Terni, trenta rifugiati sfrattati: è protesta

Con loro si schierano due associazioni cittadine, che chiedono interventi immediati

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La denuncia viene dai diretti interessati, una trentina di rifugiati politici che erano tati inseriti nel progetto ‘Emergenza Nord Africa’, da ‘Associazione inTerni Stranieri’ e da ‘Blob, laboratorio giovani comunicazione’. Ed è un atto di accusa forte.

La denuncia «Succede a Terni, il 16 Luglio del 2015: vengono recapitate a circa trenta persone delle lettere dalla Prefettura in cui si dice testualmente che le misure di accoglienza sino ad ora predisposte per la loro sussistenza sono finite, con effetto immediato dalla data di notifica della lettera. Succede nella nostra città che sei nuclei familiari, con bambini tra i 4 mesi e i 9 anni di età, persone gravemente malate e persino una donna incinta con una gravidanza a rischio, vengano messi alla porta di quelle che hanno imparato a conoscere come le proprie abitazioni, senza alcuna possibilità di riscatto. Fosse per loro se ne andrebbero ben volentieri da quelle case se solo ne avessero la possibilità economica; molti di loro hanno lavorato durante questi anni, chi in agricoltura, chi in lavori socialmente utili per conto del Comune o per gli enti stessi, ricevendo i più fortunati 1,50 euro l’ora. La maggior parte non ha ricevuto nessuna retribuzione, alcuni pur avendo un regolare contratto di lavoro. Messi alla porta con effetto immediato, a meno che non decidano di investire almeno cinquecento euro a testa – ovviamente nella propria fantasia – per un ricorso al Tar contro un provvedimento su cui anche volendo si può lavorare ben poco a livello legale, trattandosi di un ‘semplice’ atto amministrativo. Tutto ciò avviene, com’è giusta regola, nel momento in cui l’attenzione nei confronti della stampa e della vita politica in generale è ai minimi storici: a metà luglio, tra sogni di vacanze e villeggiatura».

I fatti Trenta persone provenienti da Somalia, Egitto, Nigeria, Chad e Ghana, entrano nel progetto Emergenza NordAfrica, gestito a Terni dalle associazioni Arci e San Martino, nel 2011. «L’Emergenza Nord Africa – è la spiegazione – non è un progetto Sprar (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati) cosiddetto ordinario. Si tratta di una misura emergenziale, attivata dal governo italiano nel 2011 e dichiarata terminata nel 2013, protratta poi a suon di lettere delle Prefetture, circolari e comunicazioni varie». Poi una «circolare ministeriale dichiarava chiusa l’Emergenza Nord Africa e affidava alla condivisione con gli enti locali circa la prosecuzione dell’accoglienza’. Oggi quegli enti locali hanno deciso che queste persone vanno messe alla porta e basta. Non c’è stato lo scrupolo di evitare la procedura alle persone vulnerabili, né alcun occhio di riguardo per i bambini che abitano in quelle case e che in questi giorni dovrebbero essere iscritti a scuola».

Le storie Non si tratta, dicono le associazioni, «di clandestini o migranti, ma di persone che hanno ottenuto il riconoscimento della protezione internazionale nel nostro Paese, provenienti da storie di torture, tratta e guerra, e che oggi devono sparire nel nulla perché qualcuno ha deciso che così deve essere. Quelle persone, che per quattro anni hanno portato nelle tasche degli enti gestori dei progetti Emergenza Nord Africa circa 13mila euro ogni anno pro capite, ad oggi non valgono più di un prurito. E se ne devono andare, immediatamente, dalle loro case. A qualcuno di loro è stata persino negata, prima ancora dell’arrivo dello sfratto, la possibilità di rinnovare i documenti: è bastato il non voler produrre – da parte degli enti gestori – il documento con cui si dichiara la residenza della persona all’interno delle proprie strutture. Tanto basta per impedire ad una persona di rinnovare la tessera sanitaria, di accedere alle cure, di iscrivere i propri figli a scuola».

La protesta Così, insiste chi porta questa storia alla luce, «a metà luglio Terni assiste alla cacciata di trenta persone dal proprio orizzonte di senso, dalla vita dignitosa che gli enti suddetti – tutti impegnati in proclami sull’accoglienza e sull’integrazione – dovrebbero quantomeno fingere di garantirgli anche in mancanza dell’enorme guadagno che la gestione dell’accoglienza gli ha sempre assicurato. Così Arci e San Martino decidono deliberatamente di escludere trenta persone da un percorso di inclusione sociale e metterle per la strada, così si dimostra quanto valgano le vite umane e i progetti di vita delle persone coinvolte, così si creano i terribili conflitti sociali tra cittadini che si difendono con le ruspe e umani che non si sentiranno mai neanche chiamare in causa come ‘cittadini’. Non serve una laurea per capire che è da qui che originano le devianze di cui i cittadini per bene hanno tanta paura. Tutti sappiamo come vanno a finire queste cose, e non saranno le nuove telecamere a fermare la disperazione dei diseredati».

L’epilogo Obiettivo della denuncia è semplice: «Vogliamo che i ternani tutti sappiano che ci sono trenta persone che non hanno niente, che non chiedono l’elemosina per strada, che non aggrediscono la polizia, ma cui vengono negati i pasti al Banco alimentare. I ternani sappiano che esistono queste persone, e stanno nelle loro case senza cibo, in attesa che gli vengano staccate le utenze, in attesa di essere sgomberati come degli occupanti abusivi». Il 3 agosto «le associazioni li accompagneranno al question time del consiglio comunale per ottenere risposte».

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