Treofan, al via l’occupazione. «Presi in giro da Jindal»

Rabbia dei lavoratori all’antivigilia dell’avvio dei licenziamenti. Gli ultimi confronti al Mise e al ministero del lavoro

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di Federica Liberotti

Come annunciato lunedì sera davanti allo stadio Liberati, martedì è iniziata l’occupazione della Treofan di Terni da parte dei lavoratori, ad un passo dal licenziamento. La trattativa tra liquidatore e organizzazioni sindacali è degenerata dopo il ‘no’ della chiusura ad ogni possibilità di reindustrializzazione del sito e così si tentano le ultime, disperate, mosse prima della scadenza di mercoledì, quando le parti torneranno ad incontrarsi al ministero del lavoro per la firma dell’eventuale accordo. Alle condizioni dettate da Jindal è praticamente scontato che l’intesa non ci sarà, le ultime ore saranno cruciali. Martedì pomeriggio è previsto invece un confronto tra Regione e ministero dello sviluppo economico.

‘GAME OVER’ TREOFAN, SCATTA L’OCCUPAZIONE

Il sindaco Latini

Sindaco in fabbrica

In attesa degli ultimi e definitivi sviluppi, la rabbia dei lavoratori, come è ovvio che sia, si fa sentire. Prima dell’assemblea in fabbrica programmata per la tarda mattinata di martedì con le organizzazioni di categoria nazionali, i dipendenti hanno incontrato il sindaco Leonardo Latini, in fabbrica insieme all’assessore comunale allo sviluppo economico, Stefano Fatale. «Tutte le azioni messe in campo non hanno sortito effetto perché loro giocano in un altro campo con altre regole» ha detto il primo cittadino riferendosi a Jindal. Tra i lavoratori c’è chi ha chiesto visibilità maggiore, sia cittadina che nazionale, per la vertenza – ma ormai a giochi quasi fatti – e chi ha puntato il dito contro l’inerzia delle istituzioni italiane. «Non possono fregarsene così delle istituzioni di Governo ed enti locali, siamo lo zimbello dell’Europa» la sintesi.

Stefano Lupi (foto archivio)

Confcommercio: «Chiusura che impoverisce tutta la città»

A fianco dei lavoratori della Treofan si fa sentire la voce di Confcommercio di Terni. «La scellerata decisione di chiusura da parte della multinazionale indiana Jindal – commenta in una nota il presidente, Stefano Lupi – crea un’ulteriore ferita nel tessuto economico del nostro territorio, gettando nella disperazione 142 famiglie oltre ai lavoratori dell’indotto. La dignità delle persone va tutelata e salvaguardata, nel mantenimento e nella tenuta di un territorio che da sempre vede nel lavoro la propria espressione di comunità. La cancellazione di questa fabbrica impoverisce tutti, procurando in filiera danni anche ad altri settori economico – produttivi. Non vi può essere commercio e terziario senza le attività primarie. Al momento non vi è nessuna ipotesi di reindustrializzazione del sito produttivo, segnando in tal senso la proprietà, la cancellazione di una azienda sacrificata su becere logiche di mercato, non già perché non profittevole. Rifiutiamo questo modo corsaro di intendere l’economia ed i rapporti con i lavoratori ai quali va la nostra massima solidarietà e vicinanza in questa vertenza che è dell’intera città di Terni. Per questi motivi – conclude Lupi – siamo al fianco dei nostri concittadini, padri di famiglia, in questo difficile e complicato momento».

I sindacati: «Battaglia legale sarà durissima» 

Nel pomeriggio di martedì, al termine dell’assemblea, è arrivata la posizione unitaria delle segreterie territoriali e nazionali di Filctem Cgil, Femca Cisl e Uiltec Uil. «Ennesima fumata nera – scrivono – da parte del board di Jindal, che ha ancora una volta rigettato le mediazioni elaborate con il liquidatore della Treofan. Un punto di mediazione sofferto che avrebbe agevolato il processo di te industrializzazione del sito produttivo. Un punto di mediazione equilibrato ancora una volta reso vano dall’arroganza del management della multinazionale indiana di cui l’unico obiettivo è quellodi distruggere definitivamente lo stabilimento di Terni, trascinando in una complessiva agonia l’intero polo chimico e la comunità ternana. I lavoratori e le organizzazioni sindacali hanno da sempre ricercato un accordo che prevedesse la continuità produttiva, pur in presenza di molteplici opportunità legali da farevalere nelle sedi opportune dopo le tante malefatte degli amministratori dell’azienda. Ieri sera (lunedì, ndr) Jindal rigettando l’accordo ha decretato l’indisponibilità a trovare una soluzione pacifica alla vertenza, motivo per cui ora, si prepara la durissima battaglia legale che porterà la multinazionale di fronte ai giudici italiani e saranno chiamati a rispondere. Nel frattempo – concludono le tre segreterie – la fabbrica torna nelle mani dei lavoratori che da oggi (martedì, ndr) occupano lo stabilimento impedendo che un solo macchinario ed un solo grammo di prodotto sia portato fuori».

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