anzi, ha impugnato in appello la sentenza sia per ciò che attiene la responsabilità che la quantificazione del danno. Così Marcello per ora non ha visto un euro del risarcimento stabilito dal giudice di prima istanza Luca Ponzillo. «Di fatto – spiega il suo legale, l’avvocato Luca Conti del foro di Rieti – il mio assistito ha scoperto tutto per caso, informato dal paziente che il carcinoma, invece, lo aveva per davvero. Tant’è che Marcello aveva continuato a sottoporsi agli accertamenti per verificare eventuali recidive. Certo, l’atteggiamento dell’ospedale di fronte ad un evento avverso, il classico ‘errore umano’ emerso con chiarezza e anche ammesso dalla stessa azienda, ci lascia perplessi. Mi chiedo: ma le istituzioni stanno dalla parte dei cittadini?». Precedentemente – era il dicembre del 2021 – il giudice del tribunale di Terni, Biancamaria Bertan, aveva condannato il medico analista – pena inferiore ad un anno – che aveva materialmente scambiato i campioni, innescando involontariamente la situazione. Una condanna confermata in appello, nell’ottobre dello scorso anno, con revisione delle provvisionali fissate in primo grado: da 100 a 50 mila euro per il 62enne ternano, da 20 a 10 mila per la compagna.

Condividi questo articolo su
Condividi questo articolo su

Ultimi 30 articoli