Terni, la Uil: «Il Pmal deve essere salvato»

Alla ex ‘Fabbrica d’armi’, dice Guglielmo Bizzarri, «temiamo che a breve si possa registrare l’interruzione di molte lavorazioni»

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Per i ternani quella resta ‘la Fabbrica d’armi’, anche se da qualche decennio, lì dentro, tutto si fa tranne che costruire fucili, pistole e roba del genere. Ma quello stabilimento – reso tristemente celebre nel mondo dal fatto che vi venne fabbricato il fucile ‘Carcano Modello 91/38’ che venne utilizzato, il 22 novembre 1963, per assassinare a Dallas (Texas) il presidente degli Stati Uniti John F. Kennedy – da qualche anno si chiama Polo di mantenimento delle armi leggere (Pmal), perché vi si fa manutenzione a quanto contenuto negli arsenali dei vari corpi militari. E da tempo i sindacati denunciano «il rischio che venga accompagnato verso una lenta agonia che è preludio della sua morte».

Il Pmal di Terni

Il Pmal di Terni

«Stabilimento strategico» Mentre il Pmal ternano, dice Guglielmo Bizzarri, segretario provinciale UilPa di Terni, «è e resta uno stabilimento strategico, perché solo qui vengono svolte lavorazioni specializzate che garantiscono la perfetta efficienza delle armi in dotazione non solo all’esercito, ma anche alle altre forze armate e dell’ordine». Ma questo non lo mette al sicuro, «visto che tutte le nostre richieste di intervento, per la sua ‘messa in sicurezza’ restano lettera morta e che, oltre ai silenzi del Ministero della difesa, dobbiamo registrare l’assoluta mancanza di interesse che emerge dall’atteggiamento dell’amministrazione locale, che pure ovrebbe avere a cuore le sorti dei quasi 35o dipendenti».

Le criticità E Sandro Colombi, segretario nazionale della UilPa, rincara la dose: «In altre realtà, penso a Taranto, ma non solo – spiega – la decisa presa di posizione delle istituzioni locali ha permesso di indurre il governo a rivedere la propria posizione attendista, mentre la stessa decisione non la si riscontra a Terni, dove non mi pare che la situazione occupazionale permetta eccessiva distrazioni». Tanto più che «l’età media che si registra tra i lavoratori ternani – dice Bizzarri – è di circa 56 anni e siccome ci sono molte situazioni caratterizzate dalla lunga esposizione a lavorazioni insalubri, potremmo registrare 56 pensionamenti nel giro di due anni, che saliranno a circa 90 in quattro. Lo stabilimento rischia il collasso, perché le lavorazioni sono strettamente dipendenti le une con le altre».

Le idee Insomma, senza un adeguato turn over, il Pmal di Terni va incontro ad un periodo di grande difficoltà: «Noi, come sindacato – spiega Sandro Colombi – abbiamo lanciato la proposta di andare oltre la politica dei concorsi, che determinano lunghissimi tempi di possibili assunzioni (si va dai 5 ai 7 anni; ndr) e di puntare invece sulle possibilità offerte dalla nuova normativa, in base alla quale gli inserimenti possono essere molto rapidi, ma anhe su questo registriamo solo silenzi».

Il ‘caso’ Silenzi e chiusure, non solo metaforiche, perché, denuncia Guglielmo Bizzarri, «quando abbiamo chiesto, nei giorni scorsi, di essere aggiornati su quanto si sta pensando di fare in tema di riorganizzazione delle tariffe, cioè di come si vuole agire sui costi industriali dello stabilimento, siamo stati letteralmente cacciati dagli uffici e, subito dopo, un funzionario si è sostituito al direttore nel formulare una nota di servizio nella quale, nonostante il personale interessato non fosse sottoposto a ‘nulla osta segretezza’, di fatto ci si vuole impedire di avere alcun contatto diretto. Una situazione inaccettabile e che abbiamo denunciato al comandante, ma senza risposte e questo fa crescere il nostro timore che dietro a questi atteggiakenti ci possa essere dell’altro».

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