Rifiuti, Terni coinvolta in truffa in Toscana

Secondo il sostituto procuratore della direzione distrettuale antimafia di Firenze, Giulio Monferini, del ‘pulper’ sospetto sarebbe finito negli inceneritori di Maratta

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Ci sono – umbriaOn lo aveva anticipato settembre del 2016 – anche gli inceneritori ternani di Aria-Acea e di Terni Biomassa nelle carte dell’inchiesta coordinata dal sostituto procuratore della direzione distrettuale antimafia di Firenze, Giulio Monferini, che nell’avviso di conclusione delle indagini sul traffico illecito di rifiuti in Toscana chiama in casa i vertici di due importanti cartiere della lucchesia, oltre a varie decine di altri indagati.

Le indagini Si parla di decine di migliaia di tonnellate di rifiuti di cartiera inviati a fabbriche di laterizi in Basilicata o a inceneritori e discariche fra Toscana e Umbria. Secondo Monferini si sarebbe in presenza di una rete finalizzata allo smaltimento di materiali pericolosi che invece sarebbero stati utilizzati per realizzare mattoni e per essere inceneriti.

Terni Biomassa

Il ‘filone’ umbro Il riferimento a Terni è relativo ad un altro rifiuto tipico della cartiera, il pulper. Secondo il sostituto Monferini, però, a questo venivano mischiati plastiche, polistirolo, fanghi di disinchiostrazione della carta e morchie, da inviare agli inceneritori oppure nelle discariche, per essere utilizzate come materiali di riempimento. Monferini ipotizza che si tratti di decine di migliaia di tonnellate – a partire dal 2013 – che avrebbero fruttato milioni di ricavi sia per gli intermediari che per gli smaltitori finali. Oltre, ovviamente, a un risparmio nei costi di smaltimento delle cartiere. E tra i destinatari del pulper ‘arricchito’ ci sarebbero proprio l’inceneritore Aria-Acea e quello di Terni Biomasse. Che, è bene chiarirlo, potrebbero anche essere stati all’oscuro di tutto.

Associazione a delinquere Le accuse – oltre a quella, pesantissima, di associazione a delinquere finalizzata al traffico di rifiuti, alla truffa e al falso – sono di traffico illecito di rifiuti e attività di gestione di rifiuti non autorizzata. Con l’aggravante, per alcuni degli indagati, di aver agevolato il clan camorristico dei Casalesi, visto che una società di trasporti sarebbe impresa riferibile proprio al clan casertano. Fra gli ‘illeciti profitti’ contestati, ci sono anche i risparmi per il trattamento dei fanghi che venivano smaltiti per una cifra definita «irrisoria», fra i 6 e i 10 euro a tonnellata. Oltre ai reati ambientali per la gestione e lo smaltimento illegale dei rifiuti, ci sono anche le contestazioni di truffa ai danni della Regione per il mancato pagamento dell’ecotassa. E poi c’è l’accusa di aver falsificato i certificati di analisi, utilizzando campioni di pulper non rappresentativi del rifiuto per farli apparire come rispettosi dei parametri di legge.

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