Terni, malaria fatale: «Tanti rimpianti»

Un anno fa, aveva soltanto 43 anni, se ne andava Romano Proietti. Tornato dalla Guinea dove lavorava, si era sentito male in vacanza. Il 24 agosto messa in suffragio a Stroncone

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Un anno fa – era il 20 agosto del 2017 – se ne andava Romano Proietti. Originario di Stroncone (Terni), aveva appena compiuto 43 anni. Fatale la malaria contratta in Guinea, dove lavorava come carpentiere, diagnosticata troppo tardi, quando ormai la malattia lo aveva aggredito senza lasciargli scampo. Gli amici lo avevano trovato agonizzante nella stanza dell’appartamento che aveva preso in affitto a Pineto, per trascorrere alcuni giorni spensierati al mare insieme al figlio. La corsa all’ospedale di Teramo e il successivo ricovero, non gli avevano salvato la vita nonostante i tentativi messi in atto dai medici.

«Tanti rimpianti» Romano verrà ricordato il prossimo 24 agosto con una messa in suffragio che si terrà alle ore 17 nella chiesa di San Nicola, a Stroncone. Ultimo di sette figli, l’uomo – conosciuto e apprezzato da tanti – ha lasciato un vuoto difficile da colmare. Soprattutto nei suoi cari. «Era tornato dalla Guinea il 10 agosto – racconta una delle sorelle, Lolita – e il 12 era partito per il mare. In quei giorni ero in vacanza, ci saremmo dovuti vedere al ritorno. Ma chi lo aveva incontrato, anche per poco, non aveva potuto fare a meno di notare una certa sofferenza. Purtroppo non si era fatto visitare e forse la malattia era già in uno stato avanzato. Certo, restano tanti rimpianti, perché forse si poteva fare qualcosa di più, anche il giorno stesso del malore fatale, quando al mattino aveva chiesto agli amici di accompagnare il figlio in spiaggia perché non si sentiva bene».

Il dolore Dopo aver perso il lavoro in Umbria nel 2010, Romano Proietti era andato a fare il carpentiere con la Piccini prima in Eritrea e poi, nell’ultimo anno e mezzo, in Guinea dove in tanti avevano apprezzato le sue capacità di professionista esperto ed affidabile. «In valigia, prima di andare a Pineto – prosegue Lolita – so che aveva messo tachipirina e un antidolorifico. Forse aveva trattato quei sintomi, di cui non ci aveva raccontato nulla, come fossero quelli di una banale influenza. Una sola visita al ritorno in Italia avrebbe potuto salvargli la vita. Ma ormai per queste cose non c’è più tempo: nessuno ci restituirà il suo sorriso e resta un dolore enorme».

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