Elettrocarbonium, tutti contro tutti

Terni, lo sciopero prosegue fino a giovedì: forti tensioni tra lavoratori e sindacati. L’azienda minaccia: «Libri in tribunale»

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Santirosi, Formica, Di Lecce e Framarini

Santirosi, Formica, Di Lecce e Framarini

La procedura è stata avviata, l’Elettrocarbonium ha dato il via all’iter che dovrebbe portare al licenziamento collettivo di tutto il personale: 51 unità in totale fra operai (31), impiegati (17) e dirigenti (3). La comunicazione è stata fatta ai sindacati di categoria giovedì mattina dall’avvocato Maurizio Pesenti, per conto dell’azienda. Però è blocco sull’accordo e la deadline si sposta a giovedì 14: «Pagamento del mese di febbraio e disponibilità a trattare sulle mensilità di marzo e febbraio entro giovedì, altrimenti non cambia nulla», l’esito dell’assemblea di giovedì pomeriggio. A tratti un tutti contro tutti.

‘Niet’ Alla richiesta dei sindacati – riconoscimento di quattro mensilità di buonuscita per i lavoratori – l’azienda ha risposto chiedendo lo sblocco delle portinerie. Un muro contro muro che porterà alla prosecuzione dello sciopero per almeno un’altra settimana, fino a giovedì 14 aprile. Per le sigle, la ‘missione’ dell’avvocato dell’Elettrocarbonium – privo di qualsiasi delega a trattare la buonuscita – era orientata al solo sblocco delle portinerie. In pratica quello che viene definito – da Marianna Formica della Filctem Cgil – «un ricatto attuato sotto la minaccia di portare i libri in tribunale. E noi a questo livello non scendiamo e non intendiamo sottostare ad alcun ricatto».

I lavoratori prima dell'assemblea

I lavoratori prima dell’assemblea

Richieste non congrue Da parte di Elettrocarbonium la posizione è altrettanto chiara: «Le richieste dei sindacati non sono state ritenute congrue». Stop.

Stand-by Dopo oltre un’ora e trenta di accesa discussione – non sono mancati momenti di tensione tra i sindacati e i loro rappresentanti, ma anche più di qualche lavoratore ha fatto la ‘voce grossa’ – la decisione è stata quella di attendere giovedì: la priorità è il pagamento degli stipendi di febbraio (più i trattamenti assicurativi e sanitari) e la discussione dei tempi tecnici per marzo e aprile, senza un’apertura su quel frangente non si smuove nulla. E di conseguenza verrà chiesta – ancora – la disponibilità a Elettrocarbonium di poter lavorare sull’accordo. Se i lavoratori non vedono i soldi, lo sblocco della portineria e la possibilità di portar fuori il materiale all’interno non ci sarà. «Che fine ha fatto quel milione e 22 mila euro ricevuti di recente? Perché non li usano per pagare febbraio? Giovedì mattina Pesenti si è presentato senza nulla» ha tuonato Luciano Santirosi.

Il ricatto spiegato dalla Formica si basa sul fatto che «non ci hanno dato nessuna garanzia sul pagamento delle buonuscite, nemmeno in caso di rientro di alcune persone; ci hanno chiesto di firmare una cosa ‘in bianco’ di fatto e non è accettabile. Pesenti ha dato zero disponbilità sulle mensilità arretrate, vogliono solo il materiale. E ci hanno minacciato che, in caso di rientro completo dei lavoratori, sono pronti a portare i libri in tribunale per procedere con il fallimento. Non ci stiamo».

sgl elettrocarbonium 91

L’assemblea in svolgimento

Furibondi Un paio di lavoratori a questo punto non hanno atteso la fine del discorso e hanno attaccato: «Che lo faccia – riferito alla minaccia del fallimento – allora, vediamo se lo fa davvero. Ormai la situazione è disperata. Lunedì tutti dentro». Poi uno scambio acceso con Fabrizio Framarini della Femca-Cisl, che aveva proposto di tentare di «scardinare» la situazione facendo entrare a rotazione tre-quattro persone per lavorare sui materiali in uscita e poter chiedere la cassa integrazione in deroga alla Regione: «Basta fare favori a Monachino, lo dobbiamo mettere alle corde. È tempo di chiudere questa farsa», la replica immediata. E alla fine hanno ‘vinto’ loro, con Framarini non concorde con la decisione assunta dall’assemblea: «E se poi non porta i libri in tribunale cosa abbiamo risolto? Niente, da punto a capo», le ultime parole prima di lasciare l’assemblea. C’è spaccatura – sponda sindacale – e rabbia, lato lavoratori.

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