Terni, omicidio Bellini: «Andriy è un violento»

Autopsia: nessuna coltellata. Il 53enne è stato colpito più volte alla testa con un oggetto pesante. Mercoledì alle 15 i funerali

Condividi questo articolo su

Alla luce dell’interrogatorio di martedì mattina, Andriy Halan – l’operaio ucraino arrestato per l’omicidio del ternano Sandro Bellini – resta in carcere. Un passo scontato, visto che non c’erano state neppure richieste di tenore diverso da parte del legale difensore dell’uomo, l’avvocato Bruno Capaldini, che ha invece invocato un approfondimento da parte degli inquirenti sulle dichiarazioni rese dal presunto omicida, sia nella giornata di sabato, dopo l’arresto, che durante l’interrogatorio di garanzia.

«Personalità violenta» Già all’atto dell’arresto, il gip aveva evidenziato «le modalità della condotta delittuosa che denotano una particolare spregiudicatezza del prevenuto che, dopo aver compiuto l’efferato gesto, non ha esitato ad eliminare ogni elemento di prova a suo carico, occultando gli abiti indossati, facendo sparire il cadavere e dando fuoco all’auto ove, presumibilmente, il delitto è stato commesso». Poi, sul pericolo di reiterazione del reato, per il gip «la sua personalità violenta e la condotta tenuta dall’indagato, estrinsecatasi non solo nel compimento del gesto omicidiario ma anche nella complessa attività di sviamento delle indagini, denotano una particolare inclinazione al delitto e una efferatezza certamente inusuale ed è da ritenersi altamente probabile che costui, se non ristretto, possa perpetrare nel compimento di atti delittuosi di analoga natura per i quali si procede».

«Non sono stato io» In carcere, il 44enne ha risposto alle domande del giudice, ribadendo la propria versione dei fatti già resa nella giornata di sabato, subito dopo l’arresto. Un punto è, per ora, chiaro: Andriy Halan ha detto di non essere stato lui ad uccidere Sandro Bellini ma al tempo stesso non ha fornito nomi né dettagli diretti circa i possibili complici che potrebbero aver avuto un ruolo nell’assassinio del 53enne. Un aspetto, quello delle complicità, su cui gli inquirenti stanno lavorando a ritmi serrati da giorni ma, forse, in una direzione diversa rispetto a quella indicata genericamente dal 44enne, quest’ultimo da circa dieci anni in Italia e con un passato da militare di leva anche nelle forze armate dell’ex Urss – almeno fino allo scioglimento dell’Unione Sovietica – e quindi di quelle ucraine.

‘Avvertimento’ Di contro l’operaio ucraino non avrebbe negato di essere a conoscenza dell’accaduto. Per quello che – per lui che si auto addebita tanto l’occultamento del corpo di Sandro Bellini quanto l’incendio appiccato alla sua auto nei boschi di Marmore – doveva essere solo un’azione per ‘spaventare’ colui che – nella sua testa – gli stava portando via la donna con cui sperava di tornare insieme. E che anche la sera prima del delitto, martedì, gli aveva negato l’ennesima chance.

Mezze verità In sostanza Andriy Halan, nella sua ricostruzione tutta da vagliare, sarebbe giunto sul luogo dell’omicidio – nei pressi della casa dove il 53enne viveva in via Rosselli – solo a ‘cose fatte’, occupandosi – frettolosamente di fronte ad una situazione ‘imprevedibile’ – solo di far sparire il cadavere dell’uomo e la sua auto. Poi, da Marmore, sarebbe sceso di nuovo a Terni, ma a piedi. Almeno così ha spiegato al giudice.

Forti dubbi Appare però difficile pensare – ammettendo la verità della sua dichiarazione – che nessuno possa averlo notato durante il tragitto, lungo percorsi quasi impossibili per qualsiasi pedone. Ma c’è di più: fra i boscaioli che la mattina dello scorso 18 maggio hanno lanciato l’allarme, dopo aver notato il fumo dovuto all’incendio dell’auto del 53enne, c’è chi giura di aver percepito, in precedenza, le voci di più persone e il rumore di due sportelli di auto che si chiudevano. Tutti elementi che finiscono per convergere sul fatto che Andreiy Halan non fosse da solo, quel giorno, nel compiere ciò che gli inquirenti gli contestano. Le stesse caratteristiche fisiche della vittima – dalla corporatura robusta – lasciano pensare che il 44enne ucraino possa essere stato quantomeno aiutato da qualcuno nell’operazione che lo ha portato ad occultare il cadavere lungo le sponde del Velino. Anche per questo gli accertamenti dei carabinieri, che hanno consentito già di individuare colui che viene ritenuto il principale responsabile di tutto, stanno proseguendo senza sosta e, come logico, sotto traccia. Un’attività febbrile che potrebbe presto portare ad ulteriori novità e ad una ricostruzione definitiva dell’accaduto, invocata dagli stessi familiari della vittima.

Punti oscuri Poco o nulla trapela, invece, circa l’omicidio in sé: «Ci sono aspetti che riteniamo importanti ai fini dell’indagine – afferma l’avvocato Capaldini, legale di Andriy Halan -. Per questo abbiamo chiesto all’autorità giudiziaria di valutarli per una piena e completa ricostruzione dell’accaduto. Crediamo sia possibile e, in questo senso, il mio assistito ha risposto alle domande poste, fornendo alcune indicazioni che meritano approfondimento». Resta il fatto, tuttavia, che mancano ancora indicazioni dettagliate – e che gli inquirenti possano ritenere utili – circa il quadro delle possibili complicità.

Autopsia Sempre martedì mattina la dottoressa Sara Gioia, medico legale incaricato dalla procura di Terni, ha eseguito l’autopsia sulla salma di Sandro Bellini. E anche qui giungono alcune prime, importanti conferme: l’uomo sarebbe stato colpito più volte con violenza alla testa, con un corpo contundente pesante. Con una brutalità tale da rompergli la teca cranica tanto da causare uno ‘sfacelo cranico encefalico’. Sul corpo non risulterebbero altre lesioni da percosse o arma da taglio. Ucciso in questo modo e poi gettato in acqua. Dove gli inquirenti lo hanno recuperato domenica mattina.

L’ultimo saluto Sarà la cappella dell’obitorio dell’ospedale Santa Maria ad ospitare i funerali di Sandro Bellini che si terranno mercoledì pomeriggio alle ore 15. Il rito sarà officiato da don Fernando Benigni. L’autorità giudiziaria, in seguito all’esame autoptico, ha infatti restituito la salma ai familiari dell’uomo – che in questi giorni hanno dato incarico all’avvocato Renato Chiaranti di rappresentarli nel contesto del procedimento avviato – per l’ultimo saluto.

Condividi questo articolo su
Condividi questo articolo su

Ultimi 30 articoli