Asili in Umbria, Cgil: «Diritti, non per tutti»

«Nella nostra regione abbiamo una situazione a macchia di leopardo per quanto riguarda i servizi pubblici per l’infanzia»

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di Vanda Scarpelli
Segretaria della Fp Cgil Umbria

Si è da poco celebrata la giornata mondiale dell’infanzia e per questo riteniamo opportuno ricordare che in Italia cresce la povertà tra i minori e contemporaneamente diminuiscono le risorse per i servizi dell’infanzia.

Oltre 900 mila bambini, quelli compresi nella fascia tra sei mesi e due anni, sono esclusi dagli asili nido, in parte per scelta delle famiglie, ma, soprattutto, per l’impossibilità di accedervi, tra una scarsa offerta pubblica e l’esosa richiesta privata.

Emerge dunque un bacino enorme di bambini esclusi dal “diritto d’asilo” e “condannati, allo stato dei fatti, ad esserlo ancora a lungo”. La legge di Stabilità, infatti, non prevede alcuna risorsa per finanziare il progetto, previsto dalla legge cosiddetta ‘buona scuola’, di fare dello 0-3 non più un servizio a domanda individuale, ma un diritto universale, equiparandolo alla scuola d’infanzia.

E l’Umbria? Nella nostra regione abbiamo una situazione a macchia di leopardo per quanto riguarda i servizi pubblici per l’infanzia. Alcuni territori non hanno più da tempo nidi pubblici (Comune di Orvieto e limitrofi), in altri i servizi privati continuano in parte a sostituirsi a quelli pubblici (Comune di Spoleto, ma anche Comuni di Magione, Corciano, Deruta e Bettona), infine, ci sono alcuni Comuni, tra cui quello di Perugia, nei quali i servizi “resistono”, mantenendo asili nido pubblici con professionalità ed esperienza, che rappresentano eccellenze in tutto il territorio nazionale, ma che faticano a sostenere quella qualità a causa di risorse inadeguate e carenze organiche sempre più evidenti, a fronte di un fisiologico invecchiamento del personale.

Va poi ricordata la vicenda della Scuola dell’infanzia S.Croce, una eccellenza storica nella città di Perugia, oggi a rischio chiusura per mancato finanziamento. Una scuola che non può e non deve chiudere e per la quale servono sinergie nuove, scelte urgenti che non facciano disperdere un patrimonio di professionalità, di saperi e di storia.

In controtendenza vanno invece evidenziate le scelte fatte dai Comuni di Foligno e di Città di Castello, che hanno deciso di investire su questo settore, centrale per la vita del bambino e delle donne.

Nel Comune di Terni, a causa probabilmente della crisi economica, non ci sono problemi di esclusione per i bambini dal “diritto di asilo”, ma al contrario si registrano posti vacanti negli asili nido con un’offerta che supera la domanda.

Come Fp Cgil abbiamo chiesto con forza la continuità di due servizi quali Casa di Alice e Pollicino, due scuole per le quali siamo riusciti ad ottenere un impegno dell’amministrazione sul quale continueremo a vigilare con attenzione. Il blocco delle assunzioni previsto per il Comune di Terni (definito “cattivo pagatore”) e le minori risorse hanno generato per quest’anno la riduzione dell’orario di apertura di due sezioni di scuola materna e la chiusura di una sezione di asilo nido, oltre alla chiusura di una sezione “ponte”. Difficoltà si registrano anche per la gestione pubblica delle mense negli asili.

Criticità si registrano infine anche nel Comune di Amelia, che da tempo non provvede più al turnover del personale, compromettendo la garanzia di continuità del servizio a gestione pubblica.

La Regione dell’Umbria ha prodotto nel 2005 una legge che continua ad essere ampiamente disattesa, manca una reale governance del sistema a livello regionale che garantisca omogeneità di servizi e condizioni di lavoro. E’ necessario rivisitare quella legge e verificare quali sono gli obiettivi raggiunti, anche in termini di salari e condizioni di lavoro di lavoratori pubblici e privati. Per questo lanciamo l’ipotesi di un contratto di filiera che ricomponga le condizioni del lavoro.

Riteniamo inoltre che la figura del coordinatore/trice pedagogica non può che essere dipendente pubblica con contratto pubblico, perché tale figura riveste ruolo non solo di garante della funzionalità del servizio, ma anche del controllo della qualità del servizio.

La sfida insomma è quella di mantenere l’efficienza dei servizi educativi nella nostra Regione, di parificare le condizioni di lavoro tra pubblico e privato e di garantire una regia tutta pubblica in un servizio fondamentale per la crescita dei bimbi.

 

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