Terni, carcere ‘teso’: nuovo botta e risposta

Dopo gli attacchi del Sappe, il direttore Chiara Pellegrini prende carta, penna e replica. Ma il sindacato non ci sta

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La notizia è che sono tornati a parlarsi. Poi, il merito, dice che le posizioni sono talmente distanti da non far presagire ulteriori confronti ‘aperti’. Un comunicato sindacale duro e ‘indigesto’, la replica di un direttore ‘ferito’ ma pronto a tendere di nuovo la mano e una contro-replica che lascia spazio a poche interpretazioni: la direzione del carcere di Terni e il sindacato di polizia penitenziaria Sappe parlano due lingue diverse. E infatti, non a caso, i rapporti sono da tempo ai minimi termini.

Casus belli Nei giorni scorsi il sindacato aveva pesantemente criticato la presentazione di un cd musicale scritto e interpretato dai detenuti, intitolato ‘Il sole non muore’, che si è svolta domenica 20 dicembre all’interno del carcere, «a poche ore dalle ennesime aggressioni di agenti di polizia penitenziaria da parte di un detenuto, di fronte a oltre 140 persone fra ‘interni’ ed ospiti, con la sicurezza garantita soltanto da otto agenti e a fronte di una politica ‘sociale’ da parte della direzione che privilegia i detenuti a discapito degli agenti, quest’ultimi vittime quotidiane di gravi episodi di violenza».

Chiara Pellegrini

Chiara Pellegrini

La risposta Quel comunicato ha fatto balzare sulla sedia il direttore della casa circondariale di Terni, Chiara Pellegrini, che ha preso carta e penna per replicare direttamente al segretario regionale del Sappe, Fabrizio Bonino: «Avrei preferito rivolgermi a lei in veste personale – scrive il direttore – indotta a questo dalle inqualificabili affermazioni alle quali non riesco a dare altra chiave di lettura se non quella di un attacco alla mia persona. Non sono abituata a rispondere agli attacchi. Questa volta, eccezionalmente, lo faccio, non per me ma per il personale, anche quello che indossa la sua stessa divisa, che mi ha chiesto di farlo».

Gli appunti «Premetto anzitutto che l’evento di domenica si colloca all’interno del programma di attività trattamentali per il periodo natalizio concordato in sede di equipe anche con l’area sicurezza – scrive Chiara Pellegrini -. I partecipanti esterni erano tutti regolarmente autorizzati dal magistrato di sorveglianza così com’era stata regolarmente autorizzata dal Dap la partecipazione di detenuti di media e alta sicurezza. Faccio fatica – aggiunge il direttore – a comprendere il nesso che lei stabilisce tra lo svolgimento di quest’attività, rispetto alla quale la partecipazione della città anche nelle sue espressioni istituzionali ha costituito solo un valore aggiunto, e gli episodi puntuali e specifici riguardanti un singolo detenuto già gestiti per ripristinare le condizioni di ordine e sicurezza. E non comprendo il suo disappunto considerato che non mi risulta lei lo abbia espresso rispetto ad altri istituti della regione ove si realizzano eventi ben più impegnativi, basti pensare al bellissimo spettacolo teatrale che si realizza nel carcere di Spoleto iscritto nel cartellone del festival dei Due Mondi».

