«Altro che droga, noi riscopriamo la canapa umbra a km zero»

Perugia, dopo la sentenza della Cassazione parlano due dei soci del cannabis store che vende derivati di canapa coltivata nelle campagne perugine: «Lo faceva anche mia nonna» – Intervista video

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Si chiamano David Minelli e Federico Barcarotti; il primo è titolare del negozio, ma è il secondo che ha avuto l’idea di ricominciare a coltivare canapa – in modo assolutamente legale – riscoprendo una tradizione nota in umbra prima della seconda guerra mondiale, prima che l’avvento della plastica imponesse una sorta di embargo proibizionista verso la canapa e i suoi derivati. 

Erba legale

Chiariamolo subito: l’erba che vendono i ragazzi umbri (in totale sono 4 soci) è assolutamente legale perché priva del principio attivo che provoca lo sballo (il Thc, presente in percentuali inferiori allo 0,5) e ricca invece di un altro principio attivo (il Cbd, presente in concentrazioni maggiori alla droga illegale, fino al 20-25% in alcuni prodotti) che ha riconosciute proprietà benefiche sull’organismo e viene somministrato anche per curare alcune patologie. 

Riscoprire la canapa

Ma la parte più consistente del business è fatto dai derivati della canapa, del tutto sprovvisti sia di Thc sia di Cbd, sia prodotti commestibili (dalla birra alle farine agli olii) sia beni di consumo, dalle scarpe alle borse; tutto fatto con materiale naturale, a bassissimo impatto ambientale.

La sentenza della Cassazione

Nell’intervista video i ragazzi spiegano anche che la recente sentenza della Cassazione, che tanto ha fatto discute, non tocca in alcun modo la loro attività e – in teoria – nessuna delle attività finora aperte in Italia: è stato semplicemente confermato il divieto di vendere derivati di cannabis sativa salve che tali prodotti siano in concreto privi di efficacia drogante. Una ovvietà, visto che tutti i prodotti in commercio legalmente contengono una concentrazione di Thc ampiamente inferiore allo 0.5%, altrimenti non avrebbero alcuna autorizzazione. 

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