Carceri in Umbria: «Situazione peggiora»

Il Garante dei detenuti, Stefano Anastasia, traccia un primo bilancio ad un anno dalla sua nomina: «Detenuti in aumento e nessuna formazione-lavoro»

Condividi questo articolo su

di L.P.

I numeretti sono segnati in rosso in una griglia. Milletrecentoquarantuno detenuti, 126 in più rispetto allo scorso anno e due in più rispetto alla capienza degli istituti carcerari.

Il Garante Stefano Anastasia

Il Garante A un anno dalla sua elezione – il 7 aprile del 2016, seppur con sette mesi di ritardo – a Garante dei detenuti dell’Umbria il professor Stefano Anastasia traccia un bilancio della situazione degli istituti penitenziari regionali. E, tra sovraffollamento e carenza di opportunità, la situazione in Umbria non sembra poi così rosea secondo Anastasia, ricercatore di filosofia e sociologia del diritto nell’Università di Perugia e tra i fondatori dell’associazione Antigone, della quale è stato presidente dal 1999 al 2005.

L’OSSERVATORIO SULL’UMBRIA

Popolazione in aumento «Il problema principale di questo anno è che è ricominciata a crescere la popolazione detenuta dopo due anni di relativa calma in cui avevamo assistito a una riduzione, con la condanna da parte dell’Unione europea il sovraffollamento. Ora sembra sia in corso un’inversione di tendenza tutta italiana e stanno ricominciando a crescere, anche in Umbria, i detenuti, dal momento che provengono principalmente da altre regioni dove si soffre, maggiormente, per problemi di sovraffollamento». Numeri in aumento un po’ ovunque: a Perugia, nel giro di un anno, si è passati da 295 detenuti a 361, Spoleto da 451 a 482, Orvieto da 44 del 2016 a 63 del 2017 mentre Terni da 425 ha aumentato di dieci unità

Le presenze al 31 marzo 2017

Parità Le presenze, dunque, vanno alla pari coi posti ‘disponibili’. Le carceri sono piene e gli istituti che soffrono di più sono proprio Terni e Spoleto dove i reclusi sono rispettivamente 435 su una capienza di 411 posti e 482 contro 458 posti liberi. «Lì si inizia a soffrire un po’ di più, ma anche Capanne ormai è arrivata al limite. Quindi bisogna fare una riflessione, prima che la situazione si complichi ancora di più».

Carenza formazione Per il resto, secondo Anastasia, la difficoltà più grande è quella di riuscire a promuovere attività dentro alle carceri. «Questa è la principale problematica, di cui discutevo anche giorni fa con l’assessore Paparelli, dal momento che lo scorso anno non ci sono state attività formative in nessuno degli istituti umbri. Promuovere attività dentro le carceri significa creare una quotidianità positiva e arricchita, anche perché trattandosi per la maggioranza dei casi, in Umbria, di detenuti definitivi, bisogna dar loro qualcosa da fare» spiega ancora Anastasia.

Uno spettacolo teatrale in carcere

L’impegno della Regione di attivare corsi di formazione professionale, dunque, c’è e, secondo il Garante, è il primo obiettivo da raggiungere per l’anno ancora in corso. Ma intanto la vita in carcere scorre lenta, mentre qualche detenuto riesce a partecipare a laboratori o attività extra come il teatro. «Sì, sono progetti molto importanti, come il gruppo teatrale promosso dallo Stabile al carcere di Capanne o quello attivo a Spoleto e a Terni e, in programma, ce n’è uno anche di prossimo avvio al carcere di Orvieto. Ma questo genere di iniziative non possono coinvolgere tutti i detenuti, sono importanti ma sono sempre autofinanziate e invece andrebbero maggiormente sostenute». L’attività professionale, però, dà la possibilità al detenuto di uscire e di mettersi alla prova con una nuova vita e, nello scorso anno, è totalmente mancata. «Me lo avevano fatto presente non appena sono arrivato in Umbria e, in un anno, non è cambiato nulla ancora. Ma stiamo lavorando per recuperare la strada persa e offrire nuove opportunità ai detenuti».

