Perugia blindata per il corteo antifascista

Manifestazione controllata a vista quella di domenica lungo le vie dell’Acropoli. Intanto non si placano le polemiche sui fatti di Ponte Felcino

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‘Fischia il vento e infuria la bufera…’, in tutto i sensi: Perugia blindata (e imbiancata) per la manifestazione antifascista lanciata dal movimento ‘Perugia antifascista’ dopo i fatti di Ponte Felcino, per i quale risultano indagati due attivisti di Potere al Popolo e tre di Casapound.

IL CORTEO ANTIFASCISTA A PERUGIA – VIDEO

Il corteo composto da circa 300 persone, colorato da fumogeni, striscioni e bandiere e guardato a vista dalle forze dell’ordine, è partito intorno alle 15 di domenica pomeriggio da piazzale del Bove, per poi raggiungere piazza IV Novembre. La questura di Perugia ha attuato specifici servizi di controllo per prevenire qualsiasi problema di ordine pubblico, visto anche quanto avvenuto recentemente in altre città in occasione di cortei politici.

LE FOTO DEL CORTEO ANTIFA DI PERUGIA

«Solidarietà agli aggrediti» Presenti alla manifestazione i centri sociali ma anche rappresentanti Anpi, attivisti Lgbti – come sempre colorati – ed esponenti di movimenti politici. Non appare invece casuale l’assenza di esponenti di rilievo del Pd. Domina il colore rosso, insieme al bianco della neve che cade fitta su Perugia sin dalla tarda mattinata di domenica. Andrea Ferroni di Potere al Popolo dal megafono ha espresso solidarietà «ai due attivisti aggrediti da quelli di CasaPound», in relazione ai fatti avvenuti a Ponte Felcino la sera dello scorso 21 febbraio. «Le organizzazioni fasciste – ha detto Ferroni – vanno sciolte perché sono anticostituzionali: lo Stato deve farsene carico, invece è sempre pronto a manganellare chi protesta per un posto di lavoro e chi vuole difendere la scuola pubblica».

Note ‘stonate’ Il sottofondo musicale è quello classico dei cortei di sinistra, a partire da ‘Bella Ciao’. Piccoli momenti di tensione si sono registrati alla partenza con l’esplosione di diversi petardi lanciati da alcuni manifestanti. Ingoiano amaro gli agenti presenti, che seguono e precedono il corteo per evitare scontri, il coro ‘odio la polizia’ cantato da una parte dei presenti. Lanciato anche lo slogan «se crollano le scuole, se sei disoccupato, la colpa è del potere e non dell’immigrato».

Ancora polemiche Sui fatti di Ponte Felcino, dove oltre alle denunce reciproche sono in corso indagini di procura di Perugia e polizia di Stato, interviene nuovamente CasaPound per ribadire la propria versione: «Non c’è stato coltello, i referti parlano di lacerocontusioni (graffi) procurati con oggetto a punta non meglio definito. Le testimonianze (ritenute più che attendibili dalla procura) confermano che ad arrivare prima siano stati i militanti di CasaPound intenti ad affiggere i loro manifesti (come legge consente) e che poi sia arrivata una macchina da cui sia scesa gente con delle mazze. Al momento dell’arrivo della volante, gli unici manifesti trovati con colla fresca sono esclusivamente quelli di CasaPound Italia, dato analizzato e confermato dalla Scientifica. È scaturita una colluttazione tra i due gruppi; i militanti di CasaPound – incensurati – si sono difesi e hanno respinto l’attacco».

«Fantasiose ricostruzioni» In serata ecco la risposta di Potere al Popolo Perugia: «Siamo di nuovo costretti a dover sottrarre del tempo prezioso al nostro impegno politico per porre fine alla gazzarra mediatica scatenatasi intorno ai fatti di Ponte Felcino. Le fantasiose ricostruzioni emerse in questi giorni, dai video inesistenti alle ferite autoinflitte, servono solo a creare confusione. Per noi di Potere al Popolo rimane gravissimo l’atto vile e criminale dell’accoltellamento di un nostro compagno. Restano sul suo corpo i segni di tale atto che abbiamo visto con i nostri occhi a poche ore dall’accaduto e di cui esistono referti medici che certificano l’utilizzo di un’arma da taglio. Ciò su cui vorremmo far riflettere è la credibilità da poter accordare a chi si muove per le strade delle nostre città armato, propagandando odio e discriminazione. Ci auspichiamo una rapida chiusura delle indagini da parte della magistratura, al fine di stoppare le infamità contro i nostri compagni e contro la nostra organizzazione. A differenza di chi riempie le pagine dei giornali con calunnie strategiche, tutte le prove che avevamo in mano sono state consegnate agli organi preposti alle indagini. Siamo convinti che questo crescente clima d’odio, che avvelena la vita pubblica, sia il frutto di un lungo processo di sdoganamento culturale e politico di organizzazioni neofasciste, che ha trovato il silenzio complice delle istituzioni democratiche».

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