Umbria, Pd e correnti. Leonelli: «Superarle»

Dopo il duro confronto interno, un appello ai giovani: «Abbandonate vecchi eserciti e antiche contrapposizioni locali»

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di Giacomo Leonelli
Segretario regionale del Partito Democratico

Quest’inizio di legislatura regionale ci dice almeno due cose: che in Umbria c’è tanto bisogno di visione e di futuro e che entrambe le cose possono vedere solo un attore protagonista: il Partito Democratico.

Perché non si sono scontrate alle elezioni, non si scontrano oggi e presumibilmente non si scontreranno un domani due o più idee di Umbria. Il Pd non avrà contro di sé  idee e progetti alternativi sul modello di sviluppo, sulla coesione sociale, sulla promozione del territorio o sulla programmazione europea. La sfida piuttosto è, e sarà, tra concretezza e populismo, tra serietà e demagogia, tra progettualità e tatticismi.

Basta affermare questo? Tutt’altro. La semplice affermazione è una scatola vuota, rispetto alla quale peraltro saranno sempre più allettanti populismo, demagogia e tatticismi. Perché le molte contraddizioni che emergono in una regione che vede ormai tramontato un modello di sviluppo cinquantennale, e senza che siano percepibili con nitidezza i confini di quello futuro, si generano e rigenerano automaticamente; e queste opposizioni preferiranno sempre il tatticismo dell’evidenziarle anziché la strategia per superarle.

Dunque, quale visione e quale strategia, ma innanzitutto quali interpreti: c’è una generazione nuova nel Pd. Nei circoli, negli organismi di partito e nelle amministrazioni. Una generazione che ha vissuto gli ultimi scampoli del modello di sviluppo passato, che oggi fa i conti con il partito orfano del finanziamento pubblico nei territori e con la spending review nelle amministrazioni, e senza che l’impegno politico o amministrativo siano stati un elemento facilitatore della propria vita lavorativa o professionale.

Bene, questa generazione è a un bivio: o oggi ha la forza di assumersi in pieno la responsabilità di interpretare in prima persona serietà, concretezza e progettualità di una visione regionale, oppure difficilmente il Pd sarà in grado da qui ai prossimi anni di dare gambe, cuore e testa al progetto di Umbria, sia esso fuori o dentro una macroregione del centro Italia.

E dunque, basta esibire la carta di identità? No. E non solo perché in politica non conta l’età anagrafica, ma quella politica (è molto più “giovane” un 60enne che entra in politica oggi che per esempio il sottoscritto), ma perché il coraggio e una positiva “sfrontatezza” sono elementi imprescindibili per l’assunzione di quella “responsabilità di futuro” capace di costruire una visione dell’Umbria. E pensiamo davvero che questa grande responsabilità collettiva sia compatibile con un partito diviso a compartimenti stagni tra correnti e filiere? Diciamo la verità: quante volte durante le nostre riunioni, quando qualcuno ha assunto una qualunque posizione anziché pensare al merito della stessa ci siamo interrogati sulle reali intenzioni del suo “capo corrente”?

Quante discussioni di merito sono state “uccise nella culla” da un mero dibattito di posizionamento interno? Possiamo ancora permettercelo? E l’Umbria, soprattutto, può permettersi che il partito maggiormente rappresentativo perda ore e giornate in un dibattito interno che assomiglia sempre più a un dialogo tra sordi? Non credo.

Sia ben inteso, coraggio e sfrontatezza non si misurano con la capacità di lasciarsi alle spalle le proprie sensibilità nazionali. Io stesso, non è un mistero, provengo da un’area ben definita del Partito Democratico, e oggi, come nel 2012, mi batto quotidianamente per sostenere la bontà delle posizioni e della linea politica del Segretario Matteo Renzi in un dibattito franco dentro e fuori il partito.

Il tema reale, invece, è legato alle filiere e correnti (o per meglio dire “cordate”) locali, che troppo spesso anziché essere un utile contributo al progetto del Pd, proprio per quanto sopra esposto, finiscono per essere un utile ombrello sotto al quale ripararsi dalla pioggia e nel quale fare “massa critica” per battaglie di mero potere locale o posizionamento interno territoriale, peraltro spesso del tutto estranee  alle sensibilità profonde degli  elettori e dunque a loro incomprensibili.

E’ vero: quell’ombrello protegge, ma alla lunga annichilisce. Perché impigrisce le menti, la passione politica e la voglia di cambiare davvero le cose che dovrebbero essere la lezione del primo giorno di scuola per chiunque decide di impegnarsi in questo mondo.

Penso quindi che questa generazione non possa più permettersi di essere annoverata ancora tra le truppe di eserciti che si contrappongono da tanti (troppi) anni in Umbria, così da abdicare al ruolo che oggi la storia le assegna, cioè quello di essere senza mezzi termini e senza condizionamenti la spina dorsale della classe dirigente del Pd e dell’Umbria.

Abbandonare quell’ombrello, dunque: è vero,  si prende un po’ di pioggia, a volte un bel temporale, ma credo che ne valga davvero la pena.

E penso anche che se questa generazione, in nome dell’unico progetto possibile per una regione che non merita di navigare a vista o di perdersi in un pantano rissoso e demagogico ma di costruire il proprio futuro grazie al Pd, dovesse finalmente trovare il coraggio e la sfrontatezza di farlo,  troverà tante persone, che hanno vissuto per anni benissimo senza ombrello e che, seppur con qualche capello bianco in più, sono pronte a prendere un po’ di pioggia insieme.

Perché poi, alla fine, seppur alle volte può sembrarci fastidiosa, quella pioggia si chiama sana passione ideale. Che dovrebbe essere nient’altro che quello che muove ognuno di noi nel quotidiano impegno politico e istituzionale.

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