Rogo Tk-Ast, manager tedeschi sempre liberi

‘Le Iene’ ad Essen per capire come mai Gerald Priegnitz ed Harald Espenhahn non stiano scontando la pena stabilita per la tragedia di Torino. Totale incertezza sui tempi

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I quattro manager italiani – fra cui i ternani Marco Pucci e Daniele Moroni – stanno scontando la loro pena in Italia, ma quelli tedeschi sono ancora a piede libero in Germania. A riportare l’attenzione sugli sviluppi post-Cassazione del processo per le sette morti del rogo di Torino – Linea 5 Tk-Ast, nella notte fra il 5 e il 6 dicembre del 2007 – sono state ‘Le Iene’ che, attraverso Alessandro Politi, sono andate a scovare Gerald Priegnitz ad Essen, ‘beccandolo’ mentre stava facendo footing nei pressi della sue abitazione. Condannato in via definitiva dalla giustizia italiana a 6 anni e 10 mesi di reclusione, il manager tedesco, insieme ad Harald Espenhahn (ex ad di ThyssenKrupp, condannato a 9 anni ed 8 mesi di reclusione), non ha ancora fatto un giorno di carcere.

Solo incertezze Incalzato da Politi, Priegnitz è riuscito solo a dire – salvo un ‘fuck’ finale – che è «estremamente dispiaciuto per le famiglie delle vittime». Più interessante quanto affermato a telecamera nascosta dal presidente del tribunale di Essen, Karl-Heinz Volesky, a cui le autorità italiane invieranno a breve, di nuovo, le carte del procedimento, reiterando la richiesta di dare esecuzione alla pena stabilita dalla giustizia italiana: «Non ci sono tempi prefissati né regole stabilite per prendere la decisione. I tempi possono essere di uno, due mesi ma, come in questo caso, anche di anni». Quando si dice ‘certezza’ della pena.

Testimonianze In apertura di servizio, il racconto di quella drammatica notte nelle parole di Antonio Boccuzzi, l’unico superstite della ‘squadra’ di operai, e dei familiari delle vittime. Dettagli terribili su una vicenda che in nove anni i tribunali hanno sancito essere dipesa in larga parte dalla scarsa attenzione da parte di Tk-Ast rispetto alle misure sicurezza minime necessarie per evitare incendi come quello poi trasformatosi in tragedia a Torino.

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