Terni, il ‘Malfatti’: «Telfer deve sparire»

La provocazione del centro studi: «Nella città dell’acciaio non è possibile restaurarla, sostituendo i pezzi deteriorati»

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di Edoardo Mazzocchi e Sergio Dotto
Presidente e vice presidente del Centro Studi Malfatti

Come da noi sottolineato nei giorni scorsi, non si comprende come mai dopo oltre trenta anni di celebrazioni per ogni tipo di anniversario, anche banale, trenta anni di libri, convegni e video sull’argomento archeologia industriale a Terni e nell’Umbria, arriviamo noi a registrare e sancire il fallimento di quelle che si sono rivelate delle mere intenzioni, delle promesse, delle inaugurazioni, mentre il patrimonio immobiliare, archivistico e strumentale andava progressivamente distrutto, nell’indifferenza generale.

LA TELFER OGGI – LE IMMAGINI

Sia chiaro che ce la stiamo prendendo con chi ha fatto parte delle maggioranze e con chi ha fatto parte delle opposizioni politiche, a titolo di puro esempio non ci pare di ricordare nessuno che si sia opposto quando veniva distrutto lo Jutificio Centurini.

Come mai dopo una legge regionale specifica, quella che porta il nome del suo illuminato estensore, Gianfranco Chiacchieroni, a Terni si persegue con tanto impegno la distruzione della Telfer, continuando a spendere somme veramente importanti in perizie finalizzate allo smantellamento, piuttosto che provvedere al restauro, come suggerito dal soprintendente Gizzi?

I nostri amministratori infatti, che non hanno mai curato la manutenzione di quel manufatto, non hanno nemmeno tenuto in alcun conto il giudizio espresso dall’architetto Gizzi, soprintendente Belle arti e paesaggio dell’Umbria, e avvalendosi del dispositivo dell’articolo 14 quater della legge n. 241/1990 hanno chiesto al consiglio dei ministri di esprimersi in favore della distruzione, stanziando nel frattempo una somma che viene genericamente stimata in meno di 40 mila euro, per prove di carico statiche e dinamiche sulla storica passerella Telfer, riaffermando che nella città dell’acciaio non è possibile restaurare la Telfer, sostituendo i pezzi deteriorati, che qui non ci sarebbero le competenze tecniche e ingegneristiche per progettare un recupero.

Francamente ci sentiamo offesi, ma ancora più offesi dovrebbero essere i cittadini che hanno lavorato per generazioni nella acciaieria piuttosto nel polo chimico di Papigno, attualmente oggetto dell’ennesima iniziativa di facciata, dall’altisonante nome anglosassone.

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