Imprese in Umbria, commercio in affanno

Dati Unioncamere Umbria aggiornati al II° trimestre 2018: buoni segnali da imprese manifatturiere, tessili, elettriche e chimiche

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Buoni segnali per le imprese manifatturiere, tessili, elettriche, chimiche e dei metalli. Meno per le imprese artigiane e del legno, non bene il commercio: questa, in estrema sintesi, la fotografia dell’indagine Unioncamere Umbria sul secondo trimestre 2018.

L’INDAGINE COMPLETA, IL DOCUMENTO E I GRAFICI

I dati

Giorgio Mencaroni

Al netto del saldo tra iscrizioni e cessazioni, al secondo trimestre 12018 risultano in Umbria 1298 nuove iscrizioni: la variazione – rispetto allo stesso periodo del 2017 – fa segnare un -6,7%. «L’elemento instabile delle nuove iscrizioni è migliorato – specifica Unioncamere – dalla diminuzione delle cancellazioni (6,1%), delle entrate in scioglimento (-15,1%) e dei fallimenti (-47,2%)». Il dato negativo sulle aperture vede in particolar modo il calo delle imprese partecipate o guidate da ‘under’ 35 (-3,1%) e dalle imprese in maggioranza guidata da stranieri (-5,4%); positivo invece quello legato alle donne (+7,5%). In Umbria l’apertura di nuove unità locali supera in valore assoluto il numero delle chiusure (490 contro 302), anche se la variazione dal primo trimestre del 2017 rispetto al 2018 mostra un aumento delle aperture e una diminuzione delle chiusure (+9,1% e -3,5%). Le nuove aperture, così come le chiusure delle unità, riguardano soprattutto la stessa provincia: 62% e 65% del totale. «L’indagine sul secondo trimestre del 2018 mostra come, dopo un inizio anno con valori più contenuti pur se positivi, i risultati a metà anno sembrano evidenziare un andamento migliore». Il commercio? Continua l’affanno, le criticità sembrano comunque concentrarsi maggiormente nel confronto con il secondo trimestre del 2017, eccetto che per i prezzi di vendita che sono invece in crescita (in linea con i risultati della passata indagine). Valori negativi che accumunano tanto il commercio al dettaglio che gli ipermercati».

Il bilancio

«Il 2018 mostra – spiega Giorgio Mencaroni, presidente di Unioncamere Umbria – nel bilancio di metà anno dei buoni segnali di ripresa, anche se sono principalmente legati al manifatturiero, ed evidenziano invece, per il commercio una crisi che stenta a vedere la luce. Da parte sua il sistema camerale continuerà nell’impegno primario e fondamentale di supporto alle imprese per far sì che i segnali di oggi diventino le conferme di domani. Rafforzare la fiducia degli imprenditori con segnali chiari e aiuti concreti per far si che siano sempre meno i segnali di incertezza che ancora permangono». Il primo trimestre del 2018 conta un campione di 51.737 imprese attive. «Queste imprese – specifica Unioncamere Umbria – hanno registrato un miglioramento occupazionale (+2,1%) notevole se raffrontato con quello osservato a livello nazionale (+2,7%, su un campione di circa 3,36 milioni di imprese). È interessante notare come la crescita occupazionale sia frenata dalla diminuzione dell’occupazione tra le imprese con meno di 9 addetti. Al contrario le imprese con più di 250 addetti lasciano registrare un aumento del 2,1% degli addetti rispetto al primo trimestre del 2017».

Il Roi

Dall’analisi dei dati economici, si deduce come il valore di produzione delle imprese sul territorio umbro, compresenti negli ultimi tre anni, è pari a circa 4,6 miliardi di euro. «Il 47,6% del valore della produzione – il risultato dell’indagine –  viene creato dal settore delle manifatture. Da menzionare come le imprese umbre di dimensioni ‘micro’, che ammontano al 77,6% del totale, creano solo il 16,8% del valore di produzione, mentre le ‘grandi’ imprese, che rappresentano solo l’1% del totale delle imprese producono il 31% del valore produttivo. L’analisi degli indici di bilancio delle società in utile evidenzia come il comparto manifatturiero si presenta come settore di punta realizzando un Roi del 5,7%. Sopra la media si attesta il Roi per il settore dei trasporti (4,6%)».

I settori

«L’analisi per settore – conclude Uniocamere Umbria – mostra che l’andamento migliore è quello delle industrie tessili che registrano solo variazioni positive, seguono le industrie elettriche, le industrie chimiche e le industrie dei metalli; le variazioni negative più numerose invece attengono alle industrie alimentari e alle industrie del legno. A livello dimensionale le performance migliori sono quelle delle piccole imprese (tra i 10 e i 49 addetti) che segnano solo valori positivi, seguono le medio-grandi (oltre i 50 addetti) e le micro (da 0 a 9 addetti): pochi i valori negativi e comunque tutti nel confronto col trimestre precedente, a parte per l’occupazione delle micro imprese che ha segno meno sia nel confronto congiunturale che tendenziale. Dall’indagine risultano positivi tutti gli indicatori, sia nel confronto tendenziale che congiunturale: unico valore inferiore allo zero è quello relativo agli ordinativi interni rispetto al trimestre precedente che segnano un -0,2% e l’occupazione rispetto al II trimestre del 2017 che resta invariata. Bene le imprese non artigiane ma anche le artigiane hanno quasi sempre valori positivi, con il valore peggiore registrato nel fatturato estero – rispetto al trimestre precedente – di un -10,1% (che ricalca l’andamento della scorsa indagine congiunturale dove il valore era stato di -10,5%)».

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