«Ferita nel profondo» «In questo caso – prosegue il direttore del carcere nella missiva indirizzata al segretario del Sappe – sembra infastidirla il fatto che l’evento sia andato molto bene e senza criticità, tanto da sembrare, come lei dice, una festa. In effetti ha dato gioia a tutti coloro che vi hanno assistito e soddisfazione a coloro che hanno impegnato il loro lavoro per la migliore riuscita dello stesso, compresi i poliziotti penitenziari. La ringrazio di riconoscere la mia vocazione al sociale e ritengo di condividerla con la polizia penitenziaria. Credo infatti che la peculiarità di tale professione consista anche nell’impegno nei confronti di coloro che sono affidati alla nostra custodi, ma anche alla nostra rieducazione e umanità e al nostro sostegno. In fondo quale altra lettura lei darebbe del motto della polizia penitenziaria ‘Despondere spem munus nostrum’ (‘Infondere speranza è il nostro dovere’)? Nel comunicato dice, la cito testualmente, che ‘la direzione se ne frega altamente della polizia penitenziaria’ e che ‘l’evento del 20 dicembre ha voluto festeggiare i 20 giorni di prognosi del poliziotto penitenziario aggredito da un detenuto‘. In realtà delle sue parole solo queste, quando le ho lette, mi hanno ferito. Poi ho pensato che ognuno di noi ha una sua storia che lo protegge e lo sostiene: io ho lavorato in tante carceri (Padova, Monza, Milano Opera, Regina Coeli…), ho conosciuto tanto personale e tanto personale mi ha conosciuto. Questo pensiero è bastato a rasserenarmi».

Comunque ‘auguri’ «Quanto all’assistente colpito – conclude Chiara Pellegrini -, ho avuto modo di parlare con lui lungamente nell’immediatezza dei fatti e nei giorni successivi e sono certa che lui senta profondamente la mia vicinanza e solidarietà. Ci sarebbero ancora tante cose da dire, ma il Natale è ormai alle porte ed è giusto dedicarsi ad esso, nei suoi significati umani, religiosi e familiari». Infine il direttore – visto anche il periodo – sembra tendere la mano al segretario sindacale: «Conosce la storia drammaticamente e meravigliosamente vera dei soldati inglesi e tedeschi che combattevano gli uni contro gli altri al fronte durante la seconda guerra mondiale? Contravvenendo agli ordini dei superiori decisero, la notte di Natale, di festeggiare tutti insieme. Se ce l’hanno fatta loro, credo possiamo farcela anche noi. Buon Natale».

Fabrizio Bonino e Donato Capece

Fabrizio Bonino e Donato Capece

Il Sappe risponde La contro-risposta del segretario del Sappe, Fabrizio Bonino, non si è fatta attendere. E ribadisce, in sostanza, le posizioni già espresse: il sindacato chiede che il direttore venga affidato ‘ad altro incarico’ per «l’ormai conclamata mancanza di fiducia del personale nei suoi confronti». «Sono piacevolmente sorpreso – scrive Bonino – dal fatto che un mio comunicato l’abbia indotta a rompere il suo assordante silenzio per interloquire, in qualche modo, con la nostra organizzazione sindacale. A tal riguardo vorrei innanzitutto chiarire che le mie parole non sono e non saranno mai ‘un attacco alla sua persona’, perché non è mio costume, né del sindacato che rappresento, scendere sul piano personale. Il piano personale non mi interessa, non mi appartiene, non mi gratifica e non mi stimola. Ho tanti e tali interessi nella vita che non avrei nemmeno il tempo di occuparmi di questioni personali. Tant’è che non ne ho mai fatte nemmeno con il suo illustre predecessore e maestro (Francesco Dell’Aira, ndR) nonostante fosse arrivato finanche a chiedere fantomatici risarcimenti per la mia attività sindacale che, anch’egli, riteneva essere costituita di ‘attacchi personali’. Per fortuna vi è una giustizia, in cui credo fermamente, che ha sancito dovesse essere lui a pagare un risarcimento, e non io, riconoscendo con una sentenza che la mia era (ed è) puramente attività sindacale, nel rispetto e nell’interesse legittimo dei miei iscritti».

