Macroregione: «Unire ‘Italia di mezzo’»

Per Cgil, Cisl e Uil di Umbria, Toscana e Marche la fusione può rappresentare «un’opportunità da cogliere al volo per uscire dalla crisi»

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L.P.

«C’è una grande opportunità in ballo e in un processo di accorpamento di tali dimensioni gli attori sociali devono diventare coprotagonisti».

Documento congiunto Arriva anche il sì, più convinto che mai, dei rappresentanti sindacali all’idea di una macroregione che unisca l’Umbria alla Toscana e alle Marche. E arriva assieme a un documento titolato ‘L’Italia di mezzo’ presentato giovedì mattina in contemporanea a Perugia Ancona e Firenze da Cgil, Cisl e Uil. Quello della macroregione è un progetto che può mettere assieme non solo persone e saperi, ma anche intelligenze, sistemi di accoglienza, inclusione, coesione e tutela sociale.

Sistema unico «Tre regioni e più di 6 milioni di abitanti – ha esordito il segretario generale della Cgil Umbria Vincenzo Sgalla – che fanno circa il 12% del Pil nazionale. E’ questa la taglia giusta per competere in alcuni settori chiave dell’economia nazionale e internazionale, per far valere quello straordinario patrimonio paesaggistico, storico artistico e culturale che è alla base della storia e delle tradizioni dell’Italia centrale». Quello dello scorso 17 giugno a Bruxelles, con la firma del protocollo d’intesa tra i 3 governatori, secondo Sgalla, è solo il primo passo istituzionale verso nuovi orizzonti, opportunità comuni per aumentare la competitività di questi territori, sviluppare politiche sociali e provare a uscire, una volta per tutte, dalla stagnazione e dalla crisi. Certo, serviranno aggiustamenti istituzionali e costituzionali, ma già da ora si possono mettere in campo azioni comuni che, ad oggi, le Regioni singole conducono separatamente.

Temi comuni Secondo i sindacati, in un contesto di economia aperta e competizione internazionale, le regioni dell’Italia di mezzo possono contare su fattori di specificità in grado di esprimere grandi potenzialità. «Poi la politica dovrà fare la sua parte – ha proseguito Sgalla – con una capacità di governo che sappia rafforzare le omogeneità e renda vantaggiose le differenze». Lavoro, innovazione, sanità, welfare, tutela del paesaggio, agricoltura sostenibile, cultura e turismo possono quindi essere volani di un nuovo e vero sviluppo se diventano patrimonio di valori condiviso. «E’ per questo che oltre il coordinamento politico e istituzionale serve affiancarne uno socio-economico, e gli interlocutori privilegiati non possono che essere i sindacati».

Fondi Ue «Solo l’Umbria – ha concluso Sgalla – prende oltre 1 miliardo e 700 mila euro di fondi dall’Unione europea. I finanziamenti di tre regioni insieme potrebbero rappresentare la vera e propria spinta per uscire definitivamente dalla crisi economica». Alla base di tutto il progetto, poi, ci sono le caratteristiche storiche e i tratti socioeconomici condivisi da tutte e tre le regioni. «Il tessuto è composto da piccole e medie imprese nelle tre regioni – ha proseguito Ulderico Sbarra della Cisl – con una presenza costante delle multinazionali. E poi c’è la cultura, pensate quali progetti potrebbero sviluppare, insieme, le università di Ancona, Perugia e Firenze». Se il Nord e il sud, sono molto lontani, c’è dunque un’Italia di mezzo che aspetta solo di essere messa a sistema e che può diventare il modello di sviluppo vincente per l’Italia e l’Europa di domani.

Parnenariato Tra qualche ostacolo, «che sarà premura della politica rimuovere», intanto i sindacati hanno già elaborato un crono programma e si sono dati un nuovo appuntamento. Il prossimo 15 settembre ci sarà, infatti, una nuova riunione condivisa con le sigle toscane e marchigiane per dare avvio questo percorso di partenariato socio-economico, come ha ricordato Claudio Bendini della Uil

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