Crollo Santa Monica: «Nessun rispetto per chi non c’è più»

Amelia – La figlia di Gastone Chieruzzi, morto nel giugno del 2008, attacca dopo la decisione di impugnare la sentenza che disponeva risarcimenti per 1,6 milioni

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«Posso capire tutto, in primis il fatto che ciascuno provi a far valere delle ragioni attraverso gli strumenti della giustizia. Ma quando il limite viene oltre passato, c’è anche un aspetto umano che viene messo in discussione, oltraggiato».

«Aspetti che offendono la memoria»

A parlare è Ilaria, la figlia di Gastone Chieruzzi, 61enne amerino morto in seguito al crollo dell’antico palazzo di Santa Monica, avvenuto il 28 giugno del 2008 nel centro storico di Amelia. Di recente il tribunale civile di Terni ha disposto risarcimenti, da parte del Servizio Idrico Integrato ed UmbriaDue Scarl, pari a circa 1,6 milioni di euro nei confronti dei familiari dell’uomo. «Ma oltre a non aver visto neppure un euro finora – osserva Ilaria -, ci sono aspetti che reputiamo offensivi, irriguardosi verso la memoria di nostro padre, a dir poco discutibili».

«Non si può ricominciare da capo»

In pratica le due società condannate in solido e le rispettive compagnie assicuratrici, a cui spetta l’onere di liquidare quasi interamente il dovuto, hanno impugnato la sentenza di primo grado di fronte alla corte di appello di Perugia. «Ed è un aspetto normale – spiega la donna – anche se dopo tutto questo tempo, non può far piacere. Il punto è che nelle motivazioni dell’appello, sono stati messi in discussione aspetti tecnici che, dopo dodici anni e sentenze sia civili che penali, ritenevamo assodati. E forse lo sono anche alla luce delle perizie svolte: non possiamo immaginare che qualcuno provi ad azzerare la vicenda, a farla ripartire da capo dopo un giudizio civile frutto di ben tre perizie univoche da parte di periti incaricati dalla magistratura. Crediamo – prosegue – che ci sia un limite a tutto. Non stiamo qui a disquisire di importi e scadenze, per quanto le stesse assicurazioni nell’appello hanno chiesto la sospensione dell’esecutività della sentenza del tribunale di Terni. Di fatto però siamo provati sia psicologicamente, dopo tutto questo tempo ci pare normale, ed anche economicamente visto che abbiamo dovuto sostenere, e stiamo ancora sostenendo, dei costi importanti. Questa vicenda ci ha distrutti e non se ne vede ancora la fine».

«Nessuno fece nulla nonostante le segnalazioni»

«Nel ricorso in appello – spiega Ilaria Chieruzzi – si afferma che il fatto è inquadrabile come ‘colpa con previsione risalente nel tempo’. In realtà esistono documentazioni rese nel giudizio, in quanto omesse dallo stesso comune di Amelia, che attestano come almeno un anno prima del crollo erano state denunciate via fax, da parte nostra e della stessa immobilare Santa Monica, al tempo proprietaria dei locali seminterrati, la presenza di forti perdite che andavano ad intaccare la stabilità delle colonne portanti delle volte a crociera, invase da acque ‘bianche’ miste a scarichi fognari. Nessuno, fra Comune e Servizio Idrico, era mai intervenuto fino al tragico incidente di quella mattina».

«Sembrava un bombardamento»

«Io e mia madre siamo salvi per miracolo – ricorda la donna -. Non so spiegare cosa si prova a veder passare davanti la propria vita e non riuscire a salvare il proprio padre. Io ero ad un metro da lui e sembrava di essere stati colpiti da un bombardamento fra polvere che impediva di respirare, vetri esplosi e macerie ovunque. Solo la scala era rimasta in piedi e, pur quasi coperta dal fumo che si era alzato, ci ha consentito di metterci in salvo. Di notte ho ancora gli incubi e qui mi si viene a dire che, siccome sono giovane, avrò modo di dimenticarmi della vicenda. I danni psicologici e materiali sono permanenti, per lo meno si mantenga il rispetto per noi e soprattutto per chi non c’è più».

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