Terni, omicidio Livi: condanna confermata

L’appello ribadisce i 18 anni di reclusione per il 68enne di Terni che nell’ottobre del 2014 aveva ucciso la giovane moglie a coltellate

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18 anni di reclusione per Franco Sorgenti: tanti erano e tanti restano. Mercoledì mattina la corte d’assise d’appello di Perugia – presidente Giancarlo Massei e Franco Venarucci giudice a latere – ha confermato la condanna inflitta lo scorso 22 luglio, in primo grado dal gip Massimo Zanetti, al 68enne di Terni, ex operaio Ast, che nella notte fra il 28 e il 29 ottobre del 2014 ha ucciso a coltellate la moglie Laura Livi (36) nell’appartamento di via Gramsci dove la coppia viveva insieme alle due figlie di 3 e 8 anni. L’uomo, detenuto in carcere, è difeso dagli avvocati Manlio Morcella ed Enrico De Luca.

LA SENTENZA DI PRIMO GRADO: IL VIDEO

Risarcimento Franco Sorgenti, per il quale l’accusa aveva chiesto 27 anni di carcere poi ridotti a 18 con il rito abbreviato, era stato anche condannato a versare un risarcimento ‘provvisionale’ di 100 mila euro a ciascuna delle due figlie e di 30 mila euro ai familiari della vittima – i genitori ed il fratello – costituitisi parte civile attraverso l’avvocato Roberto Spoldi. Risarcimenti ‘simbolici – 5 mila euro a titolo definitivo – anche per il Comune di Terni e le associazioni che si erano costituite parte civile.

Il delitto Due le coltellate fatali che avevano raggiunto Laura Livi al fegato, tali da causare uno shock emorragico che non le aveva lasciato scampo. Dopo la brutale esecuzione, Franco Sorgenti aveva chiuso a chiave la porta della camera dove le due figlie stavano dormendo, per evitare che potessero imbattersi in tanta atrocità. Poi era andato a costituirsi in carcere e lì era stato raggiunto e arrestato dai carabinieri.

«Appello infondato» Mercoledì mattina in aula il sostituto procuratore generale presso la corte d’appello, Dario Razzi, ha chiesto la conferma dei 18 anni inflitti dal tribunale di Terni in primo grado, rigettando il punto di vista dei legali difensori di Franco Sorgenti che in appello hanno sostenuto, fra le altre cose, come il loro assistito abbia agito in un impeto di gelosia mista a rabbia, sulla base di una frase offensiva con cui la vittima lo avrebbe apostrofato nel pieno della lite scoppiata in casa. Una ricostruzione contestata anche dal legale dei familiari di Laura Livi, l’avvocato Roberto Spoldi, secondo il quale il giudizio della corte d’assise d’appello «conferma appieno l’impianto della sentenza di primo grado, corretta, equilibrata e basata su elementi ben strutturati. L’appello era infondato perché qualsiasi provocazione, ammesso che ci sia stata, non può giustificare una reazione così brutale e violenta come quella messa in atto dal Sorgenti».

«Delusi» Per l’ex operaio 68enne, condannato anche all’interdizione perpetua dai pubblici uffici, parla l’avvocato Enrico De Luca, suo difensore insieme al collega Manlio Morcella: «Ci saremmo aspettati una riduzione della pena sulla base dell’equivalenza fra le attenuanti generiche, riconosciute anche nel giudizio di primo grado, e l’aggravante del rapporto coniugale. Ciò sulla base di precedenti sentenze del tribunale di Terni, ma anche del comportamento del Sorgenti che si è costituito in carcere ed ha confessato immediatamente, adoperandosi da subito per garantire il mantenimento alle due figlie e dichiarando la disponibilità a cedere la sua abitazione. Ora non resta che attendere il giudizio della Cassazione».

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