«Gestione fallimentare» «Ho l’impressione – prosegue il segretario regionale del sindacato di polizia penitenziaria – che sia piuttosto lei a voler portare le sue ‘gravi mancanze’ su un piano personale, per poter così spostare l’attenzione da quello che io definisco, a mio modestissimo parere, il fallimento completo della sua gestione del carcere di Terni. Devo anche portarla, purtroppo, a conoscenza che la gran parte del personale di cui lei pretende di farsi portavoce, ritiene, come me, la sua direzione inefficace, inconcludente e persino pericolosa. Se lei ascoltasse il personale ed i rappresentanti sindacali (quelli ‘veri’, non quelli di comodo), prenderebbe finalmente coscienza del grave malcontento che aleggia all’interno dell’istituto che dirige. Per quel che riguarda le attività trattamentali a cui lei faceva riferimento, non ho assolutamente motivo di dubitare della regolarità delle autorizzazioni, anche se non possiamo dimenticare che le attività ex art. 17 dell’O.P. sono sempre e comunque di iniziativa del direttore. Non a caso, continuo a criticare, ed in maniera molto forte, anche l’amministrazione comunale di Terni che dovrebbe esprimere maggiore vicinanza e solidarietà al personale che prende schiaffi e pugni, rispetto a quella che concede ai detenuti, con tutto il rispetto e la considerazione dovuta a questi ultimi».

«Prima la sicurezza» «Nel corso della mia esperienza sindacale – aggiunge Fabrizio Bonino – ho criticato, eccome, iniziative come quella da lei assunta il 20 dicembre. Le ho criticate ogni qualvolta l’istituto che le adottava metteva a repentaglio la propria sicurezza a favore di canti, balli e spettacoli. Spoleto che lei cita, a mio avviso senza conoscerne la storia, alla fine della precedente direzione, contava feriti e aggrediti tra la polizia penitenziaria quasi quanto Terni oggi. Allora scrissi perfino al magistrato di sorveglianza per chiedere la chiusura di alcuni corsi tipo quello di pugilato. Temo che lei non sappia nemmeno di cosa parla quando cita lo spettacolo teatrale che si tiene al carcere di Spoleto, iscritto nel cartellone degli eventi del festival dei Due Mondi. infatti, in quell’occasione, a fronte della presenza degli ospiti e di meno di dieci detenuti, presidiavano la sala 40-50 unità di polizia penitenziaria a tutela della sicurezza e del corretto svolgimento dell’evento. Lei, e il suo comandante di reparto, avete organizzato invece l’evento del 20 dicembre con 140 persone tra detenuti e ospiti, garantendone la sicurezza con solo otto poliziotti penitenziari. Ma di cosa vogliamo parlare? Solo per questo, dovrebbero sollevare, a mio parere, lei e il suo comandante dall’incarico».

«A Terni serve altro» «Non intendo annoiarla oltremodo – conclude il segretario regionale del Sappe – perché non voglio togliere tempo e spazio ai suoi e ai miei festeggiamenti natalizi, ma mi consenta di dirle, ancora, con la massima sincerità e trasparenza – almeno questa me la riconoscerà – che non condivido il suo modo di lavorare, non condivido la sua totale vocazione al sociale, senza prima aver garantito la sicurezza dei suoi ‘lavoratori’. E non condivido la sua ostinazione a non voler ascoltare le giuste critiche sindacali mosse da quei pochissimi e disinteressati sindacati ‘dissociati’ che non gli mandano lettere di compiacimento che decantano lodi e apprezzano l’operato suo e del comandante. Mi riesce davvero difficile, avendo stima della sua intelligenza, comprendere come possa non accorgersi dell’incolmabile distanza che si è creata tra lei ed il personale. Non le nascondo che auspico che l’amministrazione penitenziaria ritenga di doverla assegnare ad altro e più prestigioso incarico che le dia modo, magari, di mettere a frutto la sua ammirabile, rispettabile ed invidiabile vocazione e propensione al sociale, di cui il mondo e l’intera società avrebbero davvero bisogno. A Terni, invece, sarebbe necessario un direttore che sappia piuttosto contemperare le giuste esigenze di sicurezza a quelle trattamentali e sociali».

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