Terni: «Ex Camuzzi, patrimonio da curare»

Il Centro studi ‘Malfatti’ si rivolge al Mibact: «Impedire l’abbattimento di manufatti di enorme valore storico»

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Il progetto relativo all’area della ex Camuzzi decisamente non piace al Centro studi ‘Malfatti’ di Terni. Dopo la presa di posizione di Simona Montesi, adesso arriva un’iniziativa molto più decisa. Al Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo è stata inviata la richiesta di avvio del procedimento per la dichiarazione di interesse e salvaguardia dell’area. Eccola qui di seguito.

di Sergio Dotto
Vice presidente vicario
del Centro studi politici e sociali
‘Franco Maria Malfatti’

Avendo appreso dagli organi di stampa della imminente distruzione di tutti gli edifici dell’area ex Camuzzi, rivestendo alcuni di questi un notevole interesse architettonico, storico ed etnoantropologico, ai sensi del D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, artt. 2 e 10, c. 3, 13 e 14, si richiede l’avvio del procedimento per la dichiarazione di interesse culturale per quanto attualmente persiste degli originari impianti del gazometro della città di Terni, area ex Camuzzi, siti in v. Lombardia n. 4, nell’area compresa tra la stessa via e la linea ferroviaria Terni Falconara, beni identificati al catasto fabbricati del Comune di Terni al foglio 109, particelle 266 e 322.

PREMESSA
Dopo la dismissione delle ultime officine del gas, negli ultimi decenni del 900, alcune delle quali presentavano edifici di grande pregio e gasometri molto antichi, le aree di pertinenza di queste sono divenute in alcuni casi zone di degrado, in altri spazi nei quali progettare e realizzare nuova edilizia urbana.

Tanta editoria e tanti convegni sull’argomento gasometri hanno permesso di evidenziare la rilevanza di questi siti ex industriali come testimonianza del periodo della prima industrializzazione. Purtroppo la loro inclusione nel pedissequo dibattito su recupero e valorizzazione è avvenuta quando pochi esemplari ormai sopravvivevano in Italia, pochissimi dei quali per usi originariamente connessi all’utenza domestica, come l’impianto di Terni.

La sorte che sembra ormai scritta per l’area ex Camuzzi di Terni segue un filone ormai consolidato nel capoluogo umbro, tristemente vittima di un sistematico processo di abbandono, degrado e distruzione del patrimonio di archeologia industriale, fino a pochi anni fa ancora copioso e bellissimo.

A nulla è valso alla città di Terni l’essere sede di una delle più importanti associazioni internazionali di archeologia industriale, finanziata con fondi pubblici degli enti locali. Anzi, quegli stessi enti locali che finanziavano le preziose ricerche di quella organizzazione approntano piani regolatori che sistematicamente consentono la distruzione di patrimonio di archeologia industriale.

In altre realtà europee, invece, si registrano interessanti esperienze di conservazione e riuso, come ad esempio a Oberhausen, dove su progetto degli architetti Heinrich Boll e Hans Krabel nel 1994 è stato recuperato un manufatto del diametro di 68 metri, alto 117, poi adibito a spazio espositivo; a Duisburg, il cui gasometro, costruito nel 1920, nel 1993 è stato trasformato in vasca per le immersioni; o a Vienna, certamente uno dei più coraggiosi esempi di recupero della officina del gas più grande d’Europa, nel 1995.

In Italia ha segnato un momento di transizione tra distruzione e riuso, la conservazione del gasometro di Firenze, situato nel margine est del centro storico, costruito nel 1885 circa da una ditta di Lione, ultimo di un sistema di quattro, la cui salvezza è stata possibile grazie alla sua inclusione nell’elenco dei beni ambientali e architettonici.

Il gasometro di Brescia, costruito nel 1932 dalla società Antonio Badoni & C., è stato inserito dal dispositivo Piano Regolatore Generale in una zona di espansione della città, nei pressi di un’area da destinarsi a parco pubblico, il progetto dell’architetto Andrea Viviani ne ha poi garantito un utilizzo a polo culturale.

In Lombardia il più importante recupero di gasometri è quello di Milano, area di Bovisa, nel cui ambito è stata scelta la destinazione dei tre manufatti del gas a centrale di cogenerazione e a Museo del Presente.

VALENZA DI BENE CULTURALE DEGLI IMMOBILI OGGETTO DELLA PRESENTE ISTANZA

Il sito industriale fu contraddistinto dalla presenza di attività eterogenee tra le quali va senz’altro annoverata quella della Società Umbra Prodotti Chimici, costituta il 22 giugno 1925 a Roma, che realizzò il proprio stabilimento investendo circa tre milioni di Lire.

Presidente e amministratore delegato furono l’ingegnere Gustavo Scaloja, già direttore dello stabilimento di Collestatte della Carburo. L’attività ebbe inizio stabilmente nel 1927 con 40 operai e riguardava esclusivamente la produzione di Solfuro di Carbonio per conto terzi, i quali, previa consegna di 105 Kg di Zolfo e di 38 Kg di Carbone, ricevevano in cambio un quintale di Solfuro. La produzione annuale si attestò intorno ai 35.000 quintali l’anno.

Negli anni seguenti la ragione sociale mutò in Viscosa Umbra e in seguito alle proteste dovute all’elevato livello di inquinamento, nel 1936 la produzione fu trasferita presso il nuovo stabilimento di Collestatte, situato nei pressi dello stabilimento del Carburo, demolito nel 1929.

Il gasometro di Terni, costruito nel 1929 dalla Società Anonima Gas Terni, passato poi in proprietà della Società Gas Terni e della Società Nazionale Gazometri, incorporata quest’ultima dalla Camuzzi Gazometri S.p.A., è stato smantellato alla fine del XX secolo, mentre rimangono tre edifici di servizio dell’impianto originario realizzati in
muratura, con lesene in mattoni a vista e dettagli tipici dell’architettura industriale di inizio secolo, ad esempio i cornicioni sopra le finestre, il finto oblò, e le modanature che indicano i piani e le solette.

In particolare, l’edificio, costruito con tamponamenti in mattoni rossi e struttura metallica in parte reticolare, con travatura sempre di metallo, è davvero notevole, tipologicamente raro in Italia e molto simile alle strutture minerarie tedesche degli anni Dieci e Venti del Novecento, tra le quali va annoverata quella di Zollern.

Nell’Europa orientale ci preme segnalare un altro significativo esempio di sito dove è appena stato concluso un recupero conservativo, ovvero la miniera Julia (Kopalnia Julia) di Walbryzch, in Polonia. Qui l’edificio che collega i due pozzi è esattamente in struttura metallica e mattoni intonacati.

Per concludere sono molto interessanti anche le officine del gas di Atene (GAZI), recuperate di recente per essere destinate a spazi culturali, locali, ecc., che presentano molti edifici simili proprio a quelli di Terni.

Ciò che resta dell’originario impianto ternano per la produzione di gas sta per essere demolito per opera della società Camuzzi Costruzioni S.r.l., una immobiliare con sede in Città Sant’Angelo (PE), la quale ha ottenuto le necessarie autorizzazioni dal Comune di Terni, la cui Giunta ha approvato il Piano volumetrico, reclamizzando l’iniziativa come la riqualificazione di un’area in stato di profondo degrado.

A questo punto del procedimento amministrativo relativo all’area di cui trattasi, sarebbe urgente consentire la tutela degli originari edifici dell’inizio del XX secolo, i quali possono bene integrarsi in un contesto di riuso e riqualificazione dell’area, contribuendo alla conservazione dei pochi residui caratteri di centro urbano che si è sviluppato in seguito ai processi di industrializzazione, che ne hanno definitivamente modificato il tratto a partire
dalla fine del XIX secolo.

Diversamente il processo di continua distruzione delle tracce di quello sconvolgente mutamento culturale e urbanistico, che fu l’industrializzazione di un centro urbano fondamentalmente rurale, contribuirà ulteriormente alla omologazione del tessuto cittadino ternano, secondo uno schema fatto di anonimi centri commerciali, edifici stereotipati, quartieri che non saranno più in grado di evidenziare un proprio carattere distintivo, né il proprio processo storico evolutivo.

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