Terni, sede ‘staminali’: l’accordo è in vista

Venerdì incontro per una ‘conciliazione’ tra Ater, Comune e Azienda ospedaliera: per la ‘ex Milizia’ ormai sembra una questione di dettagli

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di M.T.

Ci sono sempre più modi per affrontare un problema o per dirimere una questione. Si può decidere di litigare, o si può scegliere la strada del dialogo, anche quando – magari – si è assolutamente certi di avere ragione. Ed è questo il modo che, con quello che viene definito «uno spirito di alta caratura», pare abbia scelto l’Ater

Terni staminali (5)

La ‘ex Milizia’

Il contenzioso Perché tra l’Azienda territoriale per l’edilizia residenziale (l’Ater, appunto), il Comune e l’Azienda ospedaliera di Terni c’è una questioncina aperta: quella rappresentata dallo stabile della ex Milizia – circa 2700 metri quadrati, su più piani, interamente ristrutturato dalla stessa Ater, che ci ha messo circa cinque di milioni di euro, e dalla Regione, che di milioni ne ha aggiunti un paio – e dei canoni di locazione in arretrato. Una questione che poteva sfociare in un causa in tribunale, ma che forse si comporrà paficamente.

L’affitto Già, perché in base ad una convenzione, firmata circa 11 anni fa, a lavori ultimati lo stabile doveva essere preso in affitto dall’Azienda ospedaliera e dal Comune di Terni – per circa 300 mila euro all’anno – e siccome i lavori sono stati portati a termine nel 2013, da lì doveva partire la locazione. Ma l’Ater non ha mai visto un euro.

Il professor Angelo Vescovi

Il professor Angelo Vescovi

Il progetto Il problema è – anche – rappresentato dal fatto che in corso d’opera è cambiato il mondo: nel senso che rispetto a quelli che erano i programmi, la situazione è cambiata radicalmente. Tanto che in quello stabile – che era stato immaginato come sede del centro di ricerca sulle cellule staminali del professor Angelo Vescovi – di fatto non ha mai messo piede nessuno e non è mai entrato uno strumento tecnico. Anche per una serie di intoppi che hanno impedito, almeno fino ad oggi, il decollo del centro di ricerca vero e proprio.

Le ‘staminali’ La Fondazione costituita appositamente per coordinare le attività del centro di ricerca – tra i soci ci sono l’Istituto superiore di sanità, la Diocesi di Terni, la Fondazione Carit, la Camera di commercio e il Comune di Terni – ha continuato a sostenere l’iniziativa (per la verità, a parte la Fondazione Carit, più a parole che con i fatti), ma adesso il Ministero della salute starebbe rivedendo ‘la pratica’ e qualche spiraglio di luce per le staminali sembra intravvedersi. Ma questa è un’altra storia.

La ‘composizione’ Perché per adesso il problema da affrontare è un altro: la convenzione da concretizzare, il contratto di locazione da sottoscrivere e onorare, ma soprattutto gli arretrati dei canoni. A dispetto delle voci che annunciavano tensioni, ha prevalso «in un spirito costruttivo – spiega una voce autorevole – la volontà di cercare una soluzione che consentisse, soprattutto, di mettere finalmente quello stabile al servizio della città, senza mai dimenticare il progetto originario, per il quale sembra essere tornata la speranza». E quindi si cerca una composizione bonaria del contenzioso.

L’accordo Per il 15 di aprile, infatti, dopo una serie di incontri preparatori, «che ci si augura servano a smussare gli spigoli che si erano creati e ad ammorbidire le posizioni più rigide, perché in fondo l’obiettivo del bene comune e condiviso da tutti», è in programma un’istanza di conciliazione ed in quella sede si potrebbe avviare un percorso ‘concordatario’ in grado di risolvere il contenzioso. Martedì pomeriggio (c’erano Ater, Comune di Terni, Azienda ospedaliera e Fondazione cellule staminali) «si è fatto qualche importante passo in avanti ed altri incontri sono in programma tra mercoledì e giovedì»: insomma, per l’accordo finale sembra proprio che manchino solo i dettagli.

Le ipotesi Difficile fare previsioni sui termini, ma se davvero deve ‘scoppiare la pace’, si può provare ad azzardare l’ipotesi che – se sul pregresso sembrano esserci poche possibilità di correzioni – si potrebbe prevedere una revisione del canone per il futuro. Mentre sulla suddivisione delle ‘quote’ di pagamento, dovranno essere Comune e Azienda ospedaliera a mettersi d’accordo.

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