di Vincenzo D’Acciò
Segretario provinciale SAP Perugia – Sindacato autonomo di polizia
Alla luce degli ultimi eventi riteniamo di dover ribadire che la sicurezza a Perugia deve smettere di essere solo uno spot elettorale e debba essere affrontata con estrema lealtà, sincerità e dati alla mano. Abbiano organici vecchi e non corrispondenti alle reali richieste del territorio: questa è la verità.
Dopo l’episodio violento di qualche giorno fa in piazza Del Bacio, viene chiesta a gran voce l’apertura di unaltro presidio a Fontivegge. Giuste le richieste della gente perché la sicurezza è un diritto garantito dalla Costituzione. La zona è molto delicata e le persone hanno paura, ma facciamo un’analisi rispetto al presidio in centro storico in via Bartolo: ha funzionato all’inizio, poi qualche trasferimento o pensionamento ne ha determinato un’operatività a singhiozzo e attualmente, all’ufficio del centro, sono rimasti assegnati quattro operatori. Quindi perché aprirne un altro? Pensare poi di farlo funzionare è pura utopia, con quali operatori?
Perugia ha mediamente due macchine della polizia e una o due dei carabinieri su ogni turno, decisamente molto poche vista la vastità del territorio e le sue criticità. A nostro giudizio l’apertura di un nuovo posto di polizia a Fontivegge è possibile solo con l’arrivo di almeno altri venti uomini, perché non si può pensare di fare le nozze coi fichi secchi e soprattutto non si possono fare proclami sulla sicurezza a discapito sempre degli stessi operatori, già ‘strizzati’ al massimo perché impiegati in innumerevoli servizi. Attendiamo con grande gioia quanto annunciato dal nostro ministro a riguardo del rinforzo di tutte le questure e l’assunzione di ulteriori 10 mila poliziotti, perché la presenza sul territorio è di fondamentale importanza.
Esprimiamo inoltre vicinanza e solidarietà ai due carabinieri ed alla guardia giurata indagati per i fatti di Ponte Felcino. Stavano espletando il loro servizio facendo il loro dovere fino in fondo, non potevano decidere di aspettare che i ladri andassero, sono intervenuti in un momento delicato dove l’adrenalina è a mille ma hanno fatto il loro dovere: stavano tutelando nel migliore dei modi la collettività e, a nostro giudizio, non è giusto che vengano indagati con capi di imputazione pesanti e che li coinvolgono in processi che durano anni e gravano solo sugli operatori e le loro famiglie. Confidiamo comunque sempre nella giustizia e nella magistratura. Fino a che passerà l’idea che chi aggredisce le forze dell’ordine corre meno rischi dell’operatore che compie il proprio lavoro, non potrà esserci davvero sicurezza per il cittadino.