ThyssenKrupp Ast: «Qualcuno non tace»

Terni, Marco Cecconi (FdI-An): «Noi da tempo denunciamo quello che sta accadendo ed il progressivo disimpegno della multinazionale»

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di Marco Celestino Cecconi
Consigliere comunale di FdI-An a Terni

Per quello che ci riguarda, potremmo limitarci a dire – potendolo dimostrare carte alla mano – che la nostra voce è l’unica che ha cercato, sia pure senza risultato, di rompere l’assordante silenzio delle forze di governo ternane ed umbre sulle acciaierie di viale Brin.

Potremmo limitarci a dire e a dimostrare di aver cercato di chiamare in causa le responsabilità della politica sin dai mesi successivi all’accordo del dicembre 2014, facendoci promotori di una richiesta di consiglio comunale aperto con la presenza del Presidente della Regione Marini, che invece si rifiuta e scappa da ben due anni: nonostante le mie lettere, le mie proteste, le reiterate richieste al Presidente dell’assemblea elettiva di Palazzo Spada.

Per arrivare ai nostri giorni, potremmo limitarci a dire e a dimostrare di aver cercato di nuovo di rompere l’omertà della maggioranza di governo in Comune ed in Regione, denunciando l’evidente progressivo disimpegno dei tedeschi rispetto al sito ternano, evidenziato nelle scorse settimane – anche prima dell’ultimo sacrosanto allarme dei sindacati sulle intenzioni di vendere la fabbrica – dai nuovi stabilimenti e dagli ingenti investimenti Thyssen Krupp in altri Paesi europei vedi l’Ungheria, a fronte della progressiva paralisi degli impianti italiani di viale Brin. Anche se, anche in questo caso (così come oggi, tanto da suscitare la legittima indignazione dei sindacati), la politica – quella politica – si è limitata a girarsi dall’altra parte, senza neanche aprire bocca.

Potremmo limitarci a dire – e a dimostrare – che da sempre, e ancora adesso, abbiamo cercato di mettere in guardia dai vantaggi apparenti della dichiarazione di area di crisi complessa, soprattutto per quanto riguardava e riguarda i destini delle acciaierie ternane: per le quali, questo abbiamo sempre sostenuto e sosteniamo, quella dichiarazione corrispondeva e corrisponde ad un certificato preventivo di morte.

Fidarsi delle funzioni di controllo e vigilanza delle Istituzioni locali sugli accordi romani del dicembre-2014, è stato un errore. Subire la loro inerzia rispetto agli obblighi a cui si erano vincolate loro stesse in quella occasione (infrastrutture, energia, ambiente), altrettanto.

Sono errori che non abbiamo commesso ma, comunque, la verità è che il nulla delle Istituzioni locali fa tragicamente il paio con la gravissima miopia delle politiche industriali (inesistenti) del governo nazionale: il quale con tutta evidenza – fatti alla mano, da Terni a Taranto – ha deciso assurdamente che non si debba più produrre acciaio italiano.
Continuare ad affidare i destini di un territorio e dell’economia del nostro Paese in queste mani è un autentico suicidio.

Per quanto ci riguarda e per restare a Terni, abbiamo già presentato un’interrogazione al Sindaco sulle voci di vendita delle nostre acciaierie, giusto per costringere qualcuno in un modo o nell’altro a battere un colpo: ma non ci aspettiamo molto di più del solito atto di indirizzo della maggioranza usato come foglia di fico per coprire le vergogne dell’insipienza. E cercheremo – per quanto possiamo da forza di opposizione – di portare il confronto nelle aule parlamentari, confidando che la città, lavoratori e forze sociali escano dal narcotico torpore indotto da chi dovrebbe governare e non lo fa.

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