Terni, case sull’albero: gli oggetti degli artisti

Per raccontare la loro esperienza nelle residenze d’artista hanno allestito il tavolo dell’area lab con chiavi, rosmarino e luci. Ogni cosa simboleggia un evento o un pensiero

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terni-foresta-caos-7di A.V.

Un mazzo di chiavi, dei cartoncini con delle parole, una specie di spada luminosa, una mappa, un faldone e un mazzetto di rosmarino. Sono solo alcuni degli oggetti che occupano il tavolo all’interno dell”hostello delle idee’, al Caos. Adagiati sornioni, sembrano disposti in maniera casuale, lasciati lì a sonnecchiare, disturbati solo dalle grida di qualche bambino che inizia, con i suoi genitori, a sedersi sulle sedie di legno disposte tutt’intorno al tavolo. Silenziosi aspettano il loro momento. In quel silenzio, infatti, si nasconde una storia, anzi cinque storie, cinque avventure. Quelle degli artisti che per dieci giorni hanno vissuto nelle casette sugli alberi costruite sui tigli del viale alberato dell’ex Siri.

terni-foresta-caos-8Il progetto Foresta Il progetto prevedeva l’installazione delle case che popolano la via centrale dell’area d’ingresso del Caos. L’installazione ricrea, attraverso giochi di luce, costruzioni e allestimenti di spazi dedicati all’incontro, l’intricato ecosistema della foresta. Nella progettazione delle case, gli architetti hanno tenuto conto di alcuni parametri fondamentali, come il rispetto e l’incolumità dell’albero, la sicurezza della struttura e l’abitabilità della casa. Ad abitare le case sono stati cinque artisti: Leonardo Delogu, ternano, ideatore del progetto che rientra all’interno del ‘Terni festival 2016’, Michele Di Stefano, milanese ci nascita, ma cittadino romano, Veridiana Zurita e Christophe Meierhans, da Bruelles e Friso Wiersum, dall’Olanda.

LE PAROLE DEL VICESINDACO E LE ESPERIENZE DEGLI ARTISTI – VIDEO

terni-foresta-caos-2Gli oggetti «Vi invitiamo a scoprire che cosa c’è sul tavolo – dice Di Stefano -. È un po’ come quando l’uomo arriva in una foresta ed è costretto a mangiare ciò che trova, scoprendolo a poco a poco». Il primo oggetto scelto dal pubblico è il mazzo di chiavi. Ridendo gli artisti, insieme a Linda Di Pietro, direttore artistico del ‘Terni Festival’, moderatrice dell’evento, si girano verso il pc appoggiato a una delle sedie. In collegamento video, infatti, c’è Friso che ha vissuto l’esperienza in modo un po’ diverso dagli altri. La sua permanenza è iniziata, e finita, prima e ora è tornato in Olanda dalla sua ragazza che curiosa fa capolino ed entra ‘nello schermo’ per sbirciare l’area comune in cui il ragazzo ha passato la maggior parte delle giornate. Ed è proprio il ragazzo a prendere la parola e spiegare: «Sono le chiavi dell’area laboratorio di cui abbiamo fatto molto uso, anche se volevamo vivere il più possibile sugli alberi, a causa della pioggia dei primi giorni». Interviene poi Mariella Stella, membro della giuria che ha scelto i cinque progetti:«Penso che le chiavi siano importanti per l’alchimia che si è venuta a creare tra uomo e natura. Sono il simbolo del processo che c’è stato di ‘fusione’ tra due ‘elementi’ che di solito non vivono a così stretto contatto». Delogu, infatti, non perde l’occasione per spiegare come abbiano vissuto in una dimensione a cavallo tra pubblico e privato perché è capitato spesso che trovassero le casette, quindi il luogo privato, occupato da estranei e quindi il pubblico che sfonda nel privato, ma più in generale l’abitazione temporanea e gli effetti personali, anche se chiusi nell’area lab sono stati catapultati nella dimensione pubblica.

terni-foresta-caos-4La ‘spada laser’ Un bambino non sta nella pelle; non vede l’ora di poter chiedere cos’è quello strano oggetto con le luci verdi che assomiglia tanto a una spada laser. Timido si alza in piedi, trova coraggio, la solleva e chiede:«Cos’è questa?». Delogu tra il divertito e il perplesso risponde:«Diciamo che è la cosa che è venuta peggio. Definiamolo un progetto pilota» e ride. «Avevamo chiesto alle famiglie che abitano il palazzo di fronte se andava loro di partecipare a un gioco. Avrebbero dovuto esporre una luce verde (questa) e una luce rossa sul loro terrazzo, poi noi ogni giorno avremmo posto loro una domanda e loro avrebbero dovuto rispondere si, accendendo la luce verde, e no, accendendo la rossa. Il problema è che delle 50 famiglie che abitano dal lato ‘b’ del palazzo, quindi quello che affaccia sul viale, solo dieci hanno risposto. Abbiamo fatto domande di vario tipo, ad esempio, se pensavano che le case fossero un progetto politico, se in caso di pioggia forte ci avrebbero ospitato o se avevano paura di perdere la loro casa. Anche se non c’è stata una grande risposta, o almeno quella che speravamo, è stato molto bello perché abbiamo organizzato una cena e per la prima volta le persone che vivono lì sono scese e si sono conosciute e confrontate».

terni-foresta-caos-6‘Niente di nuovo’ e faldone Durante le passeggiate che hanno fatto, in zona Polymer, hanno trovato un negozio dell’usato ed è stato molto importante per loro perché hanno potuto capire in una città come Terni cosa si tiene e cosa viene buttato via. Questo è stato un modo per conoscere la città. Ma durante le loro camminate si sono anche imbattuti in una casa abbandonata. Entrati si sono resi conto che è del Comune e si sono messi a curiosare. In una stanza hanno trovato dei faldoni pieni di documenti del Comune. Il faldone esposto sul tavolo si è abbinato perfettamente al tema del festival, infatti, contiene all’interno esposti e lamentele dei cittadini che chiedono di risanare alcune aree degradate. Questo è stato molto importante perché ha permesso loro di capire effettivamente cosa la gente cosindera degrado. Ma all’interno, infiltrati, c’erano anche una poesia erotica e un inizio di poema.

terni-foresta-caos-5‘Climax’ Su un foglietto c’era anche la parola ‘climax’. Delogu ha spiegato che questa è la parola che hanno scelto per il progetto perché è la parola che si una per descrivere la crescita vegetale che da arbusto diventa foresta. E questo è molto importante perché questa foresta si allargherà fino al festival del 2017. Infatti è nato un processo di lavoro che continuerà nel tempo. Fino all’anno prossimo svilupperemo e digeriremo quello che abbiamo pensato in questi dieci giorni, ma ‘partoriremo’ anche altre idee, quindi nuove idee si coniugheranno anche con opere più concrete. Questa foresta deve crescere e non deve più essere un singolo evento del festival, ma deve pervaderlo completamente. Deve essere come un virus che infetta tutta la struttura, la foresta deve diventare il festival stesso. Questo è il progetto per il prossimo anno».

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