Donne e bambini «In Umbria l’unica sezione femminile è quella al carcere di Capanne, ma non ci sono donne con figli minori di tre anni anche se la popolazione femminile è aumentata, passando da 35 a 50. Anche per loro il problema è tenerle impegnate in qualche attività e trasformare il periodo di reclusione in un’occasione di crescita oltre che di riflessione. «Con l’unificazione del Provveditorato a quello della Toscana, molto spesso le recluse sono originarie di un’altra regione e questo provoca un maggior allontanamento dai propri familiari e una difficoltà di mantenere rapporti con il nucleo parentale». Diminuiscono, e questo e un buon segno, gli atti di auto lesionismo in carcere, «casi particolari non ce ne sono stati. Invece è sempre in sofferenza l’organico delle forze di polizia, ma anche per quanto riguarda il personale amministrativo, le strutture ne risentono in Umbria come un po’ in tutta Italia».

Il carcere di Perugia

Le strutture Se il carcere di Capanne è di costruzione relativamente recente, con interventi di manutenzione e di ristrutturazione realizzati con regolarità, la principale criticità nell’unica struttura perugina che prevede un’ala femminile è l’organico di polizia penitenziaria. A fronte di una necessità di 297 agenti, nella struttura, in cui il quasi 60% della popolazione è straniera, sono presenti solo 217 poliziotti. Basso anche il coinvolgimento in percorsi scolastici, con solo il 13% dei detenuti che partecipa ai corsi secondo le stime fatte dall’associazione Antigone.

La casa circondariale di Terni

La casa circondariale di Terni, invece, tra le più affollate, ospita in prevalenza detenuti in regime di alta sorveglianza mentre circa una trentina i soggetti in regime di 41 bis, il cosiddetto ‘carcere duro’. Anche qui a ogni detenuto sono garantiti 3 mq calpestabili. Le celle sono ariose e spaziose, ma ci sono problemi di umidità a causa di vecchie tubature che devono ancora essere sostituite. Anche qui qualche criticità si è avuta, lo scorso anno, dopo il trasferimento di detenuti da vari istituti della Toscana, prima che fossero di nuovo spostati in altri istituti. Nel solo 2016, infatti, si sono contati 107 procedimenti disciplinari e 312 eventi critici.

L’ESPERIENZA DI ‘PENSIERI SPARSI’

La casa di reclusione di Spoleto

A Spoleto La casa di reclusione di Spoleto, invece, ospita detenuti di sesso maschile condannati a pene di durata medio-lunga e la struttura è stato individuata come il carcere che ospiterà i reparti psichiatrici. All’interno anche una quartina di soggetti tra collaboratori di giustizia, protetti e in isolamento. I lavori sono stati completati e si attendono disposizioni perché possano accogliere i primi detenuti. L’istituto è interessato da interventi periodici di manutenzione e le condizioni igienico-sanitari sono buone nonostante la struttura sia stata realizzata più di 30 anni fa.

Il carcere di Orvieto

Orvieto Nell’ex convento riadattato durante l’epoca fascista che ospita il carcere di Orvieto sono ormai terminati i lavori per realizzare un Icat, Istituto a custodia attenuata che ospita pochi soggetti, circa una sessantina, tutti lavoranti. Qui l’ambiente è particolarmente vivibile, anche grazie all’esiguo numero di detenuti, che permette a molti di alloggiare in spaziose celle singole, o al massimo a dividere la cella con solo un’altra persona. I problemi si fanno sentire però nella progettazione di attività formative qualificanti e che prevedano un reinserimento lavorativo, dato che la carenza di fondi rischia di vanificare la concreta realizzazione di percorsi lavorativi di reinserimento, requisito fondamentale per consentire il passaggio dalla detenzione attenuata alla libertà. 

Condividi questo articolo su
Condividi questo articolo su

Ultimi 30 articoli