Avis Perugia: «Politici donate il sangue»

Dopo il mancato inserimento nell’Albo d’Oro il presidente Rasimelli propone un gesto di riconciliazione: «Una giornata di donazioni riservata ai membri del consiglio comunale»

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L’Avis tende la mano, ma vuole un braccio. E lo chiede ai consiglieri comunali di Perugia. L’idea viene fuori alla fine di una lunga chiacchierata con Fabrizio Rasimelli, presidente dell’associazione perugina dei donatori di sangue, che esordisce chiarendo di non voler tornare sulla polemica per il mancato inserimento dell’Avis nell’Albo d’Oro, ma poi si lascia andare a una proposta che potrebbe contribuire a rasserenare il clima infuocato di questi giorni.

La sala d’aspetto del centro trasfusionale

Una giornata di donazioni riservata ai consiglieri Le motivazioni del mancato inserimento sono legate a dinamiche interne al consiglio comunale. E di certo i consiglieri che si sono opposti non lo hanno fatto perché sono contro l’Avis o la pratica di donare il sangue. Allora – questo il ragionamento – proprio per dimostrare l’attenzione al problema e la sensibilità delle istituzioni e dei rappresentanti del popolo verso i donatori e verso i tanti pazienti che hanno bisogno di sangue, «sarebbe bello – dice Rasimelli – poter organizzare una giornata di donazione straordinaria in cui far donare il sangue a tutti i consiglieri comunali». Tutti, ma proprio tutti: anche i franchi tiratori, per intenderci. Non ci sono state ancora richieste ufficiali in tal senso, ma in queste ore potrebbe esserci una telefonata o una mail.

Apertura domenicale Il motivo della chiacchierata con Rasimelli era un altro: la crisi di donazioni e l’apertura domenicale del centro emotrasfusionale dell’ospedale ‘Silvestrini’ di Perugia. Una consuetudine (si ripete ogni terza domenica del mese) che però assume un significato importante visto che negli ultimi mesi a Perugia come in tutta l’Umbria si vive una situazione di costante difficoltà, tanto che proprio per la mancanza di sangue nei giorni scorsi sono stati rinviati alcuni interventi chirurgici già programmati. Un fatto gravissimo.

L’appello di Avis Perugia

Aumentare le aperture «Stiamo spingendo per ottenere almeno una seconda apertura domenicale al mese e magari qualche apertura pomeridiana, per quelle donazioni che possono essere fatte anche di pomeriggio», dice Rasimelli ricordando una delle battaglie di Avis Perugia. Il presidente ammette però che quello logistico non è il principale problema. La verità è che si uniscono diversi fattori, alcuni comuni al resto d’Italia altri propriamente umbri. Con la conseguenza che il calo di donazioni sta mettendo in serio pericolo l’autosufficienza del sistema.

Gli orologi svizzeri La prima causa è quasi sociologica. Ed è relativa a quelli che Rasimelli chiama «gli orologi svizzeri»: quei donatori che garantivano una frequentazione costante dei centri emotrasfusionali, almeno 4 volte all’anno. Prevalentemente uomini, dai 30 ai 60 anni, sposati, lavoratori dipendenti, con un impiego stabile e una vita regolare, che potevano agevolmente programmare le donazioni di sangue garantendo quindi quell’afflusso su cui si poteva fare affidamento. Una fascia di popolazione che con la crisi e con il mutare del mercato del lavoro si sta assottigliando.

La vita ‘liquida’ «Ora quelle certezze non ci sono più – riflette Rasimelli – i giovani cominciano a lavorare molto tardi e hanno comunque dei lavori non regolari, sono costretti a spostarsi, magari all’estero, e non hanno nemmeno diritto al giorno di riposo per la donazione di sangue. Un viaggio in alcuni paesi esclude dalla donazione per diversi mesi. Così come il cambio di partner sessuale, i tatuaggi, i piercing, persino una otturazione dentale. Sono cautele per i donatori e per i beneficiari del sangue alle quali certo non si può venir meno. Ma negli ultimi anni è aumentato il numero di persone escluse per cautela, proprio a causa della minore stabilità nella vita e nel lavoro. E ciò toglie da sotto i nostri piedi la base su cui le banche del sangue si sono tenute in piedi finora. E il sistema rischia di collassare. Ecco perché occorre impegnarsi per allargare la base dei potenziali donatori, facendo opera di sensibilizzazione a tutti i livelli».

Donatori in coda dopo il terremoto

L’effetto ‘risacca’ del terremoto C’è poi una causa strettamente legata al territorio umbro e, in generale, del Centro Italia: il terremoto. Paradossalmente, l’onda emotiva che ha portato tante persone a donare il sangue dopo il 24 agosto ha fatto più male che bene. Perché si trattava di donazioni estemporanee, occasionali. Che fra l’altro hanno provocato un «effetto risacca», facendo calare le donazioni nel periodo successivo, visto che devono trascorrere almeno 3 mesi (4 per le donne) fra una donazione e l’altra. «Un po’ come quando c’è lo sciopero dei benzinai – spiega Rasimelli – tutti vanno a fare il pieno e per qualche giorno nessuno mette più la benzina». Infine, c’è il fattore stagionale. Con l’inizio dell’estate calano fisiologicamente le donazioni. Per le vacanze, per i viaggi all’estero, per le zanzare portatrici di malattie. Insomma, tutti fattori che limitano ulteriormente il giù esiguo bacino di donatori.

Le ‘mancanze’ di Avis Certo, le cause non sono solo esterne. «Probabilmente anche noi abbiamo fatto degli errori – ammette Rasimelli – forse sottovalutando l’impatto del terremoto e non diversificando le campagne di comunicazione, ma posso assicurarvi che l’impegno c’è tutto. Il 24 agosto e per tutto il periodo dello sciame sismico, quando sono arrivati in tanti, c’erano i nostri ragazzi a portare le bottigliette d’acqua alle centinaia di donatori in fila al Silvestrini e negli altri centri. Anzi, approfitto per ringraziarli e per ricordare a chi è interessato che in Avis è possibile anche fare il servizio civile».

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