Stop Electroterni: «È dramma sociale»

Licenziamenti in arrivo per i 16 dipendenti di viale Centurini. Ma rischia anche via Flagiello. Sindacati: «Istituzioni e città si mobilitino»

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Per ora gli impianti di viale Centurini, poi – forse – quelli di via Flagiello, sempre a Terni. Per un totale di 31 persone, ad una parte delle quali (fra i 7 e gli 8 lavoratori) l’azienda avrebbe già proposto il trasferimento presso gli stabilimenti del nord Italia o in Marocco («ma è un passo chiaramente strumentale – osservano i sindacati – specie quando si parla di persone di 50/60 anni  cui vengono dati 7 giorni di tempo per decidere»). La famiglia Coppo, al vertice di Electroterni – impresa nata negli anni ’90 grazie ai benefici della legge 181, quando ancora Ast produceva il cosiddetto ‘magnetico’ – vuole lasciare il territorio di Terni. L’intenzione – temuta nonostante le parole dei mesi scorsi – è chiaramente emersa nell’ultimo incontro sigle-proprietà dello scorso 5 aprile, quando faticosamente è stata firmata anche la ‘cassa’ per circa un anno. E ora i sindacati provinciali del metalmeccanici – Fismic, Fiom, Fim e Uilm – si preparano a dare battaglia, «perché il territorio non può sopportare altre perdite di posti di lavoro, non sarebbe comunque in grado di riassorbirli, e perché qui si vogliono solo spostare produzioni da Terni al nord. Tipico di chi, più che un imprenditore, si sta sempre più dimostrando un ‘prenditore’».

«Solo il primo passo»

Le 16 persone – 14 operai e 2 impiegati – dell’impianto di viale Centurini verranno messe alla porta, con l’ufficialità delle procedure di licenziamento che potrebbe giungere nel prossimo incontro con l’azienda, il 14 maggio in Confindustria. Così quella dei sindacati è anche una corsa contro il tempo: «La famiglia Coppo – spiega Giovacchino Olimpieri della Fismic – nel tempo ha esternato le proprie difficoltà su Terni ma anche la volontà di superarle. Ora le chiacchiere stanno a zero. Nulla è stato fatto per cercare di mantenere questo presidio produttivo, visto che pure nel 2016 ci si è trovati in una situazione simile. Anzi, ci risulta che, con banali scuse, sia iniziato anche il trasferimento di alcune parti impiantistiche. Il timore è che la stessa sorte possa toccare anche al secondo sito ternano, quello di via Flagiello, dove la proprietà ha iniziato già a mettere le mani avanti. Siamo solo agli inizi e alle istituzioni, tutte, chiediamo un’azione decisa».

Istituzioni «fate qualcosa»

Prossimi step sono gli incontri con il sindaco di Terni (2 maggio), con il prefetto (3 maggio) e il ‘redde rationem’ in Confindustria del 14 maggio, «posto che forse la sola Regione Umbria, al corrente della situazione, può attuare un intervento decisivo». Alle viste, scioperi, presidi, volantinaggi. Insomma, il classico ‘repertorio’ messo in campo per scongiurare una perdita di posti di lavoro che, per Stefano Garzuglia della Fiom, «potrebbe portare al licenziamento, complessivamente, di 31 persone. Tutto ciò mentre negli stabilimenti di Alessandria e Occimiano, con l’azienda che da tempo delocalizza anche in Marocco, si continua a lavorare a pieno ritmo. La volontà è solo quella di portare lì l’intera produzione, di non mantenere nulla a Terni e in Umbria. Dove resterebbero solo crisi sociali e familiari».

«Tutto sulle spalle di chi lavora»

Emilio Trotti della Fim punta il dito contro «le parole vuote della proprietà, che ha sempre parlato di ‘famiglia’ nel riferirsi ai propri lavoratori. Ora invece le carte sono state scoperte. La giustificazione a questa ‘ritirata’ è sempre e solo legata ai ‘costi’. Ma stiamo parlando di quote di mercato che da Terni sono semplicemente destinate a finire altrove, dopo che per anni si è navigato al buio senza un vero progetto. Hanno solo preso tempo, scaricando tutto sulle spalle dei lavoratori».

«Nessun accordo su basi del genere»

«La completa inaffidabilità del gruppo Coppo – afferma Simone Lucchetti della Uilm – è emersa con evidenza, da tempo, attraverso una ‘confusione’ creata ad arte in cui va ricompresa anche la modifica societaria, con trasformazione in Srl, a cui abbiamo dovuto assistere. Di fronte ad una volontà ormai chiara della proprietà, non intendiamo cedere il passo. Siamo del tutto indisponibili a gestire la crisi come vuole l’azienda, quando non c’è mai stata chiarezza né alcuna azione verso un possibile rilancio. Oggi siamo lontanissimi da qualsiasi accordo anche se il nostro obiettivo è quello di far restare queste produzioni a Terni. Ma la base del ragionamento non può essere la delocalizzazione, secca, di attività da qui al nord Italia, dove fra l’altro le produzioni sono in tutto e per tutto analoghe». Un’altra crisi per molti versi ‘figlia’ della perdita della produzione di lamierino magnetico in Ast – si ricorderà la vertenza fra il 2004 e il 2005 -, passo che ancora oggi continua a produrre effetti sociali, economici e produttivi nefasti.

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