Terni, omicidio Bellini: prime ammissioni

Una parte della verità nelle dichiarazioni spontanee rese da Andriy Halan all’atto dell’arresto. Lui, sulla scena del delitto, c’era

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A far scattare la follia omicida di Andriy Halan, l’operaio 44enne di nazionalità ucraina arrestato dai carabinieri per l’omicidio di Sandro Bellini, sarebbe stata l’ennesima discussione avuta con l’ex compagna – 48enne connazionale – che da qualche tempo frequentava il 53enne ternano, dipendente di una ditta termoidraulica. Soprattutto dopo che quest’ultimo aveva allentato i rapporti con la compagna, rumena, con cui aveva condiviso – fra alti e bassi – buona parte degli ultimi otto anni.

La lite Martedì 17 maggio, la sera precedente il ritrovamento dell’auto di Sandro Bellini, distrutta dalle fiamme nel bosco di Palombara (Marmore), i due avevano litigato per l’ennesima volta. Andriy Halan aveva chiesto all’ex compagna – con la quale, prima dell’arresto, viveva insieme nell’appartamento di via Castello – di ripensarci: un’ultima chance di tornare insieme.

L’ennesimo ‘no’ Un desiderio a cui lei – forse anche memore della sua gelosia ossessiva, ma anche dei comportamenti violenti che avevano costellato il loro rapporto – si era opposta con l’ennesimo ‘no’. Ed è forse a quel punto che Andriy Halan, che già sapeva della frequentazione fra i due, ha deciso di compiere il delitto di cui è accusato senza mezzi termini dagli inquirenti.

Il ‘precedente’ Tra le altre cose, c’è anche un ‘precedente’ che lascia pensare: un giorno la donna si trovava a casa di Sandro Bellini, in via Rosselli, quando i due avevano sentito suonare al campanello. Era Andriy Halan che si era presentato per chiedere di lei, per capire se fosse lì, in un crescendo di gelosia che però, almeno quella volta, non aveva trovato risposta.

L’orario non ‘torna’ Come i dati biologici, i riscontri testimoniali e telefonici abbiano consentito agli investigatori di incastrare il presunto omicida – accusato anche di occultamento di cadavere e dell’incendio doloso dell’auto – è stato spiegato dai carabinieri e dal procuratore Alberto Liguori. In questo contesto un peso ce l’hanno sicuramente avuto le incongruenze nelle testimonianze rese dallo stesso Andriy Halan circa l’orario di arrivo, mercoledì 18 maggio, il giorno della scomparsa di Sandro Bellini, nel cantiere di Contigliano dove lavora come operaio. E non solo.

Un cambio sospetto Andriy Halan mercoledì mattina è uscito di casa indossando abiti – jeans, scarpe scure da ginnastica e un giubbotto scuro – diversi da quello con cui si era poi presentato al lavoro intorno alle 13 e con i quali – scarponi da lavoro e soprattutto nessun giubbotto – era rientrato a casa la sera. Proprio da quegli abiti, indossati al mattino, recuperati dai militari in via Castello e finiti sotto la lente del Ris di Roma, sono arrivate risposte cruciali, visto che sopra c’era proprio il sangue di Sandro Bellini, con il Dna estratto da un rasoio che l’uomo teneva in bagno.

I cani Poi i cani molecolari dell’Arma hanno fatto il resto: di Sandro Bellini, nella radura di Marmore dove è stato dato fuoco alla sua Chevrolet Kalios, non c’era traccia. Di Andriy Halan, invece, sì. E quella è anche una zona che l’operaio ucraino sembra conoscere bene, visto il lavoro quotidiano svolto a Contigliano e la passione per la pesca che lo portava spesso al lago di Ventina.

Prime ammissioni Proprio a Ventina gli inquirenti, per diverso tempo, erano certi di ritrovare il cadavere del 53enne. Il corpo invece è stato individuato il mattino seguente l’arresto di Andriy Halan, lungo il corso del Velino, non lontano dalla stradina che conduce al bosco del rogo. E le indicazioni del 44enne ucraino, fornite dopo l’arresto sotto forma di dichiarazioni spontanee, avrebbero contribuito in maniera decisiva al ritrovamento del corpo. Il che, però, non vuol dire che si sia già assunto la responsabilità del delitto: in questo senso c’è attesa per l’interrogatorio a cui verrà sottoposto martedì in carcere dal gip Simona Tordelli, alla presenza del suo legale difensore, l’avvocato Bruno Capaldini.

Sospetti Diversi dettagli lasciano pensare che Andriy Halan non abbia agito da solo. Un esempio, non l’unico, sta nelle dichiarazioni rese di boscaioli che il 18 maggio avevano lanciato l’allarme-incendio dopo aver notato il fumo in mezzo alla macchia di Palombara, causato dal rogo della Chevrolet. Gli stessi hanno infatti spiegato di aver sentito, prima, voci di più persone provenire dal bosco, due sportelli di auto che si chiudevano e poi uno scoppiettìo, come di fuochi di artificio. Elementi che, sin dall’inizio, non hanno fatto che dare valore all’idea che ci siano dei complici. Un punto che gli inquirenti intendono verificare fino in fondo.

Giornata cruciale Quella di martedì, fra interrogatorio e autopsia sulla salma del 53enne – quest’ultima verrà eseguita dalla dottoressa Sara Gioia dopo l’incarico formale da parte della procura – si preannuncia come una giornata cruciale. Andriy Halan parlerà? E le indiscrezioni che lasciano intuire la violenza terribile subita da Sandro Bellini, la cui testa sarebbe stata letteralmente fracassata, forse con un oggetto appuntito, troveranno conferma? Dubbi a cui potrebbero fare seguito alcune prime risposte nel giro di 24 ore. Poi la salma del poveretto potrà essere restituita ai familiari, dopo tanta dolorosa attesa, per il rito funebre.

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