Diossine e alimenti: «Dati nascosti a Terni»

La relazione della IV Commissione del Comune: «Dal 2012 ad oggi istituzioni e organi di controllo hanno minimizzato e nascosto»

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«Le istituzioni politiche e gli organi di controllo hanno per anni sostenuto una condotta volta ad ignorare, minimizzare o perfino occultare l’allarme sanitario causato dalla contaminazione ambientale della conca ternana. Tale comportamento ha assunto il nome di ‘negazionismo ambientale’, termine utilizzato per descrivere la negazione sistematica di fronte a palesi evidenze scientifiche al fine di tutelare o rappresentare le istanze dei grandi interessi privati e degli inquinatori responsabili della contaminazione a discapito dell’interesse generale. La mancata adozione delle misure previste dalla normativa di riferimento e di un intervento diretto a tutela della salute pubblica, ha di fatto permesso il permanere dei fattori di rischio e l’esposizione della cittadinanza alle sorgenti inquinanti pericolose con danni incalcolabili. La commissione ritiene gravissimo che la Regione Umbria abbia proibito, secondo quanto riferito, alla Usl 2 Umbria la diffusione dei dati ambientali riguardanti la salute dei cittadini ternani. In totale contrasto con le disposizioni previste dalla legge. Cosi come ribadito, anche nel corso delle sedute di commissione dalla Usl, il Comune era stato informato delle non conformità riscontrate ma non ha agito. Non solo non informando in maniera corretta e tempestiva la cittadinanza ma è intervenuto minimizzando i dati emersi grazie solo all’intervento delle associazioni ambientaliste e comitati cittadini».

LEGGI LA RELAZIONE DELLA IV COMMISSIONE – DOWNLOAD
FILIERA ALIMENTARE CONTAMINATA: «REGIONE HA VIETATO DIFFUSIONE DEI DATI» – VIDEO

Il documento

Questa una parte delle pesanti conclusioni (LEGGI IL DOCUMENTO) a cui è giunta la IV commissione consiliare ‘controllo e garanzia’ del Comune di Terni sul tema della contaminazione della filiera alimentare – in particolare uova di gallina e latte ovi-caprino – da diossine e policlorobifenili (Pcb) a Terni. Giovedì mattina il presidente Thomas De Luca (M5s) e la vice Paola Pincardini (Lega) – oltre a vari commissari con e senza diritto di voto – hanno illustrato la relazione scaturita dalle audizioni effettuate e approvata all’unanimità il 22 gennaio dall’organo comunale. Cinque le sedute della commissione in cui sono stati ascoltati, oltre al sindaco Latini, all’assessore all’ambiente Salvati e ad alcuni funzionari comunali, anche rappresentanti di associazioni ambientaliste, Arpa, Usl e polizia locale.

LA REPLICA DELLA REGIONE UMBRIA – LEGGI

L’assenza ‘pesante’

Unici assenti quelli della Regione – erano stati ‘invitati’ l’assessore Fernanda Cecchini o i tecnici della direzione ambiente, ma non hanno dato risposta -, nonostante i tre mesi di missive e colloqui telefonici. «Le palesi e gravissime responsabilità dell’istituzione regionale, evidenziate nella relazione, non hanno avuto nessuna possibilità di replica, confronto o possibilità di chiarimento» si legge ancora nel documento. Significative le parole del dottor Guglielmo Spernanzoni, dell’Usl Umbria 2, durante l’audizione del 12 dicembre in commissione: «La Regione ci ha sempre proibito di diffondere i dati» ha riferito. Eppure era stata la stessa Regione ad impegnarsi ad approfondire alcuni aspetti ancora poco chiari dopo il monitoraggio dell’Arpa sulla matrice suolo ed acqua che avevano evidenziato contaminazione da Pcb, metalli pesanti e Ipa. Da una verifica effettuata dalla stessa Regione, inoltre, valutando sia l’area del Sito interesse nazionale Terni-Papigno che l’area di 10 chilometri intorno al suo perimetro, è risultato che qui sono presenti ben 1.549 zootecniche. 

Non solo palazzo Donini nel mirino

Un duro attacco alla Regione dunque quello che emerge dalla relazione, anche se il ‘j’accuse’ non risparmia neanche altri enti ed istituzioni, visto che dallo stesso documento – che ripercorre i risultati emersi dai campionamenti eseguiti da partire dal 2011 sulla base del Piano regionale di monitoraggio nel sito di interesse nazionale Terni-Papigno e poi del Progetto di monitoraggi della contaminazione dell’Area della Conca ternana – emergono presunti ritardi, contraddizioni, lacune. Dal riscontro del primo superamento del livello di azione a febbraio 2012, ad esempio, le misure adottate sono state applicate solo 4 anni dopo, a maggio 2016 e sono state tali, in merito all’efficacia e all’applicazione delle disposizioni previste a livello giuridico ed operativo, da ingenerare dubbi all’interno della stessa amministrazione, al punto che per anni non sono stati realizzati controlli volti a verificare il rispetto delle ordinanze. Solo dopo l’intervento della commissione, quindi a fine 2018, il comando della polizia locale ha appreso che le ordinanze sono da considerarsi ancora in vigore, così da dare il via ai controlli. Anche se ad oggi nessuna copia documentale è stata consegnata alla commissione per appurare metodologia e capillarità dei sopralluoghi svolti. 

Le sorgenti rimangono un mistero

Anche l’individuazione delle aree critiche, svolta dagli uffici comunali e non da Arpa, è finita sotto la lente: è così emerso che nonostante la giunta, nel 2016, abbia individuato sette aree critiche, solo quelle di Prisciano e Cervara sono state oggetto delle ordinanze. «Non sono stati chiariti durante i lavori della commissione, nonostante l’audizione di Arpa e Usl, quali criteri e modelli abbiano guidato l’individuazione delle aree oggetto delle ordinanze interdittive e del monitoraggio». E cosa altrettanto importante, evidenzia ancora la commissione,  ancora ad oggi, a sette anni di distanza, «non risultano informazioni relative alle sorgenti di contaminazione così come disposto dalle norme».

Pericolo o no?

Nel mirino ci sono poi le considerazioni dell’Usl, in particolare del coordinatore dell’unità di progetto ‘Ambiente e salute’, Armando Mattioli, sulla pericolosità di diossine e Pcb riconosciuta dall’Organizzazione sanitaria della sanità (Oms): per l’azienda sanitaria, «l’unico organismo scientifico rimasto a sostenere che diossine e Pcb siano cancerogeni è l’Ente per la protezione ambientale americano (Epa)». «È inaccettabile che le istituzioni sanitarie locali omettano di applicare o mettano in discussione leggi dello Stato, promulgate in base a valutazioni delle massime autorità scientifiche nazionali e internazionali, in base a valutazioni statistiche prive di validazione scientifica» mette ancora nero su bianco la commissione. L’attività di quest’ultima non si fermerà qui, dato che De Luca ha annunciato che l’organismo ripeterà la richiesta di documentazione e di informazioni alla Regione, impegnando a farsi promotori sul punto anche il sindaco e l’assessore all’ambiente.  

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