Imprese in centro, giù Perugia e Terni

Indagine Confcommercio sul periodo 2008-2018: -30% nel capoluogo regionale, nel ternano decremento più contenuto

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Da 420 a 290 nel centro storico di Perugia, da 378 a 339 in quello di Terni. Questo il calo registrato dal 2008 al 2018 per quel che concerne il numero delle imprese: a fotografare la situazione del trend negativo è Confcommercio Umbria grazie all’analisi riguardante tredici categoria merceologiche come alimentari, farmacie, rivendite tabacchi, carburanti, computer, telefonia, libri, giocattoli, tessili, abbigliamento, ferramenta, mobili e commercio ambulante.

A Perugia

Come detto nel capoluogo di regione il decremento è stato di 130 imprese nell’arco di dieci anni, mentre a livello di settore alberghi, bar e ristoranti si è passati dalle 255 del 2008 alle 218 del 2018.  Fuori dal centro invece il comparto ricettività-pubblici esercizi fa registrare un significativo aumento negli ultimi 10 anni (509 imprese nel 2008, 587 nel 2018, spicca il +77 unità di bar e ristoranti). Saldo negativo invece per il commercio, seppur in termini contenuti (1221 unità nel 2008, 1206 nel 2018).

Terni

Riduzione più ridotta per il centro (39 unità in meno in dieci anni). Fuori invece il numero è passato da 964 del 2008 alle 848 nel 2018. «Anche nel ternano decisamente – sottolinea Confcommercio – più in salute il comparto alberghi, bar, ristoranti. La situazione è pressoché stabile nell’ultimo decennio nel centro storico (143 imprese nel 2008, 140 nel 2018) e in leggera crescita fuori dal centro storico (315 imprese nel 2008, 338 nel 2018). A livello di merceologie crescono i negozi di tecnologia, le farmacie, i negozi di computer e telefonia, calano invece i negozi tradizionali e gli impianti di carburante. La situazione di sofferenza dei centri storici e di depauperamento imprenditoriale che vivono i capoluoghi umbri, a parte alcune eccezioni virtuose, è generalizzata a livello nazionale».

«Città indebolite»

Confcommercio evidenza come l’analisi «metta in luce come le nostre città appaiono indebolite da una serie concomitante di fattori. La contrazione dei consumi reali; le proprie problematiche specifiche, pensiamo al problema accessibilità; le grandi modificazioni in atto, ad esempio e-commerce e digitalizzazione. Il 70-80% della riduzione dei negozi dei centri storici è infatti dovuto a razionalizzazione e scelte relative a scarsa redditività e competizione con e-commerce, centri commerciali, parchi e outlet. Commercio e turismo rimangono peraltro strategici per riqualificare i centri urbani e scongiurare il rischio di desertificazione commerciale. Per la nostra organizzazione, la rivitalizzazione dei centri storici è da sempre un impegno ed obiettivo prioritari. Ne è esempio il protocollo d’intesa sottoscritto nel 2015 con l’Anci Umbria, per far rinascere le città e le aree urbane della regione, e il lavoro sui Ccn, progetto che non ha dato, per molte ragioni, i risultati attesi. Abbiamo molto premuto anche perché nella realizzazione dell’Agenda urbana regionale i Comuni riconoscessero alle imprese del terziario, oltre a quella economica, la funzione insostituibile di integrazione sociale e di servizio alla comunità. Le città sono i luoghi del futuro e ciò rappresenta una sfida per tutti coloro che vi operano. Un terziario innovativo in grado di rafforzare i settori del commercio e del turismo in un contesto urbano sempre più caratterizzato dall’economia dei servizi, consente di trasformare le città in luoghi di ideazione di nuovi prodotti e servizi e non solo di consumo. Città più belle e attrattive danno sicurezza e fiducia e costituiscono un grande valore sociale ed economico per i nostri territori».

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