Terni, Acciaio sporco: prime ammissioni

Tutti e cinque gli arrestati ternani hanno risposto alle domande di gip e pm. Alcuni di loro verranno sentiti di nuovo in Procura. Perché l’indagine prosegue

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di F.T.

L’impressione è che diversi aspetti salienti dell’indagine ‘Acciaio sporco’ debbano essere ancora chiariti. E non è un mistero che la tensione all’interno dello stabilimento di viale Brin – teatro della maxi truffa ai danni della Tk-Ast, incentrata sulle attività del parco rottami – cresciuta con il passare dei giorni fino a raggiungere livelli ‘critici’, sia destinata a salire ancora. Perché dopo gli interrogatori di garanzia, alcuni degli arrestati verranno nuovamente sentiti dalla Procura. E da quelle deposizioni potrebbe emergere un quadro ancora più chiaro, anche in termini di responsabilità non ancora ‘cristallizzate’, nel contesto dell’indagine condotta con cura e particolare precisione dal Corpo forestale dello Stato di Terni e dal pm Elisabetta Massini.

ACCIAIO SPORCO ‘SFIORA’ I SINDACATI

Gli interrogatori Hanno sfilato una ad una, mercoledì pomeriggio in tribunale, di fronte al gip Maurizio Santoloci e al pm titolare del fascicolo, cinque delle otto persone arrestate dalla Forestale nell’ambito dell’indagine ‘Acciaio sporco’. Gli interrogatori di garanzia, con inizio fissato per le ore 15, erano previsti per i ternani Alessio Petrollini (41 anni), Alessandro Luzzi (47), Leonardo Manni (47), Daniele Inches (36) – tutti classificatori della ThyssenKrupp Ast – e l’autotrasportatore Andrea Papa Italiani (40). Le altre tre persone finite ai domiciliari – Giancarlo Ongis (54 anni, presidente cda Metal Group Spa), Marco Cattaneo (58, dipendente Metal Group Spa), Stefano Arnoldi (40, dipendente della Metal Inox Centro), tutti assistiti dall’avvocato Sarrocco di Roma – sono state sentite nella giornata di martedì dal gip di Bergamo, su delega, e si sono avvalse della facoltà di non rispondere.

ACCIAIO SPORCO: LE INTERCETTAZIONI

Memoria difensiva Più di uno degli arrestati ha risposto alle domande poste tanto dal gip Santoloci quanto dal pm Massini. E’ il caso del dipendente Ast Leonardo Manni, difeso dall’avvocato Luigi Fiocchi. Oltre a parlare («ed ha ammesso le proprie responsabilità in relazione ad alcuni contenuti dell’indagine», afferma il legale), Manni – che verrà sentito nuovamente lunedì in procura – ha prodotto anche una memoria in cui ricostruisce, dal proprio punto di vista, la vicenda. Al termine della deposizione, l’avvocato Fiocchi ha chiesto la scarcerazione del proprio assistito. Il gip si è riservato la decisione, che riguarderà tutti gli arrestati e che potrebbe giungere nei prossimi giorni.

ACCIAIO SPORCO: LA FORESTALE SPIEGA L’INDAGINE

«Atteggiamento responsabile» Alle domande poste dal giudice e dal pubblico ministero hanno risposto anche i classificatori Ast Alessio Petrollini e Daniele Inches, difesi dall’avvocato Emidio Mattia Gubbiotti del foro di Terni. «I miei assistiti – spiega il legale – hanno partecipato attivamente all’interrogatorio, rispondendo ai quesiti posti sia dal gip che dal pm. Hanno entrambi chiarito il proprio ruolo, sia dal punto di vista lavorativo e delle mansioni che nel contesto dell’indagine. In quest’ultimo caso hanno precisato i rapporti che hanno e che, in molti casi, non hanno con gli altri indagati, diversi dei quali sono completamente sconosciuti ai miei assistiti». Rispetto alle accuse contestate ai due dipendenti Ast, l’avvocato Gubbiotti spiega che «hanno entrambi ritenuto attendibile la narrativa dell’ordinanza, con atteggiamento responsabile e consapevole, di assoluta disponibilità nei confronti dell’autorità giudiziaria». Anche in questo caso è stata chiesta la revoca della misura cautelare applicate ad entrambi.

ACCIAIO SPORCO: SPUNTANO ALTRI NOMI

Gli altri Anche il dipendente Ast Alessandro Luzzi, difeso dall’avvocato Enrico De Luca, ha scelto di rispondere ai quesiti posti dal giudice per le indagini preliminari e dal pubblico ministero. E non saranno le ultime domande, visto che lo stesso verrà nuovamente sentito in procura nella giornata di lunedì. «Il mio assistito ha chiarito diversi aspetti – spiega l’avvocato De Luca -. Riteniamo sostanzialmente fondata la ricostruzione contenuta nell’ordinanza emessa dal gip (una ‘summa’ delle indagini, ndR) anche se ci sono numerosi passaggi che meritano di essere precisati. E questo faremo. Ho comunque chiesto la scarcerazione del mio assistito». Alle domande del giudice ha risposto anche il trasportatore Andrea Papa Italiani, assistito dagli avvocati Folco Trabalza e Manlio Morcella. «Siamo soddisfatti – spiega quest’ultimo – perché il nostro assistito ha reso i chiarimenti che doveva rendere. La sua posizione, peraltro, non lo obbligava a conoscere tutti i dettagli della vicenda. Inoltre secondo noi la misura degli arresti domiciliari non poteva essere adottata perché il tetto edittale della pena massima non lo consente. Sulla base di ciò abbiamo, ovviamente, chiesto la scarcerazione».

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