Terni, i summit del PD: «Non è democrazia»

Michele Di Schino della segreteria comunale Dem replica al corsivo di Walter Patalocco e dice la sua sugli incontri fra ‘maggiorenti’

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Il rumoroso silenzio – eccezion fatta per la presa di posizione del senatore Gianluca Rossi – che ha fatto seguito ai corsivi con cui Walter Patalocco ha detto la sua su alcuni passaggi-chiave per la vita politica cittadina e dello stesso Partito Democratico, lo rompe Michele Di Schino, membro della segreteria comunale Dem, con una lettera: «Ti giro – scrive rivolgendosi a Patalocco – alcune riflessioni in merito al ‘summit’ dei maggiorenti del Pd sul quale, anche stimolati dai tuoi interessanti corsivi, nessuna voce mi sembra si sia espressa all’interno del Pd ternano, costringendomi stavolta a farlo per primo, per quanto, come ben sai, preferisco esprimere i miei giudizi in assemblea».

PER DI GIROLAMO L’INUTILE SUMMIT PD – DI WALTER PATALOCCO
CRISI IN COMUNE TRA SERVI E PLAYBACK – DI WALTER PATALOCCO

Michele Di Schino

di Michele Di Schino
Membro dell’assemblea comunale Pd Terni

È vero. In politica, in quella italiana almeno, le cene, gli incontri, le chiacchierate informali in luoghi non deputati allo svolgimento della vita politica di un partito tra maggiorenti, o presunti tali, auto-nominatisi tali o, peggio ancora, auto-illusisi tali, con lo scopo di indirizzare, influenzare, preparare e quindi gestire le decisioni e le deliberazioni del partito, ci sono sempre state e sempre ci saranno.

È una pratica consolidata nel nostro sistema di gestione del potere, secondo la quale chi ricopre posizioni apicali in ambito amministrativo detiene di conseguenza, per motivi ancora da chiarire, il diritto-dovere di assumere decisioni in ambito politico prima che queste vengano discusse nelle sedi, e negli organismi, di cui i partiti si sono dotati a tale scopo. Riducendo tali organismi a meri esecutori delle deliberazioni altrui.

Intendiamoci: cene, incontri, chiacchierate ci sono da sempre nel nostro partito, e non solo, e tutti vi abbiamo partecipato, a differenti livelli. Sono occasioni per decidere una linea comune, una posizione, un modus operandi o semplicemente per parlare di politica (perché c’è ancora qualcuno che ha questa insana voglia…). Inutile dire che non si tratta in questo caso di incontri di maggiorenti, ma più ampi, quelli che un tempo si definivano ‘di corrente’ e che oggi si preferisce chiamare ‘trasversali’ o ‘di gruppo’ (più o meno di amici). Non è il massimo, ma almeno quelli che credono, o pretendono, di assolvere un ruolo politico, si confrontano in tali occasioni con una parte più o meno ampia della propria ‘base’.

Ma all’incontro dei maggiorenti, a quel summit che assomiglia ad un club esclusivo, non ci si arriva per militanza o impegno politico. Far parte o meno del ristretto club non dipende (non del tutto, almeno) da simili parametri. È la politica, direbbe qualcuno, e ci potrebbe anche stare. Ma stavolta è differente. Stavolta si è preteso di far passare come esercizio democratico e buona pratica un qualcosa che di democratico ha ben poco e che come buona pratica lascia non pochi punti oscuri.

Perché non è democrazia, né tanto meno buona pratica, credere di rappresentare il pensiero di un partito politico solamente perché si ricoprono cariche apicali, o ancor peggio perché del club si è sempre fatto parte. L’incontro dei maggiorenti non è una buona pratica e non è democrazia ancor più perché esplicitato, difeso e certificato nelle sue ‘decisioni’ in maniera pubblica, come se fosse un qualcosa di ‘ovvio’ e di ‘normale’, una consuetudine che, per il solo fatto di esistere, diventa cosa buona e giusta.

È al contrario l’esempio dello scollamento definitivo di un gruppo dirigente nei confronti della propria base, del proprio partito e della propria comunità, è l’affermazione impudica di come, secondo alcuni, cosa sia meglio per questa città lo si possa decidere anche in pochi. È, soprattutto, la drammatica inconsapevolezza da parte dei cosiddetti maggiorenti che i giochi, gli schieramenti e i bilanciamenti di potere non possono rappresentare l’unico interesse di questa città. E pone degli interrogativi.

1. Chi sono i maggiorenti? Si risponde con coloro che ricoprono posizioni apicali nel governo della città (e non solo) e di rappresentanza politica a livello nazionale. Ma in buona parte oggi, certo non per loro diretta responsabilità, questi risultano essere tali a seguito di nomina o di inserimento in liste bloccate. Siamo sicuri non esista un livello più alto di legittimazione? O semplicemente differente? Se si tenessero le primarie per i candidati in parlamento e alla Regione, o per il candidato sindaco, siamo sicuri che avremmo sempre lo stesso club?

2. I segretari comunale e provinciale si confrontano con il club prima che con gli organismi di cui sono espressione? Presenti all’incontro, lo hanno di fatto legittimato politicamente, seppur in un probabile silenzio personale nel corso della serata. Hanno ricevuto in tal senso dalle assemblee un mandato specifico? O erano lì a titolo personale? Sono stati invitati o hanno loro stessi convocato il club?

3. Con chi parla di Terni il segretario regionale? Se è andato all’incontro, significa che ritiene il club espressione della linea politica e principale, se non unico, organo di discussione del Pd ternano. Ha ricevuto un mandato dall’assemblea regionale in tal senso? Ritiene che le decisioni politiche del partito ternano vadano prese dal club? Si confronta anche con loro o solo con loro? Che ruolo assegna al Pd ternano nella discussione sulla città? È stato invitato all’incontro o lo ha convocato?

4. Dove avviene la discussione politica nel Pd ternano? Quali sono i luoghi e gli organi legittimi? Verrebbe da rispondere: nell’assemblea comunale, l’unico organismo eletto dagli iscritti e l’unico legittimato alla discussione della linea politica del partito e alla sua definizione. E infatti, dell’assemblea comunale al club non s’è parlato, salvo convocarla per il prossimo lunedì.

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