Un processo di cui non si vede la luce, fermo da tempo nelle aule del tribunale di Terni fra rinvii ‘tecnici’, scioperi, cambi di giudici e pm. È quello legato alla morte dell’operaio narnese Umberto Biondini, vittima il 18 novembre 2009 di un grave incidente sul lavoro – aveva 62 anni – mentre stava effettuando lo sbancamento di materiali inerti accanto ad un laghetto artificiale nella zona di Ponte San Lorenzo.
LA FIGLIA DELLA VITTIMA: «SOFFERENZA SENZA FINE» – VIDEO
Il fatto Improvvisamente il mezzo da lavoro, a causa dell’eccessiva pendenza, era finito nello specchio d’acqua profondo fra i cinque e i sei metri. Per l’operaio, originario di Amelia e residente nella frazione narnese di Fabbrucciano, non c’era stato nulla da fare. A recuperare il corpo senza vita erano stati i sommozzatori dei vigili del fuoco.
Sei in totale gli imputati nel processo: quattro di loro – due responsabili della società committente dei lavori, il coordinatore per la progettazione e l’esecuzione dei lavori e il titolare della ditta esecutrice – sono finiti a giudizio per omicidio colposo in relazione a presunte violazioni in materia di sicurezza sul lavoro. Per i primi due, per un dirigente del Comune di Narni e per il responsabile unico del procedimento le accuse riguardano anche la violazione del testo unico in materia edilizia e il codice dei beni culturali e del paesaggio, per aver effettuato opere di sbancamento in difformità rispetto al progetto e senza le necessarie autorizzazioni.
Undicesima udienza Lunedì mattina di fronte al tribunale di Terni in composizione monocratica si è tenuta l’undicesima udienza pubblica – la prima risale al 15 luglio del 2015 -, conclusa da un ulteriore rinvio per il ‘passaggio di mano’ del procedimento dal giudice onorario Enrico Zibellini ad un magistrato ‘togato’. In aula ci si tornerà il prossimo 16 aprile: «E chissà – ironizza con amarezza la figlia della vittima, Simona Biondini – anche in quel caso potrebbe esserci un rinvio. Dall’ultima udienza del 23 ottobre a quella di oggi, tanto per dire, nessun passo avanti è stato fatto». Il processo è fermo alla citazione dei responsabili civili – le assicurazioni interessate dalla vicenda – da parte del legale che rappresenta la famiglia Biondini, l’avvocato Marco Casciola di Ancona, su autorizzazione dello stesso tribunale. Poi più nulla: «Di questo passo – osserva la donna – la prescrizione, se non nel primo, potrebbe giungere nei successivi gradi di giudizio. Per noi è una sofferenza indicibile e il senso di ingiustizia che proviamo, è profondo».