Economia e finanza, il gioco dell’ultimatum: voi che avreste fatto?

Gianni Giardinieri ci parla di ‘finanza comportamentale’ con un chiaro esempio. E i risultati sorprendono

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di Gianni Giardinieri
Senior Financial Advisor presso Allianz Bank

La psicologia applicata all’economia. E alla finanza. Un ‘incrocio’ di competenze e risultanze sperimentali che hanno dato corso, nel tempo, alla cosiddetta ‘finanza comportamentale’, branca di studi che ha prodotto due premi Nobel (Daniel Kahneman nel 2002 e Robert Shiller nel 2013). Indagare le relazioni tra l’irrazionalità umana e le teorie economiche e finanziarie classiche ha prodotto nel tempo alcuni ‘giochi’ che non soltanto ci spingono a riflessioni che forse non avremmo mai fatto sul nostro rapporto con i soldi, ma che aiutano a comprendere anche come gli altri gestiscono i loro.

Il ‘gioco dell’ultimatum’ consiste in questo: immaginate che qualcuno vi regali 100 euro, con la condizione però che voi offriate una parte della cifra, a vostra discrezione, ad un vostro collega. Se lui accetta la somma che voi gli avrete proposto, qualunque essa sia, voi potrete tenere la differenza. Se non accetta, nessuno dei due avrà nulla. Il vostro collega è a conoscenza del meccanismo e della cifra complessiva. Attenzione: non potete trattare né mettervi d’accordo. Uno propone e l’altro, venuto a conoscenza della cifra offerta, o accetta o rifiuta. Quanto sareste disposti ad offrire? Quale potrebbe essere a vostro avviso la cifra giusta per far dire al vostro collega ‘accetto’? Offrire poco e rischiare il ‘no’, perdendo tutto ma con la possibilità di massimizzare l’introito, o puntare su una cifra sostanziosa per farsi dire ‘sì’ e intascare comunque qualcosa che in fondo è gratis? La teoria economica classica non avrebbe dubbi: il vostro collega accetterebbe anche 1 euro, perché l’alternativa sarebbe il nulla. In fondo, soldi gratis senza fatica.

Le risultanze di molti esperimenti ripetuti su questo gioco hanno invece dimostrato che le risposte sono ben diverse. Certo, quello intrinseco è lo stesso, ma il rapporto emotivo con il denaro e quello con il collega che riceve o offre quel denaro, diventano determinanti. Ovviamente, per evitare distorsioni sulla valutazione dei test, offerente e ricevente hanno redditi simili. Ebbene, gli esiti degli esperimenti hanno dimostrato che chi riceve è disposto ad accettare solo se la cifra offerta è non inferiore ai 20/30 euro. Se si scende sotto tale soglia, scattano meccanismi di rifiuto, oggettivamente irrazionali, perché comunque si rinuncia volontariamente ad una cifra gratuita. Subentrano potenti fattori emotivi: senso di giustizia, di equità (‘avremmo dovuto dividere 50 euro ciascuno’), orgoglio (‘non mi abbasso a dire sì per così poco’), ‘punizione’ (‘preferisco non farti prendere il grosso della cifra anche dovendo rinunciare alla mia parte’), invidia (‘non sopporto che sia tu a decidere quanto io debba ricevere’). Quasi un retrogusto sadico.

Per chi offre, decidere ‘quanto’ proporre ha gli stessi meccanismi. In linea teorica, offrire il 50% della somma dovrebbe garantire un equo accordo: ‘facciamo a metà’ dovrebbe mettere a tacere qualsiasi discussione. Ma gli esperimenti hanno dimostrato che, seppure tendenzialmente questa è la soluzione più scelta, ve ne sono altre che hanno raggiunto buone percentuali nei test complessivi. Per esempio gli esperimenti condotti tra le popolazioni asiatiche e sudamericane hanno mostrato che il ricevente è propenso ad accettare anche somme vicino ai 30 euro, mentre nelle popolazioni occidentali l’accordo si chiude quasi sempre intorno alla parità. Più rari i casi di accordo in cui chi ha i 100 euro ne offre più di 50. In fondo se offrissero 51 euro, tenendone per sé 49, la differenza sarebbe esigua ma avrebbe il vantaggio di essere praticamente certo di chiudere l’accordo. Ma non lo fa perché lo considera un accordo ‘ingiusto’: in fondo, dice l’offerente, i soldi sono stati dati a me. La rilevata differenza tra le diverse popolazioni del mondo induce a pensare che in molte scelte economiche è essenziale e determinante il retaggio culturale, sociale e storico delle stesse, relegando a minoritarie le valutazioni oggettive basate sulla matematica e la statistica. E voi, che fareste?

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