Bastia, omicidio fuori dalla discoteca: tutta la ricostruzione

Perugia – Il gip ha applicato i domiciliari ai tre arrestati, scarcerati. Ma le indagini sono in corso e potrebbero coinvolgere altre persone

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Non più custodia cautelare in carcere ma applicazione degli arresti domiciliari per Kevin Malferteiner (23 anni, difeso dagli avvocati Guido Maria Rondoni e Fabiana Massarelli), Denis Hajderlliu (20, avvocati Daniela Paccoi e Salvatore Adorisio) e Brendon Kosiqi (19, avvocati Delfo Berretti e Aldo Poggioni): questa la decisione del gip di Perugia, Natalia Giubilei, in seguito alla convalida degli arresti dei tre giovani indagati per la morte del 25enne spoletino Filippo Limini Senapa, avvenuta nella notte fra venerdì e sabato all’esterno della discoteca ‘Country’ di Bastia Umbra (Perugia). I tre, arrestati in flagrante dai carabinieri della Compagnia di Assisi, sono accusati di rissa e omicidio preterintenzionale. Le indagini sulla pesante vicenda sono comunque tutt’ora in corso e potrebbero presto condurre, oltre ad una rimodulazione delle contestazioni alla luce dell’esito dell’esame autoptico sulla salma del giovane di Spoleto, anche al coinvolgimento – in qualità di indagati – di altre persone di entrambe le ‘fazioni’ emerse.

LA LETTERA APERTA DEL SINDACO DI BASTIA UMBRA E DI DUE DIRIGENTI SCOLASTICI

La ricostruzione dei fatti

Il gip di Perugia, nella sua ordinanza di convalida, ricostruisce i gravi fatti avvenuti all’alba di Ferragosto all’uscita dal locale. «I tre indagati – scrive il giudice – si trovavano insieme ad una decina di amici all’interno della discoteca dove consumavano una bottiglia di champagne, una di vodka e, presumibilmente, altre consumazioni. Verso le ore 3.40 decidevano di tornare a casa». Se da un lato tutti gli indagati hanno escluso che si siano verificate discussioni o liti nel locale, uno dei buttafuori ha invece affermato che il gruppo dei tre aveva già avuto degli screzi, dentro e fuori la discoteca, con quello della vittima e per questo il personale era intervenuto per allontanarli e farli smettere.

La rissa, la tragedia, le testimonianze

I primi ad uscire erano stati proprio i tre giovani poi arrestati, tutti nati in Italia e di origini albanesi, per raggiungere l’auto di Brendon Kosiqi parcheggiata poco distante. Il vero parapiglia, quello dagli esiti purtroppo tragici, è scoppiato poco dopo. «Kevin Malferteiner – scrive il gip Giubilei – ha ammesso di aver detto, all’indirizzo di un ragazzo che non li faceva passare: ‘togliti dal cazzo’, ricevendo, secondo quanto detto da Brendon, come risposta, la frase: ‘che cazzo vuoi’. A quel punto Kevin è sceso per affrontare l’altro e così avrebbe fatto Brendon che cercava di calmare l’amico. Poiché la vettura era ferma in mezzo alla strada e c’erano altre macchine, Brendon sarebbe risalito per spostarla, lasciando lì Kevin e recandosi al vicino parcheggio. Dichiara Brendon che, tornato sul posto, avrebbe trovato Kevin e Denis Hajderlliu, che nel frattempo era uscito dal locale, che discutevano in maniera molto più animata con un gruppo di ragazzi, fino a quando sono arrivati alle mani, dandosi delle spinte reciproche, mentre uno di essi lo colpiva alla tempia sinistra. Accortisi di essere in inferiorità numerica, fuggivano verso la vettura di Brendon, salendo Kevin dal lato passeggero e Denis sul sedile posteriore. In pochi secondi però – prosegue il gip – venivano raggiunti dal gruppo avversario che li inseguiva urlando, presumibilmente con bastoni o altri colpi contundenti, che accerchiavano la vettura. Immediatamente infatti, venivano rotti il lunotto ed i vetri posteriori, mentre altri colpivano la vettura e gli stessi Brendon e Kevin che avevano i finestrini abbassati».

Le botte e l’investimenti dagli esiti mortali

«Denis, raggiunto dai vetri del lunotto, scendeva dall’auto e, secondo quanto dallo stesso dichiarato, affrontava uno dei ragazzi, Filippo Limini, che lo avrebbe provocato con un cenno di sfida, mimando il gesto di volerlo strozzare, dandogli un pugno al volto. Il ragazzo cadeva a terra all’indietro e, mentre stava rialzandosi, sollevando testa e spalle da terra, sarebbe sopraggiunto un altro ragazzo, del quale forniva la descrizione, che gli dava un calcio al volto, facendolo ricadere a terra, forse privo di sensi. Nel contempo Brendon, sempre accerchiato dai ragazzi che stavano colpendo lui e la vettura, faceva retromarcia e, non avvedendosi di Filippo a terra dietro di lui, lo investiva, passandogli sopra, per poi ripartire. Dennis riferisce che, vista la scena e notate in lontananza una sua familiare e un’altra ragazza, le raggiungeva e le portava via, recuperando la propria vettura e recandosi a casa di Brendon che era stato con loro durante la serata, ove aveva trovato gli altri due amici. Riferisce Kevin che Denis all’arrivo era molto scosso, pallido e vomitava, e che aveva riferito di aver dato un pugno a un ragazzo che era caduto a terra, e di aver visto poi con un’ampia pozza di sangue sotto la testa, non precisando loro tuttavia che era stato investito dall’auto. Lo stesso Denis confermava quanto sopra, aggiungendo che i suoi amici, quando aveva raccontato loro del sangue, non gli volevano credere. Successivamente Denis accompagnava a casa Brendon, dove trovava i genitori del ragazzo svegli, presumibilmente già avvertiti da qualcuno dei fatti».

I testimoni

«La versione degli indagati di essere stati aggrediti – prosegue il gip – è stata confermata da una familiare di Denis la quale riferiva che, uscita dal locale insieme una sua amica, aveva visto un capannello di persone discutere animatamente ed insultarsi in lingua albanese, riconoscendo da un lato i tre indagati, fra cui Denis e, dall’altro una decina di ragazzi di origine albanese e rumena provenienti dalla zona di Spoleto. Kevin e Brendon erano fuggiti verso la macchina di Brendon e poco dopo, erano stati raggiunti dal gruppo avversario i quali, muniti di bastoni e altri arnesi di ferro, urlando in albanese frasi come ‘ti sc. la mamma’, avevano accerchiato la vettura ed iniziato a distruggerla rompendo i vetri. Ad un certo punto vedeva un ragazzo a terra e la vettura di Brendon che provava a fare retromarcia e, da sotto di essa, ‘spuntare il corpo di un giovane’. Notato Denis vicino al corpo, lei e la sua amica lo raggiungevano e si allontanavano a bordo della vettura del ragazzo. L’amica ha affermato che, dopo una lite iniziale fra i due gruppi, si erano frapposti i buttafuori che li avevano divisi, e che Brendon e Kevin erano tornati a prendere la macchina di Brendon, non essendo sicura che vi fosse con loro anche Denis. Confermava di aver visto il gruppo degli spoletini raggiungerli di corsa ed armati, urlando ‘vi ammazziamo, vi ammazziamo le famiglie’ ed altre frasi in albanese e, che accerchiata la vettura, rompevano i vetri e la danneggiavano. Ad un certo punto avevano notato la vettura muoversi in retromarcia, sobbalzare e, da sotto di essa, sbucare il corpo di un giovane. Raggiunto Denis che era rimasto sul posto, lo avevano portato via; aggiungeva che Denis aveva detto: ‘gli ho dato sto cazzotto… con me c’era anche (omissis)… ma il cazzotto gliel’ha dato io!’. A riscontro di quanto affermato dagli indagati, vi sono, oltre alle lesioni riportate, lo stato della vettura, la quale si presenta con il lunotto posteriore ed i vetri posteriori completamente infranti, il parabrezza anteriore spaccato da diversi colpi, e con vistose ammaccature e danneggiamenti alle fiancate, segni evidenti dei colpi inferti in maniera violenta e con corpi contundenti idonei a provocare tali danni».

La decisione

Così il giudice per le indagini preliminari di Perugia motiva la propria decisione: «Si ritiene correttamente contestato agli indagati il delitto di rissa aggravata, essendovi gravi indizi che portano e ritenere come gli stessi si siano resi partecipi di liti e discussioni, fino ad arrivare alle vie di fatto, con un gruppo di ragazzi provenienti dalla zona di Spoleto, fra cui la vittima, liti forse già iniziate dentro al locale e proseguite fuori per motivi assolutamente futili, quali il passaggio con la vettura. Deve preliminarmente evidenziarsi come gli indagati, durante la serata, abbiano bevuto, sia come dichiarato dagli stessi, sia come evidenziato dalle analisi effettuate sul Kosiqi […]. È verosimile ipotizzare che anche i componenti del gruppo avversario, fra cui la vittima, non fossero totalmente lucidi, come evidenzia la reazione estremamente violenta, l’accerchiamento della vettura e i danni arrecati alla stessa, all’evidente scopo di aggredire gli indagati. Il delitto di rissa infatti presuppone l’esistenza di una colluttazione violenta tra gruppi soggettivi contrapposti, animati da intenti aggressivi reciproci, che, escludendo l’unilateralità dell’azione criminosa, non consente, analogamente a quanto riscontrabile nel caso di specie, di distinguere tra aggressori e aggrediti. […] Nel caso concreto, non si rinviene un gruppo di aggressori e di aggrediti, ma vi è una iniziale volontà di contrapposizione reciproca, mentre solo successivamente gli indagati, essendosi resi conto di poter avere la peggio perché in inferiorità numerica, sono fuggiti, venendo poi inseguiti. Dinanzi a provocazioni o comunque a reciproci insulti infatti, lungi dall’allontanarsi, il Malferteiner è sceso dalla macchina per affrontare un ragazzo, seguito dal Kosiqi, il quale aveva arrestato la marcia fermandosi in mezzo alla strada, per poi andare a parcheggiare e tornare indietro dall’amico che era nel frattempo rimasto sul posto a litigare. Lo stesso Kosiqi parla, nel momento in cui è tornato indietro, di spinte reciproche fra loro (nel frattempo era sopraggiunto anche l’Hajderlliu ad aiutarli) e gli altri ragazzi, ed è pacifico che per placare gli animi siano dovuti intervenire i buttafuori, finché la situazione non è degenerata e si è passati alle vie di fatto. […] Si ritiene quindi condivisibile, per lo meno allo stato degli atti ed in mancanza dei risultati degli esami autoptici in corso di svolgimento, la contestazione del delitto di omicidio preterintenzionale, tenuto conto della volontà di partecipare al delitto di rissa da parte di tutti gli indagati, come evidenziato; Kevin ha dato origine alla lite, Brendon è tornato a dare manforte all’amico, così come Denis, che ha affrontato Filippo che gli aveva fatto ‘un gesto di sfida’, colpendolo e facendolo finire a terra, ponendolo nella situazione di fatto in cui si è poi trovato al momento in cui Brendon, in stato di ebbrezza, innestava la retromarcia, investendolo. Vi è il concreto pericolo di reiterazione del reato; gli indagati, infatti, hanno dato dimostrazione, nell’occasione, di non riuscire a controllare i propri impulsi violenti, come emerge dalle modalità della condotta, originatasi per motivi assolutamente futili. Si ritiene tuttavia, di dover tener conto, nella scelta della misura, anche del contesto in cui si sono svolti i fatti, fino al tragico esito finale. Se infatti è vero che gli indagati hanno partecipato alla rissa, dall’altra parte vi era un gruppo di persone, in corso di identificazione, ben più nutrito, fra cui la vittima, che si è contrapposto con una violenza che è risultata addirittura superiore, se si tiene conto dell’inseguimento, e dell’aggressione con corpi contundenti, come attestano gli ingenti danni alla vettura, dovendosi concludere che solo il fatto di essersi riparati all’interno della stessa, non ha portato ad esiti gravi anche con riguardo all’incolumità fisica degli indagati. A ciò occorre aggiungere l’incensuratezza, la giovane età e, a parte il Malferteiner (per il quale comunque, deve osservarsi, i procedimenti in corso non riguardano delitti contro la persona), la mancanza, per gli altri, di precedenti di polizia, elementi che depongono per un non elevato spessore criminale».

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