Terni: «Occorre agire, basta interrogarsi»

Il segretario generale della Cgil, Attilio Romanelli invia una «’lettera aperta’ alla città del lavoro che deve tornare a parlare di sé»

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di Attilio Romanelli
Segretario generale Cgil Terni

La crisi economica e finanziaria che ha investito i Paesi dell’occidente ha prodotto rotture sul piano sociale ed industriale che non hanno paragoni negli ultimi 50 anni di storia del nostro Paese. Una crisi che non è solo economica, ma anche morale e di valori, ed è destinata purtroppo ancora a pesare sul nostro futuro e soprattutto su quello delle nuove generazioni.

L’area ternana non è stata risparmiata da questi fenomeni, che ne hanno sconvolto l’apparente tranquillità, riconsegnando alla paura e all’egoismo un ruolo prioritario nei comportamenti sociali.

Un lungo silenzio ha accompagnato l’impoverimento di una discussione sui contenuti, ci si è affidati a quanti, e non sono stati pochi, hanno riabilitato polemiche antiche e rancorose sul “chi conta di più”, quando servirebbe invece tornare a parlare di identità, di valori, di scambio culturale, andando oltre la dimensione del singolo e costringendoci a parlare “dell’altro” come di un sistema.

In questo quadro la Cgil ha inteso produrre un autonomo pensiero, attraverso la presentazione del Piano del Lavoro, pensando che alla crisi e alla rassegnazione si potesse rispondere attraverso proposte concrete sulle criticità più forti: disoccupazione, solitudine e povertà.

In questo contesto è nata anche la richiesta, inserita nel nostro Piano del Lavoro, del riconoscimento dell’area di crisi complessa, con la ferma intenzione di intervenire su tre direttrici fondamentali: ambiente, lavoro e infrastrutture (materiali e immateriali), fondamenta necessarie – dal nostro punto di vista – per pensare di promuovere una nuova idea di comunità, civile ed economicamente evoluta.

Fondamentale è, naturalmente, un rinnovato protagonismo delle forze sociali e politiche, all’interno di un moderno sistema di relazioni, che consegni a chi è responsabile di governo idee e progetti sostenibili.

Mentre le istituzioni umbre dovrebbero uscire da questo stato di rassegnazione, o peggio ancora di confusione, che le rende deboli e incapaci di promuovere azioni di ascolto, confronto e rapida scelta. Una efficiente e qualificata azione di governo deve avere la capacità di includere e ha bisogno di una moderna cabina di regia, dove si raccolgono le proposte, senza mai farsi influenzare da interessi particolari o da centri di potere.

L’area ternana oggi è chiamata a fare i conti con la propria storia, una storia di comunità nata intorno all’industria, naturalmente con tutti i suoi pregi, ma anche con le sue criticità.

Affrontarle in modo positivo e con lo sguardo rivolto al futuro significa impegnarsi nel definire nuovi assetti urbani, con attenzione alla mobilità di persone e merci e all’ambiente in cui si vive, ponendo fine alla malsana dicotomia tra lavoratore e cittadino e mantenendo un profilo alto di convivenza e di benessere sociale.

Una comunità civile come quella ternana non può solo continuare ad interrogarsi, ma deve agire perché queste criticità vengano superate. Oggi più che mai la città “del lavoro” deve tornare a parlare di sé, oltre gli steccati di puro campanilismo, per essere protagonista di una stagione di regionalismo più avanzato, che non tenga conto solo dell’equilibrio territoriale, ma della progettualità che si riesce ad esprimere.

Questa parte dell’Umbria del sud ha bisogno di un governo locale autorevole, che non si perda in estenuanti mediazioni e che, soprattutto, ritrovi un’idea di città e territorio, tesa ad alimentare coesione sociale e crescita.

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