Perugia, Capanne è una polveriera

Nel giro di 48 ore due manifestazioni di protesta davanti al carcere dopo le aggressioni e le rivolte degli ultimi giorni. Pesanti critiche al responsabile del dipartimento Umbria-Toscana

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Non che andasse tutto bene nemmeno prima: le lamentele degli agenti sulle condizioni del carcere perugino di Capanne non sono roba delle ultime settimane, ma sono cominciate quando è cominciata la sorveglianza dinamica; quella modalità che prevede celle aperte e un agente che monitora il corridoio. Negli ultimi tempi però le cose sono peggiorate. E i sindacati individuano alcune cause preponderanti: la scarsa dotazione organica, l’aumento della popolazione carceraria, in particolare di nazionalità straniera, e appunto la sorveglianza dinamica. Ma c’è una origine al divampare delle polemiche: l’accorpamento di Umbria e Toscana nella gestione degli istituti di pena, che avrebbe fatto diventare – questa è la versione dei sindacati – Perugia come la ‘discarica’ di Firenze (pur ricordandoci che parliamo sempre di essere umani). Le ultime aggressioni hanno segnato un punto di non ritorno.

Donna agente aggredita a Capanne

Numeri da brividi e problemi logistici

Politici e sindacalisti in questi giorni si sono dati appuntamento all’esterno del carcere perugino, per far sentire la loro presenza agli agenti e denunciare le condizioni del penitenziario, diventato una polveriera con i suoi circa 380 detenuti («per il 70 per cento stranieri, molti dei quali con problemi psichiatrici», hanno denunciato i parlamentari Prisco e Zaffini, in visita sabato) e gli appena 226 agenti, che a stento riescono a coprire i tre turni da otto ore. A ciò si aggiungono problemi igienico-sanitari e logistici, come ad esempio (lo denunciano gli agenti) la presenza di una ventina di celle con serrature difettose.

«Servono uomini e mezzi»

Hanno preso posizione sul tema anche esponenti del Partito Democratico (Verini ha chiesto l’intervento del ministro Bonafede), mentre quelli della Lega erano presenti sul posto con l’Osapp, sindacato della polizia penitenziaria: insieme ai sindacalisti e alla direttrice del carcere Bernardina Di Mario, c’erano Augusto Marchetti e Luca Briziarelli, oltre ai consiglieri comunali Mencaglia (Fratelli D’Italia) e Valigi (Lega). Denunciate aggressioni, avvenute sia al reparto maschile, incendi di materassi all’interno delle celle, una rivolta poi sedata. «Problemi che devono essere affrontati dagli organi competenti, dal provveditorato regionale della Toscana e dal dipartimento dell’amministrazione penitenziaria», chiedono i sindacati

«Direttrice provveditorato non sa di cosa parla»

Forti critiche nei confronti della direttrice del provveditorato regionale, Angela Venezia (che aveva parlato di una situazione sostanzialmente sotto controllo; ndr): «L’Osapp chiede a Venezia se è cosa normale che due detenuti sequestrino un agente con una lama alla gola (27 agosto), se è normale schiaffeggiare un’agente donna al reparto femminile (29 agosto), o rompere una cella (30 agosto), minacciando gli agenti con i cocci del water. Il 31 agosto un detenuto si è suicidato e sempre nello stesso giorno è stata sedata una violenta rivolta, in cui 10 agenti sono rimasti feriti, con contusioni vari. Tutti refertati con da 3 a 10 giorni di prognosi con. Se così fosse io vorrei capire come Osapp cosa sono per lei gli eventi eccezionali». Una posizione sostanzialmente simile a quella del Sappe, altro sindacato della polizia penitenziaria, che per mercoledì ha indetto una ispezione, seguita da conferenza stampa.

La visita dei parlamentari Pd

I parlamentari dem umbri Walter Verini e Nadia Ginetti hanno incontrato lunedì mattina la direttrice del carcere di Perugia Bernardina di Mario, insieme ai comandanti Brillo e Tosoni e ad alcuni agenti di polizia penitenziaria. «Abbiamo sentito il dovere – sottolineano Verini e Ginetti – di assicurare la nostra vicinanza e il nostro sostegno a tutti coloro che operano in un’istituzione modello come il carcere di Perugia dopo eventi che evidentemente hanno colpito e scosso; e insieme di mobilitarci, mettendo in pratica quanto è nelle nostre competenze e possibilità, per risolvere le criticità. Abbiamo registrato la grande professionalità con la quale in queste ore si sono governati momenti drammatici di emergenza. Ora, però, pensiamo ci sia bisogno urgente di assumere provvedimenti immediati, come abbiamo già avuto modo di segnalare direttamente al ministro Bonafede nelle ore passate e che torniamo a sottolineare. Su tutti la garanzia di un organico effettivo e operativo, perché non basta fare la pianta organica se poi questa rimane sulla carta e il personale non c’è o non è messo nelle condizioni di svolgere al meglio le proprie funzioni. Abbiamo chiesto, poi, che il carcere di Perugia non sia un luogo di compensazione rispetto alle difficoltà di altri istituti, con il rischio di concentrare detenuti difficilmente gestibili. Servono, quindi, maggiori risorse dal provveditorato per far lavorare e formare i detenuti, perché più lavoro e più formazione per i detenuti significano non solo un clima più sereno nelle carceri, ma soprattutto meno tendenza a tornare a delinquere e una società più sicura. Abbiamo chiesto, infine, di attuare da subito i protocolli regionali per l’assistenza e la prevenzione psichiatrica. Siamo convinti – concludono i due parlamentari – che al di là della chiusura positiva dei gravi eventi dei giorni scorsi, sia necessario praticare nel migliore dei modi possibili e con tutti gli strumenti a disposizione l’articolo 27 della Costituzione, che individua nel carcere un istituto di pena ma anche e soprattutto di rieducazione. Gli impegni in questo senso messi in essere negli anni in cui siamo stati al governo sono stati completamente disattesi e minati negli ultimi 14 mesi dall’ormai ex ministro ‘dell’insicurezza’ Salvini: sminuire il ruolo rieducativo delle carceri e dire ‘buttiamo via la chiave’ significa rendere la società più insicura e il paese più incivile».

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