Airc Umbria, oltre un milione per i progetti

‘Azalea della ricerca’, domenica torna il classico appuntamento nelle piazze umbre per la lotta contro i tumori femminili. I finanziamenti del 2017

Condividi questo articolo su

Un regalo speciale per festeggiare le mamme e tutte le donne. L’azalea, fiore simbolo della lotta contro i tumori femminili che, in occasione della Festa della Mamma di domenica, tornerà protagonista anche in Umbria: l’iniziativa è dell’Associazione italiana per la ricerca sul cancro. Nel 2017 la sezione regionale ha finanziato progetti per oltre un milione di euro.

L’Azalea della ricerca in oltre trent’anni – in Umbria c’è dal 1994 – ha messo radici ben salde nel cuore dei sostenitori dell’Associazione, diventando una preziosa alleata per le donne e per i ricercatori impegnati ogni giorno a individuare nuove terapie per rendere queste forme di cancro sempre più curabili. Domenica saranno impegnati nelle piazze italiane 20 mila volontari Airc, per una distribuzione complessiva di 580 mila azalee. Nel 2017, in Italia, a 65 mila 800 donne è stato diagnosticato un tumore alla mammella o agli organi riproduttivi; il cancro al seno è il più diffuso con circa 50 mila nuovi casi. Per superare i diversi aspetti critici, i ricercatori Airc si stanno muovendo in due direzioni: da un lato provano nuove combinazioni di farmaci capaci di ridurre la resistenza e dall’altro, grazie all’immunoterapia, cercano di individuare cellule capaci di stimolare le risposte immuni dei pazienti.

In Umbria ci sono 250 volontari Airc e oltre 130 saranno nelle piazze della regione: ad affiancarli i professionisti dell’Ordine dei dottori agronomi e dottori forestali della provincia di Perugia: a fronte di una donazione di 15 euro, insieme alla piantina verrà consegnata una speciale guida interamente dedicata alla salute in rosa con indicazioni pratiche degli esperti sui percorsi di prevenzione e diagnosi precoce.

I progetti finanziati Nel 2017 in Umbria via libera a cinque borse di studio per Alessandra Venanzi, Desirée Bartolini, Valerio Ciaurro, Corinne Quadalti, Sara Chiappalupi,  un My First Airc Grant per Paolo Sportoletti, un Progetto Start Up ad Antonio Pierini e sei Investigator Grant per Rosario Donato, Brunangelo Falini, Francesca Fallarino, Paolo Puccetti, Enrico Tiacci e Andrea Velardi. Valore totale di 1 milione e 50 mila euro.

Pierini «Il nostro gruppo – spiega – di ricerca che opera all’interno del programma trapianto di cellule staminali emopoietiche diretto dal Prof. Andrea Velardi, si occupa dello studio delle cellule T regolatorie, una popolazione di cellule linfoidi che ha la capacità di regolare la risposta immunitaria. Il nostro gruppo trapianto a Perugia ha per la prima volta dimostrato come una terapia basata sull’utilizzo di queste cellule sia in grado di migliorare l’efficacia e la sicurezza del trapianto di midollo osseo permettendo la guarigione di molti pazienti affetti da leucemia acuta ad alto rischio altrimenti incurabile. Grazie ad Airc abbiamo dimostrato come le cellule T regolatorie svolgano un ruolo fondamentale nel normale sviluppo del sistema immunitario all’interno del midollo osseo e stiamo studiando come poter estendere il loro utilizzo anche a pazienti con leucemia acuta in fase avanzata o ad altre neoplasie ematologiche maligne per cui ad oggi non esistono terapie alternative efficaci».

Tumori e patologie «Il nostro progetto – le parole della professoressa Francesca Riuzzi del gruppo di ricerca del professor Rosario Francesco Donato – riguarda alcuni aspetti cellulari e molecolari relativi a una frequente complicazione di alcune patologie tumorali (soprattutto tumori del pancreas, dello stomaco, dell’intestino, del polmone, melanomi) specialmente in fase terminale, ossia la cachessia. Questa è definibile come la condizione di estrema riduzione della massa di tessuto adiposo e della massa muscolare, che da un punto di vista statistico è la diretta causa di morte (per insufficienza respiratoria in circa un terzo dei pazienti affetti da cancro). Il nostro progetto è incentrato sul ruolo di un recettore (chiamato Rage, di cui ci occupiamo da anni) nella insorgenza della cachessia. In via teorica (al momento), il blocco dell’attività di questo recettore (e/o delle molecole che lo attivano), potrebbe ridurre l’incidenza della cachessia e quindi prolungare la sopravvivenza del malato. Il nostro progetto si svolge con l’uso di modelli animali di cachessia indotta da cancro, oltre che su cellule muscolari coltivate in vitro. Uno degli scopi del progetto è quello di verificare se la misurazione di Rage (tempo di comparsa) possa essere usata come indice predittivo del fatto che quel dato paziente portatore di tumore abbia un’elevata probabilità di andare incontro a cachessia. Un’indicazione del genere potrebbe permette all’oncologo di mettere in atto misure terapeutiche atte a prevenire l’insorgenza di cachessia». In occasione della conferenza stampa Marco Roccetti ha parlato del torneo di calcetto in favore di Airc, organizzato dal dopolavoro ferroviario di Foligno che si svolge da 5 anni in memoria dei colleghi scomparsi a causa del cancro. L’appuntamento è per venerdì 18 maggio alle 16 a Foligno, il ricavato dell’iniziativa sarà interamente devoluto ad Airc

Llc Il gruppo di ricerca del dottor Sportoletti studia la Leucemia Linfatica Cronica (Llc), attualmente la prima forma di leucemia dell’adulto nel mondo occidentale ed in costante incremento in relazione al progressivo aumento dell’aspettativa di vita. Negli ultimi anni gli studi condotti dal Dr. Sportoletti e collaboratori hanno permesso di identificare un gene chiamato Notch1 che risulta alterato in un numero elevato di pazienti con Llc, soprattutto in quelli che hanno una cattiva prognosi. Il progetto finanziato da Airc ha l’obiettivo di migliorare la comprensione dei meccanismi di malattia, cioè capire come e perché la Llc si sviluppa e di utilizzare queste nuove conoscenze per definire strategie terapeutiche innovative. Gli studi condotti fino ad oggi con il supporto di Airc hanno consentito di identificare una molecola che è in grado di contrastare l’azione del gene Notch1 nelle cellule malate con il risultato ultimo di uccidere selettivamente le sole cellule leucemiche in vitro risparmiando i globuli bianchi normali dei pazienti. I risultati di questo lavoro sono stati recentemente pubblicati nella rivista scientifica internazionale ‘International Journal of Cancer’.

Leucemia «Grazie ad Airc, qualche anno fa – sottolinea il professor Enrico Tiacci dell’Istituto di ematologia, università e ospedale di Perugia – fa abbiamo scoperto, insieme al professor Brunangelo Falini, la causa della leucemia a cellule capellute, una forma particolare di leucemia dovuta alla mutazione del gene Braf in quasi il 100% dei casi. Quando questo gene viene alterato in una cellula del sangue, la trasforma in cellula leucemica dotandola di estroflessioni simili a capelli e facendola proliferare incontrollatamente a scapito delle altre cellule normali. Ma, grazie a un farmaco “intelligente” in grado di bloccare Braf, il vemurafenib, abbiamo visto che le cellule leucemiche prelevate dai pazienti ed esposte in laboratorio a questo farmaco perdevano le loro capellosità e poi morivano. Così, per primi al mondo a Perugia, abbiamo somministrato questo farmaco, che si assume semplicemente per bocca, a pazienti non più responsivi alla chemioterapia tradizionale, ottenendo una rapida remissione della malattia in quasi tutti. Tra l’altro, senza gli effetti tossici della chemioterapia, che uccide indiscriminatamente tutte le cellule proliferanti, comprese quelle normali, mentre il vemurafenib colpisce solo le cellule leucemiche dove Braf è mutato. Però, da solo il vemurafenib non riesce a eradicare del tutto la leucemia e, una volta smesso il farmaco, essa si riespande recidivando dopo un certo periodo di tempo. Ora, con il supporto anche di Airc, stiamo sperimentando nei pazienti non più responsivi alla chemioterapia un trattamento di combinazione, sempre non chemioterapico, aggiungendo al vemurafenib (che uccide le cellule leucemiche penetrandovi dentro) il rituximab, un anticorpo che invece elimina le cellule leucemiche aderendovi da fuori e richiamando contro di esse le armi del sistema immunitario. Con questi due farmaci insieme stiamo ottenendo risultati impressionanti: quasi tutti i pazienti raggiungono remissioni di malattia più profonde e durature che con il solo vemurafenib, e in circa la metà dei casi addirittura non riusciamo più a evidenziare alcuna traccia di malattia. Un risultato che ci spinge a valutare se questo trattamento possa essere applicato da subito, anche in alternativa alla chemioterapia, in tutti i pazienti con leucemia a cellule capellute». Alla conferenza stampa ha partecipato – in qualità di testimonial Airc – anche Federico Angelucci, showman umbro che ha partecipato con successo all’ultima edizione di Tale e Quale Show e con le sue iniziative come ‘Aspettando l’Epifania’ sostiene da anni Airc.

Condividi questo articolo su
Condividi questo articolo su

Ultimi 30 articoli