Amelia: «Pace in nome di Santa Fermina»

Terni, il vescovo Giuseppe Piemontese ha celebrato la patrona di Amelia e copatrona della Diocesi

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Quella del 24 novembre, giornata in cui ad Amelia si celebra la patrona Santa Fermina (o Firmina) – copatrona della diocesi di Terni Narni Amelia – è una giornata doppiamente importante. La celebrazione, infatti, è un evento comunitario religioso e civile, un incontro annuale tra Amelia e Civitavecchia, per rinsaldare il gemellaggio tra le due città nel nome della comune patrona.

La cerimonia Prima della solenne celebrazione, presieduta nel pomeriggio dal vescovo Giuseppe Piemontese nella Cattedrale di Amelia, si è svolta la suggestiva rievocazione storica della pesatura e offerta dei ceri, secondo gli Statuti del 1346 e dall’accensione dei ceri con la ‘Fiaccola S. Fermina’, partita in mattinata da Civitavecchia e portata in staffetta dalle associazioni sportive di Civitavecchia e Amelia.

Il vescovo Piemontese

Il vescovo Piemontese

L’omelia del vescovo «Quale messaggio vuole comunicarci quest’anno – ha detto padre Piemontese – la patrona della nostra città e della nostra Diocesi a tutti noi suoi devoti? Fermina, riassume in se caratteristiche che la rendono bella e grande agli occhi di Dio e nostri: giovane – nobile romana (272-304), cristiana e martire. La giovinezza, specie la propria, ma anche quella rappresentata da ragazze e ragazzi giovani, è fonte di gioia, ragione per apprezzare il dono della vita, sostegno materiale e morale nell’età avanzata. Grande è la pena dei familiari, degli amici e di tutti noi che abbiamo conosciuto e pianto tante persone, di tanti giovani in Francia, per mano di fanatici omicidi, testimoni non della vita, ma della morte, della violenza e dell’odio. Tutti siamo rimasti ammutoliti per tanta efferatezza, come siamo mortificati e impotenti di fronte a tanta sofferenza e morte nei vari teatri di guerra in Siria, in Africa e altrove».

Il messaggio «Fermina – ha detto ancora Pemontese – ci insegna ad affrontare le angustie del giorno d’oggi: la fedeltà al proprio dovere, alla propria missione, ai propri principi, alla propria religione, la difesa della vita. Nel Vangelo c’è il segreto di una vita riuscita e feconda: quel Vangelo che Fermina ha predicato a Centum celliae. Se l’uomo, la donna di ogni tempo non diventa chicco di frumento, coperto dalla terra, non può diventare fecondo e portatore di vita. Come Gesù ha detto e fatto con la sua morte. Il martirio e la morte sono il chicco di frumento, che muore sotto terra e produce molto frutto di amore e d vita. La nostra fede e la nostra identità è frutto della fecondità del martirio di Fermina. Al tempo di Fermina non c’è stata l’emozione suscitata per la morte dei giovani francesi, della nostra connazionale Valeria Soresin per tanti volti sorridenti. Eppure dopo tanti secoli ci ricordiamo di Fermina, continua a vivere nella chiesa, nella nostra città e nelle nostre diocesi».

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