Terni, l’Ater la sfratta: il giudice annulla tutto

di Francesca Torricelli

L’Ater l’ha messa letteralmente alla porta ma lei non si è data per vinta. Ha resistito nel giudizio promosso dall’azienda territoriale per l’edilizia residenziale e alla fine il tribunale le ha dato ragione su ciò a cui teneva di più, ovvero la possibilità di restare nella casa in cui vive dal 1998 insieme al marito e ai tre figli. Una sentenza che le ha restituito un po’ di quella serenità che, con uno sfratto incombente e tante difficoltà, sembrava perduta.

A un passo dal baratro Una storia come tante. Una famiglia come tante. Troppe, purtroppo, negli ultimi anni. Quella di Sonia – assistita dagli avvocati Maurizio Cecconelli e Alessandro Lardori del foro di Terni – è composta da cinque persone, attanagliata da quella che ormai comunemente chiamiamo ‘crisi’ e che ha rischiato di vivere il dramma peggiore: la perdita della casa.

La storia A Sonia, suo marito e i loro tre figli, l’Ater Umbria nel 1998 aveva assegnato un alloggio di edilizia residenziale pubblica. «Un appartamento piccolissimo, di circa 60 metri quadrati – spiega – quasi consumato dall’umidità, ma a noi è sempre andato benissimo. Non abbiamo mai navigato nell’oro e ci sentivamo fortunati ad avere un tetto sopra la testa e un luogo, più o meno accogliente, dove far crescere i nostri figli».

Le prime difficoltà Le difficoltà nella vita di Sonia, purtroppo non sono mai mancate. «Il lavoro è sempre stato precario e le spese sono diventate sempre più onerose. Questo ci ha portato ad accumulare, negli anni, alcuni ritardi nei pagamenti, è vero, ma siamo riusciti sempre a pagare il canone concordato con Ater e loro ci sono sempre venuti incontro».

La situazione precipita Il ‘crollo’ più grande, però, per questa famiglia è arrivato nel 2013. «Mio marito ha perso il lavoro – racconta – e lì sono iniziati i problemi seri. Quando cadi nella disperazione devi comunque fare i conti con le spese quotidiane. No, quelle non si fermano. Le bollette, la spesa per mangiare, i figli che crescono e con loro anche le esigenze di ragazzi ormai 15enni e 20enni. Oltre, ovviamente al canone per l’appartamento».

Il meccanismo In questi ultimi due anni Sonia e suo marito non sono più riusciti a far fronte a tutto questo. «Siamo debitori nei confronti di Ater, questo è vero. Ma è pur vero che abbiamo vissuto un momento di grande difficoltà e la burocrazia non ci ha aiutato. Ater, ogni anno, chiede alle famiglie il Cud dell’anno precedente e, in base a quello, calcola il canone. Bene, ma se mio marito ha perso il lavoro, quindi nell’anno corrente non percepisce stipendio, come possono pretendere il pagamento in base alle dichiarazioni dell’anno precedente? È impossibile riuscire a saldare tutto».

Speranza stroncata Da gennaio 2015, Sonia e suo marito, hanno finalmente trovato un lavoro. «Un dono dal cielo», esclama. «Quando siamo stati assunti eravamo felicissimi. Finalmente avevamo nuovamente delle entrate che ci avrebbero permesso di sanare i nostri debiti». Ma la felicità è durata pochissimo. «Ater ci ha subito riportati alla realtà comunicandoci l’intenzione di sfrattarci. Proprio ora che abbiamo la possibilità di pagare». L’azienda ha così aperto un contenzioso di fronte al tribunale civile di Terni, la cui decisione è arrivata il 6 maggio.

Sfratto annullato Con la sua decisione, il giudice Massimo Zanetti non ha disconosciuto i canoni arretrati che la donna, su sua stessa ammissione, deve ancora all’Ater. Al tempo stesso però il tribunale ha respinto la richiesta di sfratto avanzata dall’istituto, riconoscendo l’incolpevole morosità per indigenza della famiglia. Fatto che – scrive il giudice – «induce a ritenere che il mancato pagamento non sia dovuto a malafede o negligenza, quanto all’effettiva impossibilità di adempiere».

La finalità Il giudice si sofferma anche sull’applicazione della legge regionale 23 del 2004, in particolare dell’articolo 40, che chiarisce come la morosità ‘incolpevole’ – dovuta cioè alla perdita del lavoro e a situazioni di particolare indigenza – non possa comportare lo sfratto: «La norma citata – si legge nella sentenza – ha proprio lo scopo di evitare che un istituto sorto per andare incontro alle esigenze delle famiglie più indigenti possa comportare, attraverso il meccanismo dello sfratto pure a fronte di una effettiva morosità, una situazione di maggiore povertà».

«Sentenza di equità sociale» Al tempo stesso si riconosce all’Ater il diritto di incassare i canoni dovuti, «senza però rendere più gravosa la situazione della famiglia che usufruisce dell’alloggio né quindi pervenire alla risoluzione del contratto di locazione». Un punto di vista condiviso anche dai legali di Sonia, gli avvocati Maurizio Cecconelli e Alessandro Lardori del foro di Terni che parlano di «sentenza di equità sociale. L’Ater – spiegano – ha lo scopo di aiutare le famiglie indigenti. Quando fa attività di natura commerciale e lucrosa, smette di avere adempiere a questa funzione sociale fondamentale».

Condividi questo articolo su
Condividi questo articolo su

Ultimi 30 articoli