Terni: «In carcere allarme tubercolosi»

La denuncia del Sappe e dell’Osapp: «Agenti della penitenziaria senza mascherine. Abbiamo dovuto pagare per fargliele comprare»

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«Un detenuto italiano di 74 anni è stato isolato in carcere per motivi sanitari, a causa di una sospetta tubercolosi». A denunciare l’accaduto riguardante il carcere di Terni è Fabrizio Bonino, segretario regionale del Sindacato autonomo polizia penitenziaria (Sappe), che oltretutto lamenta il fatto di «avere pagato di tasca agli agenti le mascherine per fronteggiare un eventuale contagio perché l’Amministrazione penitenziaria non ce le fornisce». I guai per la struttura di vocabole Sabbione non si fermano.

Niente maschere Il Sappe infatti attacca sulla mancanza del personale di polizia penitenziaria del carcere ternano: «Non è dotato di maschere per evitare possibili contagi. Una cosa assurda, tanto che il Sappe ha pagato di tasca agli agenti le mascherine». Il segretario generale del sindacato, Donato Capece, aggiunge che «ai disagi e allo stress operativo per il personale come conseguenza di costanti e continui eventi critici, le carceri sembrano essere moderni lazzaretti, nei quali almeno una patologia sanitaria è presente nel 60-80% dei detenuti. Ciò vuol dire che almeno due detenuti su tre sono malati. Spesso è solo la polizia penitenziaria, con le sue donne ed i suoi uomini in prima linea 24 ore al giorno, a confrontarsi con questi disagi e con le conseguenze che questi producono, E senza neppure avere in dotazione le mascherine previste per evitare contagi, maschere che però hanno medici e infermieri del carcere ternano».

Incapacità gestionale Capece e Bonino concludono affermando che «è sotto gli occhi di tutti che servono urgenti provvedimenti per frenare la spirale di tensione e violenza che ogni giorno coinvolge, loro malgrado, appartenenti al corpo di polizia penitenziaria nelle carceri italiane, per adulti e minori. E che è ora di avvicendare i vertici del carcere di Terni, amministrativi e di polizia, palesemente incapaci di gestire la critica quotidianità penitenziaria».

La preoccupazione Sulla vicenda interviene anche il delegato provinciale del sindacato Osapp, Giovanni Cesareo: «La nostra preoccupazione e il non poco allarmismo venutosi a creare dipendono dalla seguente circostanza: il personale medico-infermieristico in più occasioni si è presentato davanti la cella del detenuto indossando la mascherina oltre all’equipaggiamento sanitario previsto nei casi di “malattie infettive”, mentre i colleghi avvicendatisi nei vari turni di servizio hanno operato per la sezione senza precauzione alcuna».

Gioco al massacro Questo, dice Cesareo, «è un gioco al massacro perché a fronte di un caso (reale o presunto) di malattia infettiva, non soltanto non sono state applicate ed attivate immediatamente le procedure impartite dai protocolli operativi, ma il personale viene volutamente e sistematicamente tenuto all’oscuro di tutto, anche quando potrebbe essere messa a rischio e pericolo la salute dei colleghi e delle loro famiglie, spesso con bambini. In questa Casa Circondariale la tutela della salute, sancita dalla Costituzione ltaliana, è materia sconosciuta e, purtroppo, a pagarne le conseguenze è sempre e comunque l’ultimo anello della catena e, cioè, i poliziotti penitenziari